Egitto, altri 45 giorni di detenzione per Patrick Zaky

Lo studente iscritto all’Università di Bologna, arrestato lo scorso 7 febbraio all’aeroporto del Cairo con l’accusa propaganda sovversiva dannosa per il regime di Al Sisi, ha ricevuto un rinnovo di ulteriori 45 giorni di detenzione.

Luca Tartaglia
Luca Tartaglia
Classe 88. Yamatologo laureato in Lingue Orientali, specializzato in Editoria e Scrittura, con un Master conseguito in Diritto e Cooperazione Internazionale. Ama dedicarsi a Musica e Cultura, viaggiare, “nerdeggiare” e tutto ciò che riguarda J. J. R. Tolkien
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Il caso Zaky continua, e deve continuare, a far parlare di sé. Poche ore fa è arrivata dal Cairo (dalla rete di attivisti che segue la vicenda) la notizia di una proroga di 45 giorni della detenzione del giovane studente dell’università di Bologna. Un caso diplomatico spinoso e sentito dall’opinione pubblica italiana, particolarmente sensibile anche per l’irrisolto e travagliato caso dell’omicidio di Giulio Regeni avvenuto nel paese dei faraoni. L’Egitto, secondo diversi rapporti non governativi e intergovernativi, rimane uno Stato di paura costante, dove, per citare Amnesty International:

ci sono continue violazioni dei diritti umani – motivate dall’allerta contro il terrorismo e dallo stato di emergenza (ininterrotto dal 2017) – di cui a pagare le spese sono attivisti, giornalisti, e anche semplici cittadini. Arresti e detenzioni arbitrarie che durano mesi.

Zaky E Regeni egitto
10 luglio 2020 – Comune Di Casali Del Manco (CS)

Il Caso Zaky

Il giovane, di 27 anni, è un attivista presso l’Iniziativa egiziana per i diritti personali (Eipr) e ricercatore all’università di Bologna dove frequenta un master internazionale in Studi di genere. Condotto in carcere a febbraio, appena rientrato in Egitto dall’Italia per una breve vacanza, dopo che la procura di Mansoura gli aveva contestato i reati di “istigazione al rovesciamento del governo e della Costituzione”. In un secondo momento la procura gli ha ascritto anche i reati di “istigazione a proteste e propaganda di terrorismo sul proprio profilo Facebook”. Fin da subito, l’organizzazione di cui fa parte, la Eipr, aveva comunicato le condizioni critiche del ragazzo:

Patrick è stato picchiato, sottoposto a elettroshock, minacciato e interrogato in merito al suo lavoro e al suo attivismo. I legali ci hanno assicurato che sul corpo mostra segni visibili delle violenze.

Leggi anche: Patrick George Zaki nuovo Giulio Regeni, l’Italia aspetta ancora risposte

Nuove preoccupazioni su Zaky

Ora si trova in stato di detenzione nel carcere di Tora, dove due giorni fa è morto di Covid-19 il giornalista Mohamed Monir, anch’esso detenuto con accuse simili allo studente di Bologna. La morte del giornalista per coronavirus ha scatenato nuove preoccupazioni per Zaky. In particolare aveva fatto sperare la notizia di un possibile rilascio del giovane ricercatore, cose che non è avvenuta, e anzi ha visto un rinnovo di altri 45 giorni di detenzione. Bisogna rimarcare come i prigionieri politici in Egitto possono essere trattenuti, senza processo, per mesi o anche per anni, in condizioni disumane e senza accesso a cure mediche. Condizioni che vengono descritte nello specifico da diverse Ong e organizzazioni per i diritti umani. Il portavoce di Amnesty International Italia Riccardo Noury, commentando questa nuova decisione delle autorità egiziane, afferma:

una decisione inumana (il rinnovo della prigionia Ndr), arbitraria che consegna Patrick alla prigione di Tora per un tempo lungo nel quale le autorità egiziane immaginano che noi dimenticheremo la sua sorte. Sbagliano, questo è certo.

Leggi anche: Muore suicida Sarah Hijazi, l’attivista Lgbt torturata nelle carceri egiziane

Il Caso Regeni

Le similitudini con il caso Regeni sono tristemente evidenti. Giulio Regeni, giovane ricercatore italiano dell’università di Cambridge, viene ucciso in una data imprecisata tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio 2016. Si trovava in Egitto per svolgere una ricerca sui sindacati indipendenti egiziani presso l’Università Americana del Cairo. Il caso del suo assassinio ebbe un grande clamore mediatico e portò a diversi scontri diplomatici. Nell’aprile 2016 il Presidente del Consiglio Gentiloni richiamò l’ambasciatore italiano al Cairo, per protestare contro l’atteggiamento di omertà e depistaggio delle autorità egiziane. Le indagini hanno portato a scoprire che Regeni era sorvegliato dalla polizia egiziana per le sue attività di ricerca, quindi durante questi anni si è sempre più delineata una “complicità” istituzionale legata all’omicidio. Fatto anche supportato dai diversi tentativi di depistaggio messi in atto dalla polizia e dalla magistratura egiziana (ultimo ma non ultimo l’arresto del consulente legale della famiglia Regeni in Egitto, nel 2019). Il corpo di Giulio Regeni fu rinvenuto il 3 febbraio 2016, con evidenti segni di tortura, contusioni varie e abrasioni, in un fosso lungo la strada Cairo-Alessandria. Lo scrittore Erri de Luca si pronunciò così sul caso:

Ci hanno propinato contraffazioni e depistaggi, abbiamo fatto grandi passi avanti in un anno. Stiamo scippando nomi e verità al governo egiziano. Abbiamo tenacia e pazienza e non ci fermeremo.

Giulio Regeni omicidio Egitto (1)
Manifestazione per chiedere:”Verità per Giulio Regeni”

I rapporti Italia-Egitto

Nel corso di questi mesi sono state diverse le iniziative a livello istituzionale italiano ed europeo e anche di mobilitazione pubblica e mediatica (sia su Zaky sia su Regeni, basti pensare ai famosi braccialetti gialli). Il perché è annidato nella volontà in primis di avere giustizia sul caso Regeni, in secondo luogo evitare che si ripeta con Zaky. Nonostante le molte manifestazioni di solidarietà con lo studente egiziano, i rapporti tra i nostri due paesi rimangono complessi. Il perché risiede nei rapporti commerciali “stretti” tra i due. Proprio lo scorso giugno c’erano state delle tensioni nella maggioranza sull’accordo con il Cairo per la vendita di due fregate militari italiane, facenti parte di una commessa militare più grande di circa 9 miliardi di euro. In aggiunta, va ricordato che oltre all’Eni, si aggiungono circa 130 aziende italiane di stanza in Egitto che producono un giro di affari per circa 2,5 miliardi di dollari. A giugno Erasmo Palazzotto, deputato di Liberi e Uguali, si espresse così riguardo i rapporti Conte-Al Sisi:

La scelta del governo tradisce le promesse fatte alla famiglia Regeni. Da tempo, nonostante la dichiarata disponibilità di Al Sisi, l’Egitto non collabora all’indagine giudiziaria sul sequestro e l’omicidio del ricercatore friulano.

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