Cyberbullismo, mai più nessuno come Vincent: “Parlate con i figli di ciò che succede sul web”

Il giovane aveva soli 23 anni e si è tolto la vita nella sua casa in zona Castiglione (Bologna) proprio mentre stava facendo una "live”, ovvero una diretta, su Tik Tok.

Asia Buconi
Asia Buconi
Classe 1998, romana. Laureata in Scienze politiche e relazioni internazionali, ama l’attualità e la letteratura, ma la sua passione più grande è la sociologia, soprattutto se applicata a tematiche attuali. Nel tempo libero divora film e serie tv.
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Il cyberbullismo ha fatto una nuova vittima, Vincent Plicchi, la cui storia è stata diffusa nelle scorse ore lasciando tutti attoniti. Il giovane aveva soli 23 anni e si è tolto la vita nella sua casa in zona Castiglione (Bologna) proprio mentre stava facendo una “live”, ovvero una diretta, su Tik Tok, social network dove aveva raggiunto una certa notorietà come cosplayer di “Inquisitor Ghost”, personaggio del videogame Call of Duty.

Inutili le chiamate al 118 di alcuni utenti – ragionevolmente preoccupati. Il padre, come molti dei suoi followers, è convinto che dietro la morte del figlio ci sia il cyberbullismo. Nello specifico, secondo questa versione, Plicchi avrebbe conosciuto sul web una ragazza di 17 anni, che si sarebbe finta con lui maggiorenne. La giovane avrebbe poi condiviso le loro chat con altri creator della community di Cod, accusando il ragazzo di “pedofilia”. Da qui si sarebbe scatenata contro Vincent un’ondata di odio e di insulti, che lo avrebbe costretto a smettere di pubblicare video e che – forse – potrebbe averlo spinto al gesto estremo.

Cyberbullismo, il caso di Vincent Plicchi, MOIGE: “Serve più dialogo e più consapevolezza sul web”

La vicenda del tiktoker Vincent Plicchi ha portato di nuovo alla ribalta il tema del cyberbullismo e delle sue disastrose conseguenze. Per quanto gli insulti e l’odio si diffondano in una piattaforma astratta come il web, i suoi risultati sono più che concreti e tangibili. La chiave – probabilmente – sta proprio qui, nel riuscire a far comprendere ai ragazzi che un insulto lanciato a casaccio sul web non è meno grave di uno detto a voce: i risultati sono in ogni caso devastanti per chi quell’insulto lo subisce. La gravità dell’episodio è stata così commentata da Elisabetta Scala, Vicepresidente del MOIGE – Movimento Italiano Genitori, e Responsabile dell’Osservatorio Media:

Purtroppo, ci troviamo di fronte ad un nuovo caso di suicidio di minore legato alla piattaforma TikTok. Un ragazzo fragile, che si è trovato esposto all’odio di bulli nascosti dietro una tastiera. Questo episodio, nella sua tragedia, ci mette davanti a due grandi problemi: il bullismo, sempre più diffuso in rete e nella vita reale, e il rapporto dei ragazzi con il web.

Sappiamo che ci sono creator molto bravi, e li abbiamo anche premiati nella nostra guida ai media, ma ci sono ancora troppi contenuti non adatti agli utenti più giovani.

Proprio in questi giorni una coppia di genitori di Cassis ha accusato la piattaforma di ‘istigazione al suicidio’, per aver portato la loro figlia quindicenne a togliersi la vita a causa dei video proposti nel suo feed.

Se da un lato è assolutamente necessario e urgente regolamentare meglio questo social, dall’altro c’è bisogno di maggior dialogo con i nostri figli, per far capire loro che non sono soli e siamo qui per aiutarli, invitandoli a denunciare ogni episodio di bullismo e fornire loro tutti gli strumenti per un uso più consapevole della rete.

Cyberbullismo in aumento, la soluzione del “patentino per il web”

Ma cosa si può fare, concretamente, per combattere il cyberbullismo? Si è molto discusso di un “patentino per il web”. Secondo un sondaggio di Skuola.net del 2021, fra i 2.475 adolescenti delle scuole secondarie intervistati, 1 su 4 ritiene che la patente per il web dovrebbe essere obbligatoria. Nella fascia d’età dei più piccoli, 11-13 anni, 1 su 3 lo ritiene obbligatorio. Inoltre, per il 40,5% di coloro che hanno risposto al sondaggio, l’ingresso ai social media dovrebbe essere a 14 anni, per il 14,5% dovrebbe essere 16 anni.

Anche perché i reati sul web sono in continuo aumento: nel 2020 sono cresciuti del 77% rispetto al 2019. Tra i più diffusi, la pedopornografia, l’adescamento, il cyberbullismo, la sextortion, le truffe online e il furto di identità digitale. In particolare, c’è un incremento del 132% dei casi di pedopornografia online e il 90% delle persone indagate.

Ai genitori che vogliono affrontare il tema con i propri figli, Davide Dal Maso, fondatore del Movimento Etico Digitale, consiglia: “Parlate di digitale come di qualunque altra altra attività. Come chiediamo a loro com’è andata a scuola, al campetto o a pallavolo perché non chiedergli ‘Cos’hai visto oggi di interessante su Tik Tok? C’è qualche profilo interessante su Instagram? Come si comportano i tuoi compagni su Brawl Stars?. Inoltre, suggerirei di non sminuire gli interessi digitali dei ragazzi con nomignoli o vezzeggiativi. Il messaggio che passeremo loro è che ciò che fanno non ha realmente un valore, quindi questo atteggiamento rischia di allontanarli da noi”. Considerazione e dialogo: da qui è necessario ripartire.

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Classe 1998, romana. Laureata in Scienze politiche e relazioni internazionali, ama l’attualità e la letteratura, ma la sua passione più grande è la sociologia, soprattutto se applicata a tematiche attuali. Nel tempo libero divora film e serie tv.
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