Coronavirus: perché non si fanno tamponi a tutti?

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Da quando è scoppiata l’emergenza coronavirus, tutti noi abbiamo familiarizzato con la nuova terminologia di Ricerca Diagnostica che nel linguaggio comune e detta semplicemente tampone. Per poter avere un computo di tutti coloro che sono stati contagiati e per poter far ciò in maniera corretta, si è ipotizzato, da più parti, di effettuare dei “tamponi a tappeto”.

La tecnica coreana dei tamponi on the road

Sappiamo che la Corea del Sud ha applicato questa tecnica di ricerca mettendo a disposizione delle postazioni in strada, i cosiddetti “tamponi on the road”, in cui era possibile effettuare la ricerca mediante il tampone un po’ come se si stesse al Drive In, vale a dire restando in auto nel momento in cui un sanitario provvedeva a prelevare campioni di saliva dalla gola o dal naso.

L’esempio veneto e sud coreano

In Italia questa tecnica di ricerca è stata applicata in Veneto su richiesta del Presidente della Regione Luca Zaia. Attualmente la Regione Veneto può vantare il maggior numero di tamponi effettuati per milione di abitanti nel mondo. L’indicazione del Ministero della Sanità, e quella dei vari assessorati alla sanità delle regioni italiane, è quella di fare il tampone soltanto a coloro che hanno dei sintomi e che sono stati in contatto con dei pazienti che poi sono a loro volta risultati positivi. L’ipotesi di poter “tamponare” tutta la popolazione è stata considerata sia a fini di diagnosi che di ricerca. Ovviamente i pareri della comunità scientifica e dei vari amministratori, sono discordanti. Leggi anche: Coronavirus, ha liberato dall’inquinamento le nostre città

“L’OMS sconsiglia di fare tamponi a tutti”

Tra coloro che sostengono la non necessità o la non validità dei tamponi a tappeto, vi sono il direttore dell’istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro che ha dichiarato:

L’OMS sconsiglia di fare tamponi a tutti. […] Siamo inseriti in un contesto internazionale e siamo in continuo contatto con gli organismi internazionali. […] La posizione che posso esprimere come comitato tecnico scientifico e ISS e quella espressa a livello internazionale.

Da questo punto di vista dobbiamo evidenziare quindi il parere del direttore dell’istituto superiore di sanità e del Ministro della Salute Roberto Speranza, ma anche del suo consigliere scientifico, nonché membro del comitato esecutivo dell’OMS Walter Ricciardi, che ritengono non solo non necessario ma anche “sconsigliabile” questo tipo di approccio. L’argomentazione principale è che il tampone potrebbe essere negativo in chi ha il virus in incubazione e quindi permettere a questi soggetti di far circolare il virus al pari di come fatto dagli asintomatici

I positivi asintomatici contribuiscono a far circolare il virus

Fin qui coloro che sono del parere di non praticare dei tamponi a tappeto. Secondo alcune indiscrezioni la Germania si starebbe preparando a effettuare tamponi a tutta la popolazione sul modello coreano e veneto. Secondo la presidente dell’associazione mondiale delle malattie infettive Susanna Esposito, i positivi asintomatici contribuiscono a far circolare il virus. Inoltre, dopo il periodo di quarantena di 14 giorni potrebbero essere ancora positivi dato che nessuno pratica loro il tampone per vedere se si è negativizzato. In questo caso si ritiene utile praticare anche più volte il tampone allo stesso individuo durante il periodo di quarantena e comunque prima della fine di questa. Si tratta pur sempre di un numero limitato di tamponi. Leggi anche: Germania shock: verso la fine dell’Euro? Arriva la manovra “Cura Italia”

I tamponi a tappeto e la loro incidenza sul Pil

Vi è poi un approccio ancora più estremo, in quanto, secondo il presidente e il direttore scientifico della società italiana di malattie infettive sarebbe necessario fare il tampone “a tutte le persone che presentano sintomi di una affezione delle vie respiratorie”. Sulla stessa lunghezza d’onda registriamo il parere della Federazione Italiana dei medici di medicina generale. Dobbiamo inoltre precisare che se da un lato coloro che sono asintomatici possono diffondere il virus, al momento sappiamo che il tampone potrebbe non essere affidabile su coloro che hanno ancora il virus in incubazione.

Il costo di un tampone è di circa €30

Questo parere però appare anche come la necessità di non fare tamponi a tappeto dato che il costo di circa €30 a tampone risulterebbe molto elevato per le finanze del sistema sanitario. Non sappiamo ancora bene se questo virus abbia il cosiddetto periodo finestra, come accade ad esempio per il virus dell’ HIV. Il periodo finestra è un periodo che può variare da giorni fino a qualche mese, nel quale le persone che hanno contratto un virus, non necessariamente il SARS-CoV-2, risultano negative alla ricerca del genoma del virus.

La salute prima di tutto perché senza salute non c’è economia

Gli studi sul nuovo coronavirus non ci permettono di dire con certezza se esista un periodo finestra e quale ne sia la durata. Il parere più estremo, in questa direzione, è quello del professor Andrea Crisanti che insegna microbiologia e virologia all’Università di Padova. Il professor Crisanti sostiene la necessità di fare dei tamponi a tappeto, in Lombardia e probabilmente anche in altre zone focolaio d’Italia. L’alternativa sarebbe di chiudere tutte le attività commerciali per almeno tre mesi, così come è avvenuto in Cina nella città di Wuhan.

La salute della popolazione al primo posto

Facendo una considerazione di carattere economico, anche caricando le spese sanitarie di 5 milioni di tamponi, la spesa sarebbe di 150 milioni di euro, una grande cifra ma pur sempre inferiore, e meno incidente sul Pil, della chiusura forzata di tutte le attività per 90 giorni. La speranza è quella che la necessità di curare la popolazione e il bene di tutti gli individui siano messi al primo posto perché senza un popolo in salute, non può esserci un’economia sana. Leggi anche: Coronavirus, il dramma dei 40mila senzatetto che a casa non possono restare di Domenico Di Sarno

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