Coronavirus, il dramma dei 40mila senzatetto che a casa non possono restare

Domenico Di Sarno
Domenico Di Sarno
Informatico e politologo laureato con Lode. amante dei libri di ogni genere perché fortemente convinto che la cultura sia come il cibo, ne serve ogni giorno per nutrire la mente. Appassionato di storia e diritto costituzionale.
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La casa dov’è? Avrebbe detto Jovanotti in una sua canzone di quasi un quarto di secolo fa. Dopo l’emanazione dei decreti del presidente del Consiglio dei Ministri del 4, 8 e 11 marzo 2020 che implementano misure contro la diffusione del coronavirus SARS-CoV-2, quasi l’intera popolazione italiana è in una sorta di quarantena obbligatoria pur nel rispetto della libertà di circolazione che, come previsto dalla Costituzione, può essere limitata per motivi di sanità. Sostanzialmente il Presidente del Consiglio stesso ha sintetizzato sostanza del decreto nelle parole “io resto a casa”.

Il decreto che impone di restare tra le mura domestiche

Il discorso del presidente è stato sicuramente degno di un momento storico del quale i nostri discendenti leggeranno a lungo nei libri di storia. Il decreto redatto in soli 2 articoli impone a tutti di restare nelle mura domenstiche e di uscire solo per necessità e urgenza o per fare la spesa e quindi approvvigionare beni e materiali di consumo per le proprie famiglie. Sono ammessi 3 casi in cui si possa uscire di casa ma si deve sempre avere una autocertificazione.

Autocertificazione sì, ma c’è chi una casa non ce l’ha

L’autocertificazione è un documento redatto sotto la responsabilità del dichiarante che attesta la veridicità delle informazioni in esso contenute ed è regolata dal Decreto del Presidente della Repubblica 445 del 2000. Purtroppo al momento della decisione del governo che sicuramente non è stata presa a cuor leggero ma per uno stato di evidente necessità e dietro le indicazioni di un comitato scientifico esistono sul territorio italiano ben 50 mila persone che sono classificati senza fissa dimora. Alcuni li chiamano clochard, altri barboni, altri ancora senzatetto. Fatto sta che si tratta di persone, uomini, donne ma in alcuni casi anche giovanissimi, che non hanno la fortuna di poter avere una casa in cui restare. Leggi anche: Germania shock: verso la fine dell’Euro?

Il caso di Binario 95 e l’hashtag #vorreistare a casa

Una associazione di Roma che ha sede nella stazione di Roma Termini e si chiama Binario 95, nella persona del suo presidente, Alessandro Radicchi, ha sollevato questo problema creando l’hashtag #vorreirestareacasa. Non si mette in discussione l’iniziativa analoga a quella di Fiorello che ha sponsorizzato l’hashtag #iorestoacasa ed è sicuramente cosa legittima, buona e giusta per poter debellare il contagio. L’iniziativa di Radicchi vuole porre l’enfasi sul fatto che non è possibile per più di 50 mila persone restare nelle proprie abitazioni.

Il sistema immunitario dei clochard sembra essere più forte

Ironia della sorte il virus sembra non preferire i senzatetto, forse perché sono tenuti a distanza dagli altri o forse perché vivendo sempre alle intemperie hanno sviluppato un sistema immunitario più forte. Chissà. Non si tratta in questo caso di una analisi scientifica. Il problema sollevato da Radicchi merita attenzione anche perché alcuni speciali della Rai hanno mostrato che gli unici a restare in strada a notte fonda a Milano in corso Como sono proprio dei clochard. Questo è un problema molto serio di cui ci si dovrebbe occupare.

Caritas e pochissime realtà si interessano al problema

Al momento solo alcune amministrazioni se ne stanno interessando oltre che la Caritas. A Genova ad esempio l’assessore ai servizi sociali Francesca Fisso, è riuscita a garantire, per questo periodo l’accoglienza ad un elevato numero di senza fissa dimora e promette che se dovessero essere trovati altri individui nell’indigenza il comune si muoverà insieme alla protezione civile per raddoppiare, se non triplicare l’impegno. Anche l’omologo dell’assessore Fisso a Vicenza, Matteo Tosetto, nonché vicesindaco della città, ha preso a cuore la situazione e ha intrapreso una iniziativa analoga cercando addirittura di scaglionare i servizi mensa per evitare eventuali contagi da coronavirus. Leggi anche: Coronavirus e fuga dal Nord, perché siamo tentati di fare ciò che ci viene vietato?

E il problema del lavoro nero

Accanto a questo problema ve ne è un altro non meno importante. L’Italia ha un apparato legislativo straordinario che si fonda sulla Costituzione della Repubblica e che all’articolo 3 riconosce la pari dignità sociale, stabilendo appunto che:

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale […] è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana.

Non meno conosciuto è il riferimento al lavoro dell’articolo 1:

L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro.

Il problema da considerare in questo periodo è appunto quello del lavoro nero. Di per sé non si deve lavorare in nero perché rappresenta una evasione delle tasse ed è un danno a tutto il popolo.

Molte persone sono costrette a lavorare in nero

Non bisogna però dimenticare che ci sono centinaia di migliaia di persone che sono costrette a lavorare in nero per non finire, a loro volta, nell’indigenza. Si tratta di persone che sono spesso sfruttate da imprenditori disonesti, ladri di sogni e di futuro che abusano della imperante necessità di chi sfruttano. Con la chiusura forzata di numerose attività e con la necessità di rilasciare autocertificazioni veritieri, pena la detenzione fino a 6 anni, molti lavoratori a nero non possono autocertificare di lavorare in nero e non percepiscono nemmeno sussidi e agevolazioni previste dal governo per fronteggiare l’emergenza economica.

Il vero obiettivo, debellare il coronavirus e la diseguaglianza sociale

Per questo motivo, molti di essi sono costretti a restare in casa ma senza avere i mezzi economici necessari per sostentare sé stessi e la propria famiglia. Si tratta anche in questo caso di una piaga sociale da considerare e risolvere. Tutti ci auguriamo che le infezioni da Covid-19 cessino presto e magari auspichiamo la scoperta di un farmaco antivirale e di un vaccino. Allo stesso modo auspichiamo che il welfare state faccia davvero la sua parte realizzando, o almeno, tendendo a realizzare quella uguaglianza sociale che tutti i cittadini meritano, allora potremo dire che l’Italia ha debellato il coronavirus, ha debellato l’indigenza e la diseguaglianza sociale. Leggi anche: L’economia italiana è al collasso: tutto quello che possiamo fare per aiutarci di Domenico Di Sarno

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