Coronavirus, l’accelerata di Trump sul vaccino: “Pronto entro la fine del 2020”

Elza Coculo
Elza Coculo
Elza Coculo, 30 anni, di adozione romana. Lettrice appassionata con formazione in Studi italiani. Laureata in Editoria e Scrittura. Redattrice per Il Digitale. Amo scrivere di attualità e cultura eco-sostenibile.
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Donald Trump assicura agli americani che entro la fine dell’anno 2020 gli Stati Uniti avranno un vaccino contro Sars-Cov-2. L’operazione da 10 miliardi di dollari per affrettare la ricerca si chiama Warp Speed e prevede la collaborazione tra aziende farmaceutiche private, agenzie di governo e l’aiuto dell’esercito. La task force sarà incaricata di individuare i migliori esperimenti finora disponibili, procedere con i test clinici e iniziare la produzione di un vaccino entro la fine dell’anno. Una promessa ambiziosa, ma poco realistica secondo il parere della comunità scientifica. Ha commentato il virologo Anthony Fauci, alla guida del team anti-Covid di Trump: “Non avremo il vaccino prima di uno, due anni”.

Gli sforzi di Donald Trump

Il leader populista americano, soprattutto in una prima fase, ha gestito in modo confuso la battaglia al Covid, ma ora sembra aver molto chiaro il suo punto d’arrivo. Il Warp Speed è un’operazione gigantesca. Gli uomini designati ai vertici del progetto sono Moncef Slaoui, ricercatore e capo del reparto vaccini di GlaxoSmithKline per oltre trent’anni. E Gustav Perna, esperto di logistica militare. Per procedere l’America ha stanziato 10 miliardi di dollari. Informazioni dettagliate sugli investimenti americani per i vaccini sono state raccolte dal Corriere della Sera che scrive:

Fin dal gennaio scorso la Barda, l’agenzia sulla ricerca che fa capo al Ministero della Salute, consegnava 430 milioni di dollari, pronta cassa, a Moderna Tx, base a Cambridge; 456,2 milioni di dollari alla Janssen Research & Devolepment, gruppo Johnson&Johnson, e appunto 30,7 milioni di dollari alla Protein Science, gruppo Sanofi, come Emmanuel Macron sembra aver scoperto solo di recente. In parallelo sono entrati in azione altri big dell’industria, come Pfizer, sede a New York, in collaborazione con la tedesca BioNTech.

Non appena sarà disponibile una formula efficacie, gli impianti si metteranno in moto e non sarà necessario aspettare l’autorizzazione finale della Food and drug administration. Leggi anche: Usa, ecco i nomi della task force per ricostruire l’economia

Coordinamento o competizione?

L’America vuole correre, ma sembra che voglia farlo da sola. Era il grande assente il 25 aprile scorso, all’incontro virtuale Coronavirus Global Response organizzato dall’Unione Europea per concordare strategie comuni nella lotta al Covid. E mancherà al Global summit del 4 giugno prossimo. Ha commentato Sthepen Morrison, a capo dei programmi sanitari del Center for Strategic and International Studies:

È l’approccio dell’andar da soli che domina nell’amministrazione americana. Il rischio è che le strategie americane intralcino gli sforzi internazionali per combattere il virus e creino tensioni, incertezze e insicurezza.

Come quando l’amministrazione Trump ha cercato di ottenere i diritti esclusivi delle ricerche sul vaccino dall’azienda tedesca CureVac, per poi smentire l’accaduto, nonostante la conferma dei funzionari del governo tedesco. O come quando il leader americano ha deciso di bloccare i fondi alla Word Trade Organization, che nonostante tutto, continua a portare avanti proficue collaborazioni con laboratori americani. Leggi anche: Covid, Trump suggerisce la cura: “Raggi UV e disinfettanti nei polmoni”

Una questione di leadership

È opinione diffusa che la vera corsa di Trump non sia contro l’Europa, bensì contro la Cina. Per Pechino arrivare al vaccino sarebbe una soluzione all’emergenza sanitaria, ma anche una questione di immagine internazionale, ora pesantemente compromessa dalla diffusione del virus. Ha commentato in forma anonima un funzionario della sicurezza a Politico.com:

Sanno che chiunque oggi riesca a produrre il vaccino, fondamentalmente governerà il mondo.

Ma la scelta solitaria dell’America rischia di produrre esattamente l’effetto contrario. Gli Stati Uniti si stanno allontanando i vecchi alleati e certamente quest’atteggiamento indebolirà la loro capacità di gestire da leader future emergenze internazionali. Leggi anche: Tutti contro la Cina: Zero contagi ma molti attacchi

Un vaccino nazionalista non esiste

L’infrastruttura sanitaria globale è un complesso insieme di corpi governativi, aziende private, accordi multilaterali, fondazioni, ONG e condizionamenti nazionali. In questo articolato sistema, collaborazioni più o meno strette esistono necessariamente, anche tra le rivali America e Cina, che quest’anno hanno prodotto insieme 407 ricerche sul tema coronavirus. Emblematico anche il caso dell’azienda francese Sanofi, finanziata con 30 milioni di dollari dal governo americano nel febbraio scorso. Il direttore generale dell’azienda farmaceutica, Paul Hundson, aveva annunciato la distribuzione di un eventuale vaccino negli Stati Uniti, prima che in Europa. È bastato l’intervento del primo ministro francese Edouard Philippe, secondo cui il vaccino sarebbe un bene pubblico mondiale, per portare l’azienda a un’immediata rettifica. Un approccio duro come quello perseguito da Trump potrà forse persuadere gli elettori, ma non può essere certo giustificato dal resto del mondo. di Elza Coculo

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Elza Coculo, 30 anni, di adozione romana. Lettrice appassionata con formazione in Studi italiani. Laureata in Editoria e Scrittura. Redattrice per Il Digitale. Amo scrivere di attualità e cultura eco-sostenibile.
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