La cultura della sorveglianza attacca ancora: la Cina censura l’Oscar a Chloé Zhao

Nella notte tra il 25 e il 26 aprile, Chloé Zhao con "Nomadland" è tra i favoriti alla vittoria degli Oscar, ma la Cina censura la trasmissione come forma di tutela per la sicurezza nazionale.

Asia Solfanelli
Asia Solfanelli
Intraprendente e instancabile penna, poliglotta, appassionata lettrice e avida viaggiatrice. Sviscerata amante del cinema. E ultimo, ma non per importanza, eterna studiosa, perché non si finisce mai d’imparare.
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La Cina censura Chloé Zhao, vincitrice dell’Oscar che lo scorso lunedì, alla cerimonia più attesa all’anno da tutti i cinefili, è riuscita ad accaparrarsi ben tre statuette, tra cui quella di Miglior Film e Miglior Regia.

Si potrebbe pensare che avere in casa il vincitore o la vincitrice di premi così ambiti possa essere motivo di orgoglio e di vanto. E probabilmente in effetti lo è per tutti i Paesi, ma non per la Cina.

La Cina censura Chloé Zhao: il film premio Oscar minaccia la sicurezza nazionale

La Cina censura Chloé Zhao: il film premio Oscar minaccia la sicurezza nazionale.

Qualsiasi Paese, vedendo uno dei propri cittadini riuscire ad ottenere così tanti riconoscimenti, festeggerebbe quelle vittorie. Eppure, nata Pechino, Chloé Zhao, che con il suo capolavoro Nomadland sta accumulando ormai da mesi premi su premi, si ritrova a celebrare da sola: la Cina censura il suo ultimo trionfo, quello della sera del 25 aprile che la vede ringraziare per il conseguimento di ben tre statuette.

Non solo la cerimonia non è stata trasmessa in diretta tv, ma anche sui social network i commenti gioiosi ed entusiastici per l’importante traguardo sono stati prontamente eliminati.

A quanto pare i cinesi avrebbero scoperto una vecchia intervista concessa dalla regista nel 2013 in cui la stessa ricordava un’infanzia trascorsa “circondata dalle menzogne”.

A poco serve considerare che il suo ultimo capolavoro sia in realtà teso a mostrare le pecche e lacune della società americana e non di quella della sua patria. A nulla valgono quelle parole di ringraziamento con cui la regista ringrazia ricordando la frase di una poesia cinese imparata dal padre: “Alla nascita tutti gli uomini sono buoni”. A nulla è valso che la rivista Filmmaker Magazine, a cui la regista aveva rilasciato quasi dieci anni fa la ‘galeotta intervista’, abbia cancellato l’articolo dedicato a quel confronto. La Cina censura l’Oscar, una ‘minaccia’ per la sicurezza nazionale.

Per i più focosi nazionalisti e persino per lo stesso Partito comunista, Chloé Zhao è una dissidente, un’ingrata verso le sue stesse origini, una “donna a due facce”, educata male dai suoi genitori.

In un Paese in cui lealtà e riverenza verso la propria nazione sono sacri, qualsiasi gesto e qualsiasi parola rischiano di essere quelli sbagliati, poco importa che siano stati fraintesi o meno.

La Cina pretende gratitudine, pretende ossequio, esige venerazione, a ogni costo: a spese della libertà di espressione, opinione, parola, a scapito della libertà di essere.

Leggi anche: Gli USA censurano i classici greci e romani: è la “cancel culture” che sta per sferrare il suo ennesimo attacco

La Cina che sorveglia e reprime rivela la sua debolezza

La Cina che sorveglia e reprime a tutela di immagine e consenso censura Chloé Zhao.

Una ricerca di Weibo, il principale social cinese, per l’hashtag “#Nomadland’ rivela chiaramente: “l’argomento viola le leggi, i regolamenti e le politiche cinesi”.

Il “Great Farewell”, ovvero quel sistema che impedisce agli utenti web di accedere indistintamente a tutti i contenuti presenti in rete filtrando tutti i flussi in entrata e in uscita, attacca ancora. Si tratta di un sistema complesso e raffinato che mette al vaglio qualsiasi dato, informazione proveniente da altri Paesi attraverso delle barriere che, agendo come delle vere e proprie strozzature, consentono di monitorare tutto ciò che viene offerto via web ai cittadini.

L’obiettivo è chiaramente quello di manipolare l’informazione, ostacolare qualsiasi insurrezione dissidente e impedire la compromissione di una certa immagine della Cina. Non tutti i temi sono infatti graditi al Partito comunista che controlla e indirizza l’opinione pubblica.

Ma è proprio qui che risiede il grande paradosso: un regime forte che cancella ogni nota stonata e dissonante fa innanzi tutto emergere la sua paura e debolezza. La Cina sorveglia e reprime perché si sente costantemente minacciata, teme qualsiasi provocazione o sentimento di rivalsa, qualsiasi critica, qualsiasi confutazione o contro-argomentazione. O si oserebbe, qualsiasi libertà.

L’immagine che ne emerge è chiaramente quella di un potere che si sorregge su un’impalcatura vacillante e instabile, mancano le fondamenta, manca un popolo che la sostiene.

Il caso di Chloé Zhao dimostra la fragilità di un apparato come quello della Cina, che facendo valere una dichiarazione di oltre dieci anni prima impedisce la trasmissione di un programma famigerato e internazionale come sono gli Oscar.

Il consenso non si costruisce con la repressione e il silenzio, ma da dialogo e confronto: questo vorrebbe la democrazia, questo dovrebbero aver insegnato secoli di guerre nonché dittature spietate e inconcludenti.

Leggi anche: Abolita la censura cinematografica: fatto storico, gli artisti sono liberi

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Asia Solfanelli
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