Chi è Paolo Gojo, lo street artist romano che dipinge la mitologia

Paolo Gojo Colasanti racconta in un'intervista il mondo della street art a Roma e il suo modo di fare arte ispirandosi alla mitologia.

Cecilia Capanna
Cecilia Capanna
Appassionata di temi globali, di ambiente e di diritti umani, madre di tre figli del cui futuro sente un grande senso di responsabilità
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Paolo Gojo, è uno degli street artist più stimati del panorama nazionale. Romano, appassionato di mitologia, nasce writer e ora è dietro a moltissimi progetti di riqualificazione nella capitale e non solo. Ha raccontato in un’intervista, insieme alla sua collega Zara Kiafar, come funziona la riqualificazione romana e come si svolge il suo personalissimo processo creativo, ispirato sempre alla mitologia dei luoghi in cui dipinge.

Gojo e la street art a Roma

Paolo Colasanti, tag Gojo, classe 1984, dopo averne raccolto il testimone è uno dei custodi della memoria storica graffitara di Roma. Non solo, Gojo è un punto di riferimento nella realtà artistica della città ed è attivissimo non solo come pittore e street artist, ma anche come curatore di importanti progetti di riqualificazione nella capitale.

Di volta in volta Gojo si appoggia a diverse associazioni per organizzare e progettare i murales da realizzare a seconda delle situazioni, prestando moltissima attenzione ai diversi luoghi dove verranno realizzati e alla loro storia. Dominio Pubblico, Fluo Events, Retake Roma, Gruppo Danza Oggi, Collettivo La Talpa, Casa Clandestina, C’era una volta, queste solo alcune delle realtà con cui collabora. La cosa davvero interessante è che contemporaneamente Paolo collega artisti e organizzazioni creando una vera e propria comunità:

“Cerco sempre di far fare rete a tutte le realtà. Alcune già la fanno, per quelle invece che non fanno rete cerco di collegarle io sia perché è corretto, così ci diamo tutti una mano, sia perché diventa più facile per me gestire i contatti. Li faccio incontrare e quando abbiamo magari situazioni simili o dove possono esserci dei cross over e diventa facile collaborare perché magari le intenzioni o il territorio sono gli stessi, gliela famo. 

Writers, street artist e l’importanza dei muri legali

Anche se la cultura hip hop ha 50 anni, è ancora molto attuale e le città di tutto il mondo continuano a riempirsi di graffiti. Il problema più grosso dei writers però è la legalità. La loro filosofia è conquistarsi una parete su cui scrivere, una parete da “taggare” con la propria firma. Per questo vengono considerati banditi imbrattatori di muri e hanno problemi con la legge.

Altra cosa è la street art. Di base i writers sarebbero snob con gli street artist a cui invece viene proprio richiesto di dipingere le pareti. Molto più spesso però accade che un writer diventi street artist o sia tutte e due le cose contemporaneamente. Fatto sta che comunque resta il problema dei muri in cui non si può scrivere. Gojo è riuscito ad ottenere per tutti i writers romani dei muri legali, dei muri cioè concessi dal Comune in cui è permesso scrivere e disegnare:

Non li ho chiesti per me, li ho chiesti per tutti perché era evidentemente una necessità. Ho detto: se Roma è piena di scritte, vorrà forse dire che la gente vuole dipingere i muri? Quindi che costa dare dei muri dove le persone possono andare a dipingere quando vogliono? Abbiamo fatto quindi questo progetto con il Comune e abbiamo ottenuto questi muri dove tutti quanti potessero andare a disegnare in giro per la città, in modo che ognuno ce ne abbia qualcuno vicino casa. 

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Dalla Siberia alla mostra a cielo aperto alla Montagnola

Gojo è attivissimo e richiestissimo e non solo a Roma. Spesso viaggia per realizzare murales in giro per l’Italia e nel mondo. Nel 2018 è stato chiamato a dipingere fino al confine tra Russia e Siberia, nella città di Noril’sk, dove ha disegnato il dio di tutte le cose viventi, adorato anticamente dai popoli samoiedi della zona. Recentemente ha dipinto un murale per la tappa del Giro d’Italia sulla Sila in Calabria. Oltre ad essere uno street artist, Paolo realizza copertine di dischi e prende parte a progetti sociali come quello che lo ha visto disegnare insieme ai ragazzi del Carcere minorile di Ariola. Ha raccontato così questa bella esperienza:

Abbiamo dipinto un po’ con i ragazzi sulla carta, chiacchierando del più e del meno e preparando delle cose per le loro famiglie.

Il lavoro più recente Gojo lo ha svolto come curatore artistico con l’associazione Dominio Pubblico in partnership con Retake. Si tratta di Mart 2021, Millennials Art work. È stato realizzato un vero e proprio museo a cielo aperto nella Scuola Rossa del quartiere della Montagnola di Roma. Un gruppo di artisti hanno interpretato il tema della Memoria sulle facciate degli edifici messi a disposizione dall’VIII Municipio. La scuola si trova a pochi metri dalla piazza intitolata ai caduti partigiani della battaglia del 10 settembre 1943. Paolo racconta che il progetto era stato concepito diversamente, doveva essere realizzato in un altro posto e con altri colori ma che poi è riuscito ad adattarlo al luogo e a ciò che rappresenta:

Abbiamo scelto la tematica della Memoria per via degli scontri alla Montagnola ma presa molto larga: ci sono stati artisti che hanno trattato la memoria dei partigiani contro i fascisti, altri invece hanno affrontato la Memoria da diversi punti di vista come il cinema, la memoria cinematografica, l’arte, l’arte per ricordare determinate situazioni, la memoria dal punto di vista psicologico, la memoria olfattiva e via dicendo. 

Il processo creativo di Gojo

Paolo Gojo è appassionato di mitologia e disegna spesso figure mitologiche legate ai luoghi in cui dipinge, instaurando un rapporto stretto tra artista, arte, territorio e la sua storia. Ma come si sviluppa il suo processo creativo?

Faccio prima lo studio della situazione perché mi appassiona quello che voglio disegnare. Se poi vedo che questo studio può essere trasposto in un luogo perché in qualche maniera posso riuscire ad ottenere un muro dove quel disegno ha un senso, allora lo adatto o lo rifaccio da capo perché sia adatto a quel luogo. 

Gojo sta attento a ogni dettaglio perché disegno del mito rievocato e il luogo si fondano perfettamente:

Posso anche immaginarmi una cosa di un determinato colore per esempio, ma se arrivo sul posto e con quel colore distruggo l’armonia del posto allora non è il colore giusto e bisogna trovare di conseguenza una determinata colorazione che possa andare bene sia con le indicazioni del mito sia con il colore che trovi già là. TI devi adattare Non è corretto sbattere un disegno in un luogo senza tenere conto del luogo, solo per far fare la bella foto e fine, cosa di cui a me non può fregare di meno.

Il mio è più un rapporto con il luogo. In questo modo non vai a usare il luogo solamente come niente fosse, come fosse una tela, come fosse un qualche cosa che non ha senso se non ci sei tu. Mi piace anche l’idea di andare a cercare un luogo e di trovarci un qualche cosa che in qualche maniera si adatta al luogo, ne carpisce la poesia, ne racconta qualche cosa non racconta solo se stesso. Poi attraverso i disegni che raccontano i luoghi possiamo tranquillamente raccontare noi stessi.

Paolo Gojo e la mitologia

Gojo - Cibele

“Non sono colto, so solo delle cose”, risponde così Gojo quando lo si ammira per quante cose sa sui miti di tutto il mondo. Ma poi, quando racconta del lavoro che ha fatto nel 2019 alla foce dell’Almone, all’estremo lembo del lungotevere chiamato “Riva Ostiense”, mostra tutta la sua profonda conoscenza della storia, delle religioni e della mitologia:

Ho disegnato la figura di una dea che si chiama Cibele. Una dea che è stata portata a Roma e la barca che la stava portando a Roma, c’erano le guerre puniche e serviva un dio straniero per calmare la situazione, si incagliò alla foce del fiume Almone e questo di conseguenza venne visto come un omen: voleva dire che quel punto era sacro e perfetto per il culto di questa divinità.

Paolo racconta con mille particolari come si svolgevano i riti in quel luogo e dice che ha scelto di dipingere quella dea anche perché rappresenta una figura femminile forte, quasi rivoluzionaria:

La cosa fica di questa dea è che veniva dalla Anatolia dove era conosciuta con un altro nome: Kubaba. A sua volta questo nome viene dal suo nome prima di diventare dea. Era un regina infatti e si chiamava Kubau. Veniva dalla città molto importante di Kish in Mesopotamia, la città da cui erano nate tutte le stirpi mesopotamiche. (…) Ne divenne regina alla morte del marito e fu talmente capace che venne deificata. La cosa ancora più fica di questa regina divinizzata è che prima ancora di diventare regina era una birraia. Quindi il messaggio è che anche le radici molto umili danno la possibilità non solo di diventare regina ma addirittura una dea.

Prossimi progetti con Zara Kiafar

Gojo - Zara Kiafar

Paolo Gojo lavora spesso con la giovanissima artista iraniana Zara Kiafar. Zara ha raccontato un po’ di sé: è in Italia da 3 anni e mezzo, mentre frequentava il liceo artistico a Teheran ha studiato in una scuola italiana che le ha dato la possibilità di proseguire i suoi studi in Italia all’Accademia delle Belle Arti a Roma. Dopo aver fatto delle mostre sia personali che collettive, da ottobre scorso fa parte della direzione artistica di Dominio Pubblico dove ha conosciuto Gojo. Zara e Gojo hanno collaborato alla Scuola Rossa della Montagnola e hanno diversi progetti insieme, Paolo ce li ha anticipati:

Stiamo preparando una mostra sugli stickers organizzata dalla galleria Art Factory e Fluo Events. Dobbiamo fare anche il muro di un asilo, una stazione della Roma Lido e dipingere la Caritas ad Acilia. Poi farò la serranda di un posto a Trastevere.

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