Al ristorante si ordina carne sintetica. L’ultima da Singapore, ma l’Italia dice no

Singapore dice stop alla macellazione. Dalla Eat Just arriva la carne sintetica e 'pulita', coltivata in laboratorio a partire da cellule animali. L'italia però segue un'altra etica.

Asia Solfanelli
Asia Solfanelli
Intraprendente e instancabile penna, poliglotta, appassionata lettrice e avida viaggiatrice. Sviscerata amante del cinema. E ultimo, ma non per importanza, eterna studiosa, perché non si finisce mai d’imparare.
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Da Singapore arriva la carne sintetica. Secondo la rivista del Mit, la Eat Just, una start-up californiana è riuscita finalmente a ottenere l’approvazione da parte della della Singapore Food Agency per la vendita della sua carne ai ristoranti. Che si possa mangiare un pollo senza ucciderne uno, sembra impossibile. Eppure, sta per iniziare la vendita di carne ottenuta da cellule animali che vengono ‘coltivate’ in laboratorio.

Carne sintetica: dal laboratorio al ristorante

Carne sintetica
Carne sintetica: dal laboratorio al ristorante.

La Eat Just è riuscita a ottenere bocconcini di pollo facendo crescere in laboratorio cellule prese da un animale e mescolandole con proteine di origine vegetale. 70% carne coltivata e 30% prodotti vegetali: la carne sintetica così ottenuta ha superato ben due anni di prove che la ponevano al vaglio di una commissione di sette membri addetti a valutare tutte le fasi del processo produttivo.

Il prodotto, che si dice già pronto dal 2018 e che diverrà noto come ‘carne coltivata’, è stato approvato e verrà presto venduto ad alcuni ristoranti. L’obiettivo? la vendita nel mondo. Il prezzo, ancora alto e in realtà ancora sconosciuto, sarà però inferiore a quello del primo hamburger prodotto in vitro nel 2013, 300mila dollari.

Leggi anche: Stop ai macelli, il futuro è la carne prodotta da CO2

Carne coltivata: la Eat Just e la sua etica

Carne sintetica
Carne sintetica, anche detta ‘carne pulita’, dal laboratorio al ristorante.

Denominata anche ‘carne pulita’, la carne sintetica risponde, innanzi tutto, a una questione etica, ma anche economica e ambientale. Con alto contenuto proteico, la ‘carne in provetta’ fa bene all’uomo, ma ancora di più agli animali, salvati dal macello, e al nostro ecosistema, altrimenti sempre più soffocato dagli allevamenti intensivi.

Non solo, la carne sintetica è anche gustosa. L’unico neo, per il momento, sembra rimanere il prezzo, legato ad apparecchiature innovative e ancora costose, ma comunque in rapido sviluppo, quindi suscettibili di un prossimo abbassamento dei costi. Andrew Noyes, il portavoce di Eat Just, intanto annuncia entusiasta i primi accordi con alcuni ristoranti di Singapore pronti ad introdurre nei menù la “GOOD Meat” creata artificialmente.

Il supporto di Singapore e la reazione del mondo

Nel tentativo di aumentare la produzione di cibo autoctona, nel 2019 il Governo di Singapore ha dato il via all’iniziativa “30 entro il 30”, ovvero un progetto volto a limitare entro il 2030 l’importazione e a produrre alimenti capaci di coprire almeno il 30% del fabbisogno. Un obiettivo per cui la Singapore Food Agency (SFA) e la Agenca for Science, Technology and Research, hanno già stanziato circa 70 milioni di dollari in ricerca.

La carne sintetica sembra stia percorrendo la strada giusta, anche se si trova solo all’imbocco della via e il cammino è ancora lungo se si vuole andare a sostituire completamente il consumo di carne tradizionale.La meta finale, che per molti suonerà assurda e utopica, trova invece già il favore di molti, in particolare coloro sensibili al benessere degli animali e alle ripercussioni negative che gli allevamenti intensivi sembrano avere sull’ambiente.

Tra questi, la Memphis Meats, l’azienda californiana impegnata nello sviluppo della tecnologia alimentare che trova il supporto di grandi finanziatori come Bill Gates e Richard Branson, è già in movimento per ottenere l’approvazione anche negli USA.

Leggi anche: Dieta vegetale per salvare il mondo, lo studio della NY University

Carne sintetica, la reazione dell’Italia

L’Italia ragiona al contrario e i problemi etici sono nell’altro senso. Grandi sono le perplessità nel digerire una carne prodotta in laboratorio, una carne che difficilmente si riesce a credere carne proprio per la sua ‘natura’, appunto, sintetica. Ma c’è di più, dubbi concernano ovviamente anche gli aspetti salutistici.

Una indagine Coldiretti-Ixè fa quindi sapere che 3 italiani su 4 dicono no alla carne prodotta in provetta, circa il 75% della popolazione. Che più che mangiare carne artificiale si preferisce, forse, rinunciare al suo consumo? Che sia bene o male, giusto o sbagliato non è questa la sede per giudicalo. Tuttavia anche le remore degli scettici meritano un approfondimento.

Carne sintetica e l’altra faccia della medaglia

Secondo molti sono stati creati e diffusi troppi allarmismi e fake news intorno al consumo della carne. Proprio l’ISTAT il 1 dicembre denunciava:

il settore degli allevamenti è stato colpito in modo notevole dagli effetti della pandemia anche a causa del diffondersi di numerose fake news sull’impatto degli allevamenti intensivi, accusati di essere responsabili dei problemi ambientali del nostro pianeta e, nello specifico, della situazione pandemica attuale oltre a rappresentare un fattore di rischio per la diffusione del virus.

E proprio quando il settore degli allevamenti è in piena crisi, suona ‘curioso’ l’arrivo della carne sintetica che sembra quasi giungere come deus ex machina: una miracolosa apparizione celeste venuta a salvarci nel buio delle tenebre dannate. E se, come sempre, non si sa dov’è la verità, le perplessità, almeno, sembrano lecite.

Non solo dall’improbabile coincidenza salvifica, lo scetticismo nasce soprattutto per il fatto che si tratta di un qualcosa che andremo a ingerire. È quindi prevedibile e razionale che si indugi sulla questione con scrupolo e con le adeguate riserve. Certo è che tra la divergenza di opinioni scientifiche, etiche ed economiche, la diversità di esigenze e supporti morali, non si sa davvero più di chi fidarsi.

Leggi anche: ‘Adotta una mucca’. Ecco come le piccole aziende agricole rispondono alla crisi

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