Carmelo Bene, l’eterno: “Non può essere morto chi non è mai nato”. Eppure, CB è stato ucciso

Pubblicate le poesie giovanili, ma in libreria non ci sono le sue Opere. Ecco come si uccide un classico, ecco come si uccide l'eterno. Ecco come si è ucciso Carmelo Bene.

Asia Solfanelli
Asia Solfanelli
Intraprendente e instancabile penna, poliglotta, appassionata lettrice e avida viaggiatrice. Sviscerata amante del cinema. E ultimo, ma non per importanza, eterna studiosa, perché non si finisce mai d’imparare.
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Il classico è per sua stessa definizione eterno, come eterno non ha contemporanei, è oltre il tempo, oltre qualsiasi categorizzazione, è oltre.

Carmelo Bene è un classico, lo era già in vita. E oggi al 19esimo anniversario dalla sua scomparsa lo è ancora, o meglio lo sarebbe, malgrado egli stesso, lo si ricorderà, sempre negò persino di essere. Ma ci fu: attore, regista, drammaturgo, scrittore e poeta, figura di spicco della neoavanguardia teatrale italiana e fondatore del nuovo teatro.

Dissacrante, demistificante, iconoclasta, eretico, controverso, contraddittorio, scomodo, ma anche talento e genio.

Carmelo Bene, l’apparso alla Madonna

Carmelo Bene

Rimarcata più volte la sua avversione verso i cronisti, a sua detta, capaci di narrare DI fatti, ma non SUI fatti, non si ha in questa sede la pretesa di spiegare ed esaurire il genio di Carmelo Bene, un progetto decisamente ambizioso e rischioso di fronte alla riverenza e verecondia che un personaggio del suo calibro suscita.

Nato nel primo dì del settembre 1937, in quel “sempre magnifico, religiosissimo bordello, casa di cultura tollerante confluenze islamiche, ebraiche, arabe, turche, cattoliche” che è Otranto, Carmelo Pompilio Realino Antonio Bene trascorre la sua infanzia tra la “pianura sconfinata agricola di grano, vino, ulivi e tabacco, soprattutto tabacco” e il latino e greco antico delle messe del rosso festivo celebrate in cotta bianca.

Come dichiarato dallo stesso Bene nella sua autobiografia Sono apparso alla Madonna, iconoclasta già all’età di sette anni, ormai diciassettenne evade a Roma dove, trascurando le lezioni universitarie, si dedica all’apprendistato teatrale.

Dopo una breve esperienza all’Accademia di Arte Drammatica, presto abbandonata per la sua “inutilità”, debuttando con Caligola di Camus, Carmelo Bene è fin dagli esordi “il nuovo attore”. Fin dal ‘primo atto’ inizia quella che è una carriera interamente volta a ‘dis-fare’, a rompere con la tradizionale e canonica idea di teatro, a “destrutturare”: come diceva sempre, il grande teatro deve essere buio e deserto“.

Tra i suoi spettacoli, da attore e regista di sé stesso, si ricorderanno: “Lo strano caso del dottor Jekill e del signor Hyde”, “Gregorio”, “Pinocchio”, “Salomè”, “Amleto” e “Il rosa e il nero”.

Non solo “Grande Teatro”, Carmelo Bene è anche scrittore, autore non soltanto di opere drammaturgiche, ma anche di poesie, poemi e romanzi.

Al 1965 risale “Nostra Signora dei Turchi”, il romanzo ben presto adattato e trasposto non solo a teatro, ma anche in forma filmica, che come tale vale al suo ‘produttore’, seppure egli avrebbe rifiutato questa definizione, nel 1968 a Venezia, il premio speciale della giuria.

L’esperienza cinematografica, che lo vede nelle vesti sia di autore che interprete, non si esaurisce con suddetta opera, ma arricchisce un artista già poliedrico e prolifico, nonché l’inestimabile patrimonio culturale italiano.

Tra ritiri e ritorni in scena, Carmelo Bene fa diverse e assai discusse apparizioni. Tra le più celebrate e deprecate, si ricorda quella, per molti molesta, non voluta, fortemente contrastata e oltraggiata, “alla Madonna”, dalla Torre degli Asinelli mentre ‘nel piano dell’ascolto dice’ i versi del Sommo Poeta.

Per quanto concerne la sfera ‘privata’, marito di Giuliana Rossi, legato da un sodalizio affettivo e artistico con Lydia Mancinelli nonché coniuge di Raffaela Baracchi e compagno, nei suoi ultimi anni di vita, di Luisa Viglietti, l’attore salentino ha accanto diverse ‘donne’, ma un solo figlio, morto all’età di cinque anni e una figlia, Salomé.

Il 16 marzo del 2002, all’età di 64 anni, Carmelo Bene muore nella sua villa romana, eppure, come dirà Enrico Ghezzi:

Non può essere morto chi ha sempre dichiarato di non essere nato.

Non si può racchiudere un genio in una lampada

Carmelo Bene: non si può racchiudere un genio in una lampada.

Come già accennato, esaurire in poche righe una vita piena e dissoluta, un’esistenza, se il termine può dirsi lecito, acclamata, osannata, bannata, inneggiata, beffeggiata, denigrata e, sia nel male che nel bene, criticata, è un lavoro quanto mai grandioso e temerario.

Racchiudere in un pagina un genio indisciplinato, eclettico, eretico, dissacrante, devoto, eroico, abbandonato e mancato, un genio che depensa, decostruisce, che, seppur occidentale, sfugge a tutte quelle logiche generalmente dette proprio “occidentali”, sarebbe un intento vano.

Carmelo Bene nel suo “non esistere”, nel suo rompere con tutto ciò che è struttura, convenzione, istituzione e tradizione, ha fatto sì che esistesse non solo un teatro nuovo e grandioso, il Grande Teatro, ma anche un nuovo concetto di arte, di cinema, di storia, di narrazione, di donne e persino di vita.

Secoli di riflessioni filosofiche, più o meno esplicitate e più o meno accettate, trovano in Bene quel divulgatore rivoluzionario che, seppur per la sua beffarda insolenza, per alcuni vanità, e per la sua sfrontatezza, si direbbe menefreghismo, è amato tanto quanto odiato, è anche anche unico.  

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Tutto per Bene: polo museale in apertura a Lecce

Poesie, testi teatrali, libri, arredi, costumi, nastri, fotografie e oggetti personali di Carmelo Bene, seppur con alcune eccezioni, confluiranno dopo anni di battaglie legali e impedimenti burocratici, nel Convitto Palmieri di Lecce dove, entro l’estate, sarà accessibile al pubblico il Polo bibliomuseale Carmelo Bene.

Uno sforzo che ha visto in prima linea l’ex moglie dell’artista leccese Raffaella Baracchi e sua figlia Salomè.

Un’iniziativa sicuramente interessante per quanti desiderosi di approfondire quella peculiare ed estravagante personalità che 'fu' Carmelo Bene.

Ma quel “eterno genio” che dichiarava vanità solo in materia di capelli, apprezzerà l’esposizione dei suoi cimeli come fossero reliquie? Forse sì, fregandosene, e ridendo di quello “scrigno” stimato, custodito e declamato dai cronisti.

In libreria le poesie giovanili di Carmelo Bene, ma dove sono le sue “Opere”? Uccidere l’eterno

In libreria le poesie giovanili di Carmelo Bene, ma dove sono le sue "Opere"? Uccidere l'eterno.

Ho sognato di vivere:

era bello!

Seguì un risveglio brusco:

Pensai alla morte

e mi misi a ridere!

È questo uno dei componimenti scritti fra il 1950 e il 1958 prevalentemente a Santa Cesarea Terme e pubblicato da Bompiani il 3 marzo sotto il titolo: “Ho sognato di vivere!”

Arrivano così in libreria al prezzo di 15 euro 104 pagine di poesie giovanili di Carmelo Bene, di quell’infanzia che lo stesso ricordava “per l’indecenza della vita che assiduamente lo aveva frequentato”.

Interessante, grazie Bompiani. Ma dov’è “Il volume Opere (1995) raccoglie nei Classici Bompiani tutti i suoi lavori”? Dov’è l’edizione economica del 2002, 1560 pagine al prezzo di 16 euro? Non disponibili.

Ma dopo una vita passata a indagare sul modo d’essere dell’uomo, a diffondere una dottrina, a dispetto di biasimo, disapprovazione e disprezzo, ritrovarsi ‘classico’ con proseliti di versi giovanili e adoratori di costumi e beauty case non suona quanto mai beffardo, tirannico? Ecco come si uccide l’eterno, ecco come di dimostra l’idolatria. Ecco come è stato ucciso Carmelo Bene.

Leggi anche: Morto Raffaele Cutolo, De André gli dedicò la celebre “Don Raffaè”

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