Cancro al seno, scoperto il meccanismo che causa metastasi

Marianna Chiuchiolo
Marianna Chiuchiolo
Giornalista con studi in Mediazione Linguistica, una formazione da teatrante e una generale tendenza a perdersi nei vicoli di una fervida immaginazione. Ama in egual misura la scienza e la poesia e si spende da tempo per la crociata della Mental Health Awareness come missione di vita.
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Nuove speranze per la lotta al cancro della mammella. Un team di ricercatori dell’Istituto Firc di oncologia molecolare (Ifom) e dell’Università degli Studi di Milano è riuscito a svelare come il carcinoma mammario intraduttale, DCIS, una delle forme più frequenti di cancro al seno, riesca a sviluppare metastasi. La ricerca, sostenuta dall’Airc in collaborazione con Fondazione Cariplo e MIUR, potrebbe aprire nuove possibilità di terapia per le pazienti che ne soffrono. L’obiettivo è adesso identificare una firma meccanica che aiuti a riconoscere le neoplasie più a rischio di metastasi. Il DCIS è un modello ideale per questo studio, poiché è caratterizzato da una quantità di lesioni, circa il 70%, che restano immobili a causa della compressione del tessuto esterno, mentre il restante 30% sviluppa caratteristiche di fluidità che consentono al tumore di spostarsi verso altri organi. Leggi anche: Neuroni Alternativi, quando la ricerca scientifica diventa social

Lo sviluppo della ricerca: una combinazione di microscopio e intelligenza artificiale

Il punto di partenza è stata la scoperta, avvenuta due anni fa, di come la proteina Rab5A fosse capace di causare la fluidificazione di cellule epiteliali dense. Sono quindi state ingegnerizzate cellule di ghiandola mammaria allo scopo di aumentare il livello di Rab5A e osservare in che modo la popolazione cellulare si comportava. Sono poi stati sviluppati modelli e algoritmi per l’analisi dei filmati acquisiti al microscopio e creati sistemi complessi per validare i dati. Il risultato finale ha confermato la correlazione tra livelli elevati di questa proteina nelle cellule tumorali e lo sviluppo di proprietà invasive da parte delle cellule stesse. Questa consapevolezza potrebbe aprire nuove strade alla terapia oncologica, poiché attualmente le pazienti a cui viene diagnosticato il DCIS vengono trattate con le stesse terapie utilizzate per altri tipi di cancro, non sempre con esiti positivi, mentre lo sviluppo di altri trattamenti potrebbe cambiare del tutto la situazione. Leggi anche: Il casco per superare la chemioterapia senza perdere i capelli   di Marianna Chiuchiolo

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Marianna Chiuchiolo
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