Banksy: l’omaggio di Natale a un senzatetto

Marianna Chiuchiolo
Marianna Chiuchiolo
Giornalista con studi in Mediazione Linguistica, una formazione da teatrante e una generale tendenza a perdersi nei vicoli di una fervida immaginazione. Ama in egual misura la scienza e la poesia e si spende da tempo per la crociata della Mental Health Awareness come missione di vita.
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Ho sempre avuto una fascinazione per i messaggi lasciati sui muri. Dovunque io mi trovi ─ che si tratti di una nuova città o solo di un quartiere che conosco poco ─ vado a caccia di scritte, disegni, poster, parole o immagini lasciate sotto il cielo finché l’inchiostro tiene.

“Perché proprio su quel muro, a chi erano rivolte, chi è che le ha lasciate a prendersi pioggia e sole e magari ogni giorno le guarda invecchiare?”, mi chiedo. Ogni segno è un messaggio e racconta una storia.

Quando poi si ha il dono di trasformare le parole in immagini è ancora più affascinante vedere muri grigi che prendono vita, colpi di genio in grado di trasformare un corrimano in ferro in una pista di pattinaggio, dare un senso profondo a elementi urbani che spesso succhiano via vita e desideri. E denunciare. Denunciare crimini, indifferenze e apatie come solo l’arte può fare: in maniera assolutamente cruda e diretta, ma pur sempre con l’occhio incantato di chi non può fare a meno di immaginare un mondo diverso.

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Banksy, nessuno sa chi sia, ma viene battuto all’asta per milioni di Euro

Portabandiera di questa mentalità di denuncia della condizione umana è sicuramente Banksy, streetartist dallo stile inconfondibile che riesce a far parlare di sé con ogni tratto di vernice che lascia per le strade. Niente male per uno la cui identità è probabilmente l’unica cosa più dibattuta delle opere stesse.

È un mistero questo Banksy che denuncia ed emoziona, che si intrufola nei musei e riscrive i capolavori della storia inquinandoli di anacronismi, che porta i naufraghi in gita sui palazzi di Venezia e sogna cieli sconfinati dietro i mattoni. Un uomo i cui pezzi vengono battuti all’asta per milioni, e problemi del compratore capire poi come portarsi a casa un bel pezzo di muro. Sempre che l’opera stessa non si autodistrugga un attimo dopo la vendita, certo.

Amato quanto controverso, sin dai suoi primi lavori Banksy è sempre stato troppo. Troppo sovversivo per i tradizionalisti: chi si crede di essere questo vandalo che spaccia per arte una sagoma ricalcata? Troppo mainstream per i raffinati: Haring e Basquiat, loro sì che hanno cambiato la streetart – ma esattamente dov’è scritto che non si possa amarli tutti? – e non questo scribacchino la cui unica colpa, a quanto pare, è quella di far parlare troppo di sé anche al di fuori dei circoli culturali.

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Nella sua ultima opera un clochard di Birmingham diventa Babbo Natale

L’ultima sua fatica è una sintesi di tutto ciò che è questo artista è sempre stato: sognatore, attivista, esperto di modernità e dei suoi mezzi, contestatore e contestato.

Un clochard, come lui un anonimo invisibile alla società, si addormenta su una panchina e sogna. Su un lato del suo giaciglio di fortuna, l’opera: due renne che prendono il volo trasformandolo in un moderno Babbo Natale. Lui, l’ultimo della società che non possiede nulla, si trasforma in un eroe.

Il video del concept viene condiviso dall’artista sul suo profilo Instagram con queste parole:

Sia benedetta Birmingham. Nei 20 minuti in cui abbiamo filmato Ryan sulla panchina, i passanti gli hanno lasciato una bevanda calda, due barrette di cioccolata e un accendino, senza che lui chiedesse nulla.

Un Babbo Natale che riceve lui il dono, in modo da poterne rendere ad altri, forse. O forse Babbo Natale era già uno degli ultimi sin dall’inizio e si sa che, quando non si ha nulla, paradossalmente si è più aperti a donare.

L’intervento dei vandali: nasi rossi disegnati sulle renne

banksy murale babbo natale
L’opera è stata vandalizzata: alle renne sono stati dipinti nasi rossi.

Ma la storia non finisce: arrivano i detrattori. A pochissimi giorni dalla diffusione del video, il murale viene vandalizzato e sui musi delle renne compaiono grossi nasi rossi. Del resto il vecchio Rudolph, prima di esser messo a capo della carovana di San Nicola, non era anche lui un reietto? Forse qualcuno ha voluto aggiungere un tocco di suo?

Forse, ma un vero streetartist rispetta le opere dei colleghi, siano esse monumenti o altri murales. Secondo le fonti diffuse in rete, l’autore di questa clownerie sarebbe un artista concorrente che da tempo prometteva una ritorsione simile sulle opere dell’incognito visionario. Il vandalo sarebbe stato anche identificato e pare che in più persone abbiano cercato di fermarlo o di riparare al danno ripulendo la vernice rossa.

Epilogo: il murale è stato messo in sicurezza e con lui il suo messaggio di solidarietà. Ma forse ancora di più adesso ne apprezziamo il valore, proprio per l’indignazione che ne è conseguita. Per quella panchina che, nelle prime notti, di barboni eroi ne ha ospitati diversi. Eccolo, il messaggio che senza parole arriva.

La dignità degli ultimi colpisce perché grida nonostante resti in silenzio e il suo miracolo è permetterci di aiutare, darci la consapevolezza di poter fare qualcosa di buono, di non essere ancora perduti.

Del resto lo aveva suggerito lo stesso Banksy in uno dei suoi lavori più conosciuti, la Bambina col Palloncino. Nella primissima versione dell’opera, poco distante dal disegno campeggiava una scritta: “There is always hope”. C’è sempre speranza. E delle speculazioni su conflitti e identità segrete in fondo poco ci importa.

di Marianna Chiuchiolo

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Giornalista con studi in Mediazione Linguistica, una formazione da teatrante e una generale tendenza a perdersi nei vicoli di una fervida immaginazione. Ama in egual misura la scienza e la poesia e si spende da tempo per la crociata della Mental Health Awareness come missione di vita.
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