Australia, 380 balene sono morte spiaggiate. È mistero sulle cause

I soccorsi continuano a intervenire senza sosta, ma l’operazione è molto complessa. Circa 50 esemplari sono stati messi in salvo, ma le perdite sono enormi. È lo spiaggiamento peggiore della storia moderna.

Elza Coculo
Elza Coculo
Elza Coculo, 30 anni, di adozione romana. Lettrice appassionata con formazione in Studi italiani. Laureata in Editoria e Scrittura. Redattrice per Il Digitale. Amo scrivere di attualità e cultura eco-sostenibile.
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Nelle ultime ore i soccorsi hanno trovato altre 200 balene spiaggiate sulla costa di Macquarie Harbour, in Tasmania, Australia meridionale. Solo ieri ne erano state segnalate altre 270 a 10 km di distanza, per un totale di 470 esemplari. “Ne sono morti 380, 30 sono ancora in vita e 50 sono stati salvati” ha dichiarato Nic Deka, direttore del servizio di controllo nei parchi naturali della Tasmania. Questo è senza dubbio lo spiaggiamento di massa peggiore della storia moderna, secondo solo a quello del 2017 che in Nuova Zelanda aveva coinvolto 600 esemplari. Al momento gli scienziati non riescono a comprenderne le cause.

Continuano le operazione di salvataggio delle balene

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Tasmania, Australia meridionale. Soccorritori tentano di aiutare le balene rimaste spiaggiate.

Il branco di globicefali spiaggiati è stato avvistato per la prima volta lunedì durante una ricognizione aerea sul porto di Macquarie. I globicefali, chiamati anche delfini pilota o balene pilota, sono una specie di delfino oceanico che può crescere fino a 7 metri di lunghezza e arrivare a pesare fino a 3 tonnellate. Per via delle loro dimensioni ogni soccorso coinvolge dalle quattro alle cinque persone e, spiega il coordinatore delle operazioni al Guardian: “Per portare ogni animale lontano dalla sabbia, in mare aperto, sono necessari circa 30 minuti”. La squadra di soccorso è composta da circa 65 persone tra tra pescatori, ambientalisti e volontari costretti a rimanere immersi nelle acque gelide dell’oceano fino alla vita, per aiutare le balene a dirigersi in mare aperto. L’operazione è decisamente complessa e la marea non semplifica le cose. Alcuni cetacei una volta liberati vengono riportati indietro dalla corrente rendendo vano l’intervento dei soccorritori.

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Mistero sulle cause dello spiaggiamento

Al momento gli scienziati non sono in grado di comprendere i motivi di questo disastro. Kris Carlyon, biologo del Marine Conservation Program, ha ipotizzato che questi cetacei si siano avvicinati alla costa in cerca di cibo. Per Nic Deka lo spiaggiamento potrebbe essere stata una semplice disavventura: “Un paio di animali si mettono ‘nei guai’ e il resto del gruppo li segue”. Peter Harrison, professore presso il Southern CrossUniversity Whale Research Group invece ha detto:

È certamente un evento importante e preoccupante che si possano perdere così tante balene a causa di uno spiaggiamento. Abbiamo bisogno di ulteriori investimenti nella ricerca per capire cosa stia accadendo nelle acque australiane.

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Elza Coculo, 30 anni, di adozione romana. Lettrice appassionata con formazione in Studi italiani. Laureata in Editoria e Scrittura. Redattrice per Il Digitale. Amo scrivere di attualità e cultura eco-sostenibile.
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