Armadio Verde, online il guardaroba sostenibile per lo scambio di vestiti usati

Federica Tuseo
Federica Tuseohttp://ildigitale.it
Federica Tuseo. Classe 1994. Redattrice. Nomade digitale, alla costante ricerca di novità e sempre pronta a partire per girare il mondo, raccontando storie di vita vissuta. Una laurea triennale in Lingue e culture moderne ed una magistrale in Media, comunicazione digitale e giornalismo. Web, startup e innovazione sono i suoi orizzonti di ricerca.
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Quando si pensa al cambio di stagione, una naturale associazione di idee ci porta a immaginare un necessario adattamento del nostro guardaroba. Quindi, con l’arrivo dell’autunno, diciamo addio a t-shirt e bikini e diamo il benvenuto ai coloratissimi maglioni e alle sciarpe. Per una millennial sarebbe il momento giusto per scattare qualche foto a nuovi outfit e creare sondaggi su Instagram chiedendo quale potrebbe essere in e quale out. Mettendoci nei panni di una mamma, invece, questo è uno di quei momenti in cui ci si rende facilmente conto della velocità con cui il proprio figlio stia crescendo, creando una pila di vestiti nell’armadio che ormai non sono più della taglia giusta. Una difficoltà, che si riscontra soprattutto nei primi anni di vita del bambino, la quale porta inevitabilmente ad uno spreco, creando un danno per le tasche e per il nostro ambiente. Cosa fare allora con i vestiti che non si usano più? La risposta è Armadio Verde, la startup italiana che, affidandosi alla sharing economy, crea un mercato sostenibile dell’usato e contiene gli sprechi. L’idea nasce, come nel caso di altre startup, proprio dalla necessità di dare una soluzione ad un problema comune a più persone e che spesso risulta accadere nella quotidianità. Nel caso di Armadio Verde, i due fondatori e imprenditori italiani, nonché genitori, Eleonora Dellera e David Erba partono proprio dalla constatazione di una loro realtà familiare. “Ci siamo resi conto – spiega Eleonora Dellera – che dovevamo rinnovare il baby guardaroba molte volte durante l’anno. Avevamo vestiti regalati e mai messi perché già troppo piccoli e altri utilizzati ma come nuovi”.

Abbigliamento e sharing economy: come nasce Armadio Verde

Pur nella sua semplicità, l’idea alla base del progetto si è rivelata non solo geniale, ma anche sostenibile: gli utenti, tramite la piattaforma, possono lasciare i vestiti che non utilizzano più, scambiandoli con altri. Inizialmente, i due fondatori hanno dato il via a questo business proponendo il riutilizzo degli abiti per i più piccoli, poi è stato adottato lo stesso sistema, rivolto però ad un target femminile. Una scelta che si è rivelata vincente, visti i numeri raggiunti: gli scambi infatti, non solo sono raddoppiati, ma ben il 60% dei vestiti messi in circolo dalla startup sono capi di abbigliamento per donna. Il motivo è sostanzialmente legato alle necessità di entrambe le categorie: i bambini che, crescendo a vista d’occhio, hanno bisogno di vestiti della taglia giusta, così come le donne, utilizzando poco certi capi o per mode passeggere o perché si cambia taglia, accumulano abiti inutilizzati. L’azienda è nata, nel 2011, con veri negozi fisici che fungevano da punti di raccolta e scambio, per poi passare ad essere una realtà esclusivamente online nel 2015, allo scopo di raggiungere più utenti in tutto il territorio nazionale. Oggi ha all’attivo 8.000 clienti per conto dei quali muove quotidianamente circa 3.000 capi, dando lavoro a 25 persone. L’impresa ha chiuso il 2017 con un fatturato di € 600.000 e per la fine del 2018 ci si aspetta di superare i 2 milioni. Leggi anche: “Le Cicogne: come nasce la startup che ha rivoluzionato il mondo delle babysitter

Armadio Verde: istruzioni per l’uso

La piattaforma è molto intuitiva. Dopo essersi iscritti al sito www.armadioverde.it, viene inviata presso la propria abitazione, una scatola di cartone, rigorosamente riciclato, in cui inserire i vestiti dismessi. Successivamente la ritira a sue spese, sottoponendo i capi a controlli, per poi selezionarne alcuni da inserire sul sito. Per ogni capo approvato, l’utente guadagna un credito in stelline, che rappresentano una moneta virtuale di scambio. Con le stelline guadagnate, è poi possibile acquistare vestiti di altri utenti, tra quelli pubblicati sul sito, aggiungendo 5 euro di spese per ogni transazione. Nel caso in cui un capo non soddisfi i criteri di qualità stabiliti da Armadio Verde, può essere devoluto in beneficenza attraverso l’ONLUS Humana.org, affinché trovi comunque un utilizzo.

Economia circolare, il virtuoso modello italiano all’estero

La startup italiana si inserisce molto bene in un contesto di economia circolare, favorendo l’allungamento del ciclo di vita di abiti per bambini e riducendo in questo modo la produzione di rifiuti e di nuova materia. Dalla sua nascita, Armadio Verde ha reso possibile lo scambio di 180.000 vestiti. Una montagna di tessuti fatta di circa 25 tonnellate di cotone, 7,5 di fibre sintetiche e 1,5 di lana che, essendo stati riciclati al posto che prodotti ex novo, nelle stime dell’azienda equivalgono a risparmio di 135 tonnellate di CO2 e 225 milioni di litri di acqua. Dato l’approccio responsabile, la lotta allo spreco, la tensione verso un consumo etico e politiche volte al riuso e al risparmio per centinaia di famiglie, l’azienda ha tutti i presupposti per espandersi all’estero. Una piattaforma “green”, nata da menti italiane, modello economico virtuoso che si pensa possa approdare in Francia nel 2019 e successivamente in Germania. Leggi anche: “Le imprese possono produrre senza inquinare? S.E.A. è la soluzione a impatto zero” di Federica Tuseo

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