10 anni dal referendum sull’acqua: l’acqua pubblica è sicura e sarà sempre di tutti?

A 10 anni dal referendum sull'acqua pubblica, fanno il punto della situazione Veronica Montaccini, Paolo Carsetti, le Mamme no PFAS e Riccardo Petrella

Cecilia Capanna
Cecilia Capanna
Appassionata di temi globali, di ambiente e di diritti umani, madre di tre figli del cui futuro sente un grande senso di responsabilità
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Sono passati 10 anni dal referendum sull’acqua: Il 12 e 13 giugno del 2011, 26 milioni di italiani dicevano “sì” al referendum sull’acqua pubblica, contro la privatizzazione del sistema idrico nazionale. Nonostante questo, l’acqua pubblica continua ad essere gestita in partecipazione con società private con procedure e norme di fatto privatistiche, non tipiche del pubblico.

Inoltre, la qualità dell’acqua non è tutelata e di conseguenza nemmeno la salute di cittadini di numerose zone del nostro paese in cui le falde sono contaminate, tra cui le provincie di Viterbo e di Vicenza. Ma non finisce qui: lo scorso dicembre a Chicago l’acqua è anche stata quotata in borsa, un precedente pericoloso per la speculazione finanziaria su un bene comune indispensabile all vita da cui dovrebbe essere inammissibile trarre profitto.

Paolo Carsetti, Veronica Di Benedetto Montaccini, Annamaria Panarotto e Riccardo Petrella hanno fatto il punto della situazione in una diretta Facebook per ilDigitale.it.

Cosa prevedeva esattamente il referendum sull’acqua

Il referendum sull’acqua consisteva nel voto per l’abolizione della “adeguata remunerazione del capitale investito dai gestori”.

L’articolo da abrogare stabiliva l’affidamento del servizio idrico a soggetti privati attraverso una gara o l’affidamento a società a capitale misto pubblico-privato (all’interno delle quali il privato avrebbe dovuto detenere almeno il 40%). La norma inoltre disciplinava le società miste collocate in Borsa incoraggiando ad aumentare la partecipazione privata. Infatti, per poter mantenere l’affidamento del servizio, le società avrebbero dovuto diminuire la quota di capitale pubblico fino al 30%.

Abrogare questa norma significò contrastare l’accelerazione sulle privatizzazioni imposta dal governo e frenare la definitiva consegna al mercato dei servizi idrici. Con il referendum del 2011 l’acqua dunque diventava un diritto per i cittadini e un dovere per il Parlamento.

A 10 anni dal referendum, il voto è stato rispettato?

Formalmente il sì a 10 anni dal referendum sull’acqua pubblica è stato rispettato, ha detto durante la diretta Facebook Paolo Carsetti, del Forum italiano dei Movimenti per l’Acqua, ma ci sono stati diversi tentativi di elusione, disconoscimento e cancellazione dell’esito referendario e della volontà popolare.

La responsabilità di questo è degli amministratori – ha detto Carsetti – dei politici che hanno abdicato al proprio ruolo. Non hanno gestito la cosa pubblica nell’interesse collettivo ma hanno ceduto alla ideologia e idolatria del mercato, del privato.

Carsetti ha spiegato che quando all’inizio degli anni 2000 si diceva che il pubblico non ce la faceva più, che c’era bisogno di fondi, si è cominciato a consegnare al privato settori come quello dell’acqua pubblica che è il bene comune per eccellenza. La mission di un soggetto privato è la massimizzazione del profitto, tutto il contrario di quella del pubblico che in teoria dovrebbe essere l’ottimizzazione di beni e servizi al cittadino.

Leggi anche “L’acqua è bene comune”: dopo 10 anni finalmente riconosciuto l’esito del referendum

Da Viterbo a Vicenza, l’acqua pubblica può essere veleno

Acqua pubblica - 10 anni dal referendum sull'acqua

Arginare la privatizzazione dell’acqua pubblica significa soprattutto evitare che per interessi economici privati non ne venga garantita la qualità. È sicura l’acqua che esce dai nostri rubinetti, quella che si beve, con cui si cucina, con cui ci si lava?

Purtroppo succede in diverse parti d’Italia che l’acqua pubblica sia addirittura contaminata da veleni, come il caso dell’arsenico presente in massicce quantità nell’acqua della Tuscia. Veronica Di Benedetto Montaccini, giornalista di TPI, ha da poco pubblicato “Acqua amara“, una video inchiesta sull’acqua pubblica del viterbese, gravemente contaminata da arsenico. L’esposizione cronica all’arsenico provoca patologie come il tumore del polmone, del rene, della vescica. La giornalista, durante la diretta Facebook, ha raccontato i dettagli di questa tragica situazione, tristemente emblematica di molte altre nella nostra penisola.

Un’altra grave contaminazione è quella della falda della provincia di Vicenza da parte dello stabilimento industriale della Miteni, in cui un’associazione di mamme si sta battendo per la salute dei propri figli, compromessa dalle sostanze Perfluoroalchiliche presenti nell’acqua potabile. Annamaria Panarotto, una rappresentante dell’organizzazione “Mamme No PFAS” ha spiegato come il disastro dell’acqua pubblica che sta avvelenando i lavoratori dello stabilimento e chi vi abita vicino, compromettendo la salute soprattutto dei bambini e dei ragazzi.

Siamo sicuri che l’acqua sarà sempre di tutti?

Stando così le cose, che garanzia abbiamo che l’acqua resti un bene comune inalienabile? Riccardo Petrella, economista e accademico fondatore e Presidente dell’Agorà degli Abitanti della Terra durante la diretta facebook ha messo in guardia dalla cultura della privatizzazione dell’acqua, che è contro la logica dei diritti alla vita per favorire invece la corsa alla conquista dei mercati, provocando inevitabili ineguaglianze e ingiustizie.

Ormai non si parla più di diritti ma di accesso. Accesso alla salute, accesso all’acqua, accesso all’alloggio, all’educazione. È una formula che esprime un concetto puramente mercantile. L’accesso implica relazioni commerciali: c’è qualcuno che possiede o che produce e un altro che acquista. Anche nelle risoluzioni ONU ormai si parla di accesso equo a prezzo abbordabile, non di diritto.

L’acqua pubblica dunque è stata mercificata e monetizzata e questo processo ha portato a concedere alle banche di gestirne i profitti. Il mercato finanziario sin dagli anni 2000 ha così iniziato a investire nelle imprese attive nel campo dell’acqua finché lo scorso dicembre a Chicago è stata quotata in borsa. Di questo passo è difficile essere ottimisti e fare previsioni positive sul il diritto di tutti all’acqua, il bene comune per eccellenza.

Leggi anche Giornata mondiale dell’acqua: per riflettere sull’inestimabile valore dell’oro blu

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