Stretta sull’aborto in Arizona: pratica vietata anche nei casi di anomalie genetiche

USA: nuovi divieti sull’aborto in Arizona. Una stretta che nega la pratica anche nel momento in cui si dovessero verificare anomalie genetiche nel feto.

Naomi Di Roberto
Naomi Di Roberto
Naomi Di Roberto, classe 1996. Sono una giovane giornalista pubblicista abruzzese, scrivo di temi globali, scienza e geopolitica. Ho una laureata in Lettere, una Magistrale in Editoria e Giornalismo ed un Master in "Comunicazione della scienza/giornalismo scientifico". Nella vita inseguo senza sosta il mio sogno: scrivere.
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Nuovi divieti sull’aborto in Arizona, il governatore Doug Ducey ha infatti tramutato in legge il provvedimento che vieta l’aborto anche nei casi in cui si verificano anomalie genetiche nel feto. La nuova norma non permette inoltre la spedizione per posta di determinati medicinali, tra cui la pillola del giorno dopo, e prevede il carcere per i medici che eseguono la procedura. “C’è valore in ogni vita, a prescindere dalla genetica” afferma Ducey, “Continueremo a dare la priorità alla vita di coloro che non sono ancora nati. Questa legge protegge le vite umane”.

Secondo quanto dichiarato da TheGuardian, il disegno di legge sull’aborto, come originariamente scritto, conteneva anche una serie di altre disposizioni, una fra queste conferisce tutti i diritti civili ai bambini non nati. I democratici chiamano questa disposizione in particolare la personalitàun modo, insomma, per consentire accuse penali contro la donna che ha abortito. Tra le altre norme, anche quella di vietare transazioni di denaro statale verso organizzazioni che forniscono cure per l’aborto.

Una stretta probabilmente non così tanto inaspettata negli USA. Ricordiamo infatti che, oltre all’Arizona, ad avere leggi anti-aborto che si stanno inasprendo sono anche Mississippi, Missouri, Ohio e Kentucky.

Aborto in Arizona: una priorità assoluta 

Secondo quanto dichiarato da Elle, tramutare in legge  questo provvedimento era una delle priorità assolute per il gruppo conservatore Center for Arizona Policy. Cathi Herrod, sua Presidente, che regolarmente sostiene i progetti di legge contro l’aborto. La donna, così come i gruppi nazionali anti-aborto  degli USA (che insieme rappresentano una fetta sicuramente rilevante della popolazione), è rimasta soddisfatta circa quanto deciso per l’Arizona. 

I democratici stanno aspramente contestando l’azione del governatore e, tra i più accaniti oppositori, c’è Diego Espinoza di Tolleson, che ha scritto sul suo profilo Twitter:

“La decisione del governatore Ducey di firmare SB1457 non è pro-vita. È contro le famiglie, contro le donne e contro i dottori . Sono deluso nel vedere l’Arizona muoversi in questa direzione, ignorando i bisogni e i diritti di medici, donne e famiglie per portare avanti un programma politico estremo”.

Leggi anche: Argentina, sentenza storica: il Senato approva la legalizzazione dell’aborto

Vietato l’aborto in Arizona: ma negli altri Stati USA?

Aborto in Arizona
Immagine di IlFattoQuotidiano

A bilanciare la tendenza ad inasprire le leggi sull’aborto, ci sono stati come la California che, ad oggi, non solo ha reso legale la pratica ma ha reso obbligatorio il servizio farmacologico anche nelle università. Negli USA l’aborto resta legale a livello federale, eppure non c’è una legge unica che ne regoli modalità e circostanze in tutto il Paese, ogni Stato ha infatti le proprie norme. 

Per quanto riguarda l’Alabama, ad esempio, a maggio 2019 era stato approvato un disegno di legge che vietava l’aborto anche nei casi di stupro ed incesto. Secondo l’Istituto Guttmacher, nel 2014 il 93% delle contee dell’Alabama non aveva strutture mediche dove poter abortire. Ciò accade perché l’Alabama non include questa pratica tra le prestazioni mediche a cui possono accedere le persone che hanno un reddito basso.

La legge più stringete circa questa tematica ce l’ha l’Arkansas che vieta l’interruzione volontaria della gravidanza in ogni caso, unica eccezione salvare la vita della madre. Chi viola la legge rischia dieci anni di carcere ed una multa che può arrivare anche a 100mila dollari.

Ci sono casi poi come quelli della Georgia. Il giudice Myron H. Thompson della Corte distrettuale degli USA per il Middle District of Alabama, ha emesso un’ingiunzione preliminare che stoppa la legge approvata ad inizio 2019. Quest’ultima vietava l’aborto in tutte le fasi della gravidanza, senza eccezioni per stupro o incesto. 

In Kentucky, la legge “entro sei settimane” è stata temporaneamente sospesa. Questa proibiva l’aborto nei casi in cui fosse già stato sentito il battito cardiaco fetale (intorno alle sei settimane di gravidanza). A sospenderla il giudice David J. Hale, del distretto occidentale il quale che stabilito che la legge è “potenzialmente incostituzionale”.

Accesso all’aborto? Difficile, ma potrebbe arrivare una svolta

Aborto in Arizona
Immagine di PlannedParenthoodaction.org

Con la sentenza Roe v. Wade, nel 1973 la Corte Suprema Federale stabilisce che l’aborto è legale. Nonostante ciò, diversi politici ed attivisti ancoraggi cercano di ribaltare questo importante risultato, pressioni che sono aumentate durante la presidenza di Donald Trump. Quest’ultimo, infatti, aveva infatti nominato due giudici alla Corte Suprema dalle posizioni “anti-choice”. Con “anti-choice”, ricordiamo, ci si riferisce a tutti quei movimenti (attivisti e non) che hanno tentato di indebolire l’accesso ai servizi di aborto negli USA.

Amnesty dichiara che queste leggi sono altamente discriminatorie. 

“Le donne con basso reddito – le minorenni, quelle di colore, le migranti, le rifugiate – sono le più colpite dalle restrizioni sull’aborto poiché per loro è più difficile pagare, viaggiare o prendersi permessi dal lavoro. Le donne afroamericane hanno dalle tre alle quattro probabilità in più di morire durante la gravidanza o il parto rispetto alle donne bianche e questa vergognosa ineguaglianza sarà resa ancora più marcata dalle nuove leggi che rendono l’aborto più pericoloso”.

Da non dimenticare anche le persone Lgbt: le persone transgender, infatti, sono andati incontro quotidianamente a sempre più ostacoli nell’accesso ai servizi di salute riproduttiva dall’inizio della presidenze di Trump. Un’era, però, che si può dire terminata. Le cose potrebbero migliorare?

Aborto in Arizona, un caso o una tendenza?

Il Guttmacher Institute ha affermato che tra il 1 gennaio ed il 20 maggio 2019 sono state introdotte 378 restrizioni all’aborto in tutta la Nazione e che il 40% di esse aveva a che fare direttamente con il divieto di aborto: “Non è raro vedere centinaia di restrizioni sull’aborto introdotte ogni anno, ma questa proporzione elevata di divieti proposti non ha precedenti e segnala un sostanziale cambiamento di tattica a livello statale” si legge nel report.

“Che si tratti di divieti a 20, 18, 12 o 6 settimane, o di un divieto totale come il disegno di legge approvato in Alabama, tutti questi percorsi portano allo stesso obiettivo:arrivare a uno scontro legale presso la Corte Suprema degli Stati Uniti per annullare il diritto all’aborto”.

Ad oggi, si aggiunge anche l’Arizona.

Sempre secondo il Guttmacher Institute, con conteggi che risalgono al 29 aprile 2021, da gennaio sono state introdotte circa 536 restrizioni all’aborto, inclusi 146 divieti di aborto, in ben 46 Stati. Ben 61 di queste restrizioni sono state emanate in 13 Stati, inclusi 8 divieti. L’89% delle 61 restrizioni varate solo in quest’anno, si sono verificate in Stati in realtà già considerati ostili al diritto in questione. Le restrizioni all’aborto del 2021 si basano in gran parte su quelle precedenti, poiché ogni restrizione aggiuntiva aumenta le barriere logistiche, finanziarie e legali dei pazienti all’assistenza, specialmente dove interi gruppi di stati sono ostili all’aborto. Un’altra tendenza allarmante, secondo quanto dichiarato dalla fonte sopra citata, è anche la continua attenzione degli Stati alla limitazione dell’aborto farmacologico. Quattro nuove restrizioni nel Montana, tre nell’Indiana e un’altra, appunto, in Arizona.

Leggi anche: A Malta l’aborto è ancora illegale: ecco la legge più restrittiva d’Europa

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