I 90 anni di Umberto Eco: tutto quello che ci ha lasciato il padre della semiotica

Scomparso a Milano nel 2016, il più grande scrittore della nostra epoca ci ha regalato riflessioni e insegnamenti secolari. L'attualità del suo pensiero si riflette nelle problematiche odierne. Che cosa abbiamo imparato dai suoi scritti?

Melissa Matiddi
Melissa Matiddi
Esperta in comunicazione e digital marketing, studia lo yoga e le discipline orientali. Ama creare, leggere e viaggiare. Silenziosa ma rumorosa, è sempre pronta a varcare nuovi orizzonti.
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Lo scorso 5 gennaio 2022 Umberto Eco avrebbe compiuto 90 anni.

Saggista, accademico, semiologo, romanziere e traduttore fu il massimo pioniere di numerose discipline: dalla semiotica alla fumettistica, all’esportazione della letteratura americana.

Con uno sguardo critico e acuto, lo scrittore, dalla personalità brillante e poliedrica, ci ha educati, istruiti e trascinati nelle più argute illustrazioni, in cui fondeva modernità e tradizione. Il vuoto lasciato dal padrino della semiotica è immenso. Ciò che più manca è la luce che proiettava su ogni aspetto conosciuto e non.

Generatore di commenti costruttivi e a volte anche irriverenti, penetrava in fondo ai tessuti delle cose scoperchiandone i nervi per mostrarne il loro reale aspetto alla società.

Ma quindi dopo tutto, cosa abbiamo imparato?

Per i 90 anni di Umberto Eco proponiamo una lettura in chiave attuale delle sue argomentazioni principali.

Umberto Eco: il complotto “coviddiano”

Le riflessioni di Eco intorno al mito del complotto possono aiutarci a comprendere meglio le motivazioni di rifiuto o di accettazione rispetto allo scenario pandemico in cui ci troviamo.

Il divario secolare tra pro-vax e no-vax si proietta alla perfezione in una tendenza antica che continua a influenzare e a consumare il mondo contemporaneo.

Come ricorda il filosofo Karl Popper ne “La società aperta e i suoi nemici”, l’ossessione per il complotto, tema molto caro a Eco, esiste da sempre, ed è nata con l’essere umano. Le storie alla base del complottismo sono sempre le medesime, seguono tutte lo stesso schema. La costante è che tutte le cose non sono mai come vengono raccontate realmente nelle descrizioni ufficiali. L’idea comune è che esista un’élite in grado di controllare tutti gli strati sociali del pianeta.

Il punto focale è che la psicologia della congiura nasce dal bisogno di trovare spiegazioni logiche e razionali per alcuni eventi che non ci convincono, anzi, ci preoccupano e destano in noi difficoltà di accettazione. Per tornare alle problematiche attuali, i no-vax, i fondatori per eccellenza della cospirazione ardita, stanno continuando, nonostante i danni provocati dalla pandemia, a portare avanti le loro tesi, perché?

Dentro al mito del complotto

L’assunto di base, come sosteneva Eco, è che ci sia sempre un non-detto, qualcosa di nascosto, un segreto che non deve essere rivelato e che va a tutti i costi smascherato.

Nel caso del Covid, i complottisti hanno iniziato a confondere e a mischiare i dati reali con presunti accadimenti, per arrivare a bucare la coscienza comune e per creare un’esasperazione di massa.

Tutti ricorderemo il video diffuso durante il primissimo lockdown che sosteneva una forte correlazione tra il batterio del Covid e un ipotetico incidente bio-chimico avvenuto nel laboratorio operativo di Wuhan. In questo caso, il punto di non ritorno è rappresentato dalle reazioni estreme causate dalle suggestioni postume che hanno portato le persone a credere che il vaccino fosse in realtà un siero sperimentale utilizzato per testare le capacità evolutive degli individui. La diretta conseguenza di questa convinzione ha condotto gli individui a iniettarsi autonomamente dosi massicce di igienizzante per sostituire la funzione del vaccino.

I sostenitori delle congiure, proprio come sosteneva il noto scrittore, creano una realtà parallela in cui le sorti dell’umanità sarebbero controllate dai potenti.

L’elemento in comune in tutti i complotti è l’individuazione della figura del nemico, percepito come unico responsabile.

In questo clima, le parole di Eco risuonano più attuali che mai. Ci troviamo in un mondo ancora intrappolato, come negli anni 70, dagli artigli di un “virus” che lentamente si insinua nella mente dei soggetti illudendoli e paralizzandoli con delle convinzioni a dir poco surreali.

Libertà artistica versus censura politica

Nonostante i 90 anni di Umberto Eco, le sue tematiche si scagliano ancora pungenti sulle nostre vite. Secondo lo scrittore, la società contemporanea vede l’artista come una “star”, gli perdona apparentemente tutto e gli permette di esercitare una grande influenza sul pubblico, a patto che lui, però, non ficchi il naso nella gestione della sfera politica.

Questo significa che al “divo” non è permesso parlare di argomenti diversi dal suo.

In un articolo che fece molto scalpore intitolato “La bistecca e la politica”, Eco difendeva apertamente un noto musicista dell’epoca, un tale Maurizio Pollini, che prima di iniziare il suo spettacolo, lesse un foglio in cui denunciava i bombardamenti americani in Vietnam.

Malgrado il nobile gesto, all’artista non fu permesso di esibirsi e l’indomani venne ricoperto di insulti.

A pensarci bene, la questione non fu tanto diversa da quella che coinvolse il famoso rapper milanese Fedez.

Durante il concerto del primo maggio, il cantante decise di aprire la sua performance con un intervento inaspettato, in cui oltre a lodare e all’augurare una buona festa a tutti i lavoratori, polemizzò sull’ostruzionismo da parte della Lega e sugli antiabortisti del Ddl Zan, la legge contro l’omontransfobia.

Come diretta conseguenza, l’emittente televisiva della Rai prese subito le distanze da quella posizione.

È evidente in questo e in tutti gli altri casi, come sia avvenuta, da parte dell’opinione pubblica, una sorta di scissione della libertà di espressione. All’artista viene dato un palco, gli vengono concessi degli spettatori ma gli viene negato di riferirsi agli stessi con toni polemici e critici rispetto alla condizione politica attuale. Secondo Eco, gli artisti hanno il dovere di collegare la loro arte con il mondo. La società in un certo senso è colpevole di castrare gli intenti degli artisti.

Una nuova interpretazione del mondo

Umberto Eco sviluppa un processo interpretativo della verità, in cui la realtà non è mai unica e sola ma si struttura sulla base di un continuo e progressivo meccanismo.

Definisce “contenuto nucleare” l’insieme delle diverse esperienze riferite ad uno specifico oggetto. Il significato quindi è dato dalle situazioni che hanno determinato la nostra vita.

Il semiologo applica questa teoria non solo alla letteratura ma anche al mondo in generale, attribuendo al soggetto e al lettore un ruolo attivo.

In che modo chi legge può diventare il creatore della storia?

Il lettore è chiamato a collaborare allo sviluppo della storia anticipandone gli aspetti successivi. Tale anticipazione costituisce una parte del racconto mancante che dovrebbe corrispondere a quella che sta per leggere. Proseguendo nel testo, si renderà conto se il contenuto ha confermato o no la sua previsione. Nel fare queste ipotesi, il lettore assume un atteggiamento propositivo: crede, spera e desidera il modo in cui andranno le cose. Così facendo è possibile configurare un possibile svolgimento degli eventi che renderebbe un soggetto pienamente attivo.

Siamo davvero gli imbecilli del web?

Nel giugno del 2015 Umberto Eco scatenò l’ira dei social con una affermazione ritenuta arrogante e fuori luogo. Durante una lezione tenuta all’Università di Torino dichiarò:

I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli.

Le reazioni avvenute subito dopo, secondo Eco, erano sinonimo di quella stessa imbecillità considerata come la condizione umana in cui si offrono continue esternazioni della realtà rispetto ad argomenti che non ci appartengono.

Lo scrittore riteneva gli imbecilli del web pericolosi molto più dei ladri. Per individuarli consigliava di osservare attentamente non solo l’aspetto fisico ma anche la postura, gli atteggiamenti e i tic.

L’imbecillità ha un sistema di difesa, ad un certo punto infatti si creerà uno scetticismo che ostacolerà, secondo Eco, la diffusione delle fake news. Lo scemo non trionfa per forza propria ma per la debolezza del villaggio.

I 90 anni di Umberto Eco ci riportano anche ad affrontare il dibattito sui social network. Per il celebre romanziere, sono considerati come la rovina della società moderna. Intere generazioni sono finite vittime dei social. Assistiamo sempre di più ad un inesorabile declino del dialogo. In ogni momento della giornata non facciamo altro che stare con gli occhi incollati sui nostri smartphone. Lanciare una vera e propria invettiva contro i social significa per l’autore garantire alle future generazioni un’esistenza libera e vera.

Eco, cinque anni fa, sosteneva che le persone non sapevano più distinguere il reale dal virtuale. I meccanismi che regolano l’attività digitale autorizzano l’individuo a raccontare qualunque aspetto di sé e a credere che tutto quello che passa per il web sia reale.

Oggi a causa della pandemia, la salute mentale dei nostri ragazzi è stata messa da parte, è stato ceduto il posto alla Dad.

La famosa didattica a distanza ha completamente azzerato la sensibilità degli studenti che si sono ritrovati a dover prendere parte ad un esperimento sociale e educativo che li ha costretti a rimanere incollati agli schermi dei loro pc per giornate intere. L’effetto collaterale di questo atteggiamento, come aveva già previsto Eco, è che i bambini non riescono più distingue ciò che sia reale da ciò che non lo è. A causa dei provvedimenti per contrastare il covid, i ragazzini hanno dovuto fare i conti con la digitalizzazione delle loro emozioni.

Eco suggeriva, in tempi non sospetti, che la soluzione a questo disorientamento sociale risiedesse nella scuola e nella famiglia, in quanto agenzie educative si adoperano per ricreare i rapporti umani che generano verità tra le persone.

Leggi anche: Vaccino Covid e fake news: alle bufale risponde l’Istituto Superiore di Sanità

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