Centrale nucleare di Zaporizhzhia: perché preoccupa e cosa potrebbe accadere

Zaporizhzhia preoccupa la comunità internazionale che ha inviato degli ispettori. Vediamo cosa pensano gli esperti riguardo alle possibili ripercussioni, in caso di danneggiamenti alla centrale nucleare.

Michela Sacchetti
Michela Sacchetti
Intuitiva, con un occhio attento alla realtà e alla sua evoluzione, attraverso una lente di irrinunciabile positività. Vede sempre nella difficoltà un’occasione preziosa per migliorarsi da cogliere con entusiasmo.
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Sulla centrale nucleare di Zaporizhzhia pare che scienziati ed esperti abbiano pareri discordanti ma la situazione sta destando preoccupazione nella comunità internazionale tanto da inviare gli ispettori IAEA, l’agenzia ONU per l’energia atomica, ad ispezionare.

Purtroppo essendo un territorio occupato dai russi, avranno a disposizione solo una giornata per effettuare i controlli. Rafael Grossi, il direttore dell’Aiea che guida la missione, ha fatto sapere di essere a conoscenza dell’aumento dell’attività militare nell’area, ma ha assicurato che ciò non li ostacolerà nel visitare la struttura e incontrare il personale.

Ricordiamo che Zaporizhzhia ospita il più grande impianto atomico d’Europa e il quinto nel mondo, quindi non si possono immaginare il disastro che provocherebbe un danno alla centrale.

La centrale di Zaporizhzhia, dove si trova e qual è la situazione

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La centrale nucleare di Zaporizhzhia si trova nella regione omonima, nei pressi della città di Enerhodar lungo le sponde del Dnipro ed è sotto il controllo dei militari russi. Il capoluogo invece, che si trova a una distanza di 120 km, è ancora in mano agli ucraini.

Dall’inizio della guerra, il 4 marzo scorso, i combattimenti non si sono mai fermati, anzi nelle ultime settimane si sono intensificati. Nonostante il direttore generale dello IAEA, Rafael Grossi, abbia più volte avvertito del pericolo che destano i bombardamenti nei pressi dell’impianto, la situazione non è migliorata.

Da una parte ci sono i russi che accusano gli ucraini di bombardare la centrale e di incolpare gli stessi russi e dall’altra parte l’Ucraina sostiene che la Russia si stia trincerando con mezzi militari pesanti e utilizzi l’impianto come scudo di difesa e per lanciare attacchi di artiglieria.

La centrale è così strutturata: vi sono sei reattori VVER ad acqua pressurizzata che contengono Uranio 235 e gli edifici che li contengono sono protetti da dieci metri di cemento, progettati per resistere a vari cataclismi naturali ma non ad eventi bellici così ravvicinati. D’altronde si tratta della prima volta che una guerra si consuma in un territorio caratterizzato dalla presenza di centrali nucleari e non è facile gestire questa situazione verso cui ci si trova del tutto impreparati.

Zaporizhzhia: cosa dicono gli esperti

Cosa dovremmo aspettarci se i bombardamenti colpissero la centrale di Zaporizhzhia e nello specifico i suoi reattori. Al riguardo gli scienziati hanno espresso pareri discordanti.

Mark Wenman, insegnante di Materiali Nucleari all’Imperial College di Londra, ad esempio ritiene che il materiale radioattivo sia ben protetto e che gli edifici reggerebbero ad eventuali bombardamenti. Mentre per il Prof. Leon Cizelj, presidente della European Nuclear Society, i reattori, a differenza di quelli di Chernobyl, non possono esplodere.

Invece secondo James Acton, direttore del Programma di politica nucleare presso il Carnegie Endowment for International Peace, il problema sarebbe in caso di raffreddamento del sistema, proprio come avvenne a Fukushima provocando in quel caso un rilascio di elementi radioattivi nell’Oceano Pacifico e per fortuna non nella terra ferma.

L’Ispettorato Nazionale per la Sicurezza Nucleare (ISIN), l’autorità che in rappresentanza dell’Italia partecipa alle attività dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (IAEA), in una nota dello scorso 11 agosto aveva spiegato che eventuali danni potevano provocare gravi conseguenze per il danneggiamento del nocciolo del reattore con rilascio di radioattività nell’ambiente.

In tal caso sarebbe necessaria un’evacuazione di massa che già in condizioni normali risulta difficile figuriamoci in una situazione complessa come un conflitto bellico.

Leggi anche: Chi è Alexander Dugin, filosofo di Putin la cui figlia è morta in un attentato

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