Stretta sugli aborti in Cina per evitare calo della natalità. Cosa succede nel resto del mondo?

Stretta sugli aborti in Cina per contrastare il disastroso calo demografico delle nascite. Pechino ha deciso di limitare gli aborti per motivi "non terapeutici". Qual è la situazione nel resto del mondo?

Melissa Matiddi
Melissa Matiddi
Esperta in comunicazione e digital marketing, studia lo yoga e le discipline orientali. Ama creare, leggere e viaggiare. Silenziosa ma rumorosa, è sempre pronta a varcare nuovi orizzonti.
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Stretta sugli aborti in Cina: il paese della politica “del figlio unico” cambia direzione. Nella giornata di lunedì 27 settembre, il consiglio di Stato cinese ha reso nota la nuova mossa politica: limitare l’aborto per motivi non terapeutici, per combattere il calo demografico delle nascite e migliorare la salute riproduttiva delle donne.

Ha deciso, infatti di ridurre il numero di aborti effettuati per scopi non medici, con l’obiettivo di incentivare le famiglie ad avere più figli.

Negli ultimi anni abbiamo assistito, da parte della Repubblica Popolare Cinese, ad una continua inversione di rotta causata da un periodo di cambiamento sociale, culturale e tecnologico caratterizzato da un sempre più rapido processo di invecchiamento. Nonostante sia il paese più densamente popolato, i suoi tassi di natalità rimangono tra i più bassi al mondo. I dati dimostrano che le nascite sono diminuite nel 2020 di quasi 2 milioni. Si teme che questa scelta sia nata con il solo scopo di soddisfare gli interessi di un paese, la cui preoccupazione è rivolta solo allo sviluppo e all’egemonia economica.

Questo governo negli ultimi 40 anni ha cercato di limitare i diritti riproduttivi delle donne, prima costringendole ad abortire con la forza, ora limitando gli aborti. Non so cosa significhi aborto per ragioni non terapeutiche ma tutti quelli che conoscono il governo sanno che non sarà qualcosa di buono.

Ha dichiarato Yaqiu Wang, ricercatrice per Human Rights Watch.

Stretta sugli aborti in Cina: la crisi del tasso di natalità

Stretta sugli aborti in Cina: la crisi del tasso di natalità

Stretta sugli aborti in Cina. Nel corso degli ultimi mesi ci sono stati diversi dibattiti sul tema: alcuni Paesi hanno aumentato le loro imposizioni per negare questo diritto, altri, invece hanno sostituito le chiusure con le aperture.

La mossa attuata dal governo cinese, sulla riduzione degli aborti “non terapeutici ”non stupisce più di tanto. Secondo Pechino, questa nuova formula mira a migliorare la salute riproduttiva delle donne, al fine di incoraggiarle nel fare più figli. In che modo? Non è chiaro infatti cosa intenda il governo con il significato di “non terapeutico”.

Ad ogni modo questa decisione è stata presa in un clima di timore generale dovuto al calo del tasso di natalità. Nel corso della storia, la Cina ha sempre cercato di prendere provvedimenti simili contro le interruzioni volontarie di gravidanza. Solo nel 2018, la provincia di Jiangxi aveva stabilito che le donne incinte da più di 14 settimane, per poter abortire, dovevano aver ricevuto l’approvazione da parte di ben tre medici che avrebbero dovuto confermare la necessità di praticare l’aborto. Per di più, le autorità cinesi continuano a diffondere una cattiva propaganda verso le interruzioni di gravidanza, ritenendole dannose per la salute delle donne che rischierebbero l’infertilità.

L’aborto è sempre stato uno strumento politico degli stati, che volevano seguire i loro interessi. Le donne erano solo uno strumento per aderire a questi ultimi. Un esempio di questo è la prima legge contro l’aborto dello stato promulgata da Napoleone, perché a quell’epoca aveva bisogno di tanti soldati e puniva quindi le donne che abortivano. Quando da noi è stata abolita la pena contro l’aborto è successo perché gli eserciti non necessitavano più di soldati

Cosa si nasconde dietro alla stretta sugli aborti in Cina?

Per gli analisti e gli esperti a spingere il colosso asiatico verso questa decisione, ci sarebbe una grande preoccupazione legata all’andamento demografico del paese. Questo timore ha obbligato il governo cinese a modificare l’assetto ideologico e politico del paese.

Inizialmente aveva varato la rinuncia alla politica del figlio unico che avrebbe causato 400 milioni di aborti in 30 anni, poi l’eliminazione del vincolo dei due figli a coppia, fino ad oggi il cui numero consentito è tre.

Il fattore chiave dello sviluppo cinese è la disponibilità di manodopera ma come riporta l’Ispi, l’Istituto di politica per gli studi internazionali “la popolazione cinese in età lavorativa potrebbe diminuire di 170-260 milioni”. Quello degli aborti resta un problema drammatico per il tessuto sociale cinese: secondo i dati della National Health Commission, tra il 2014 e il 2018 si sono registrati una media di 9,7 milioni di aborti all’anno, in aumento di circa il 51% rispetto alla media del periodo 2009-2013.

Stretta sugli aborti in Cina: la situazione nel resto del mondo

Stretta sugli aborti in Cina, qual è la situazione nel resto del mondo? In Texas è stata approvata una nuova legge contro l’aborto promulgata questo settembre dai repubblicani che impedisce l’interruzione intorno alle sei settimane di vita, quando sarebbe possibile ascoltare il battito del feto. La legge texana vieta l’aborto anche in caso di stupro a differenza di quella polacca che lo rende legittimo. Per di più, autorizza i privati cittadini a denunciare i casi di aborto di cui sono a conoscenza, per punire a tutti gli effetti quello che viene considerato un reato.

Il governatore del Texas ha deciso di rendere più dolorosa la pena: restrizione dei medicinali che inducono l’aborto da 10 a 7 settimane. Sono stati tanti i paesi degli Stati Uniti che stanno imitando il modello texano: Kentucky, Mississippi, Ohio e Georgia e poi Alabama, Missouri e Louisiana.

L’amministrazione Biden ha deciso di far causa al Texas per la legge sull’aborto. Il Dipartimento di giustizia ha sottolineato che la legge “interferisce illegalmente con gli assunti federali”.

In Italia, invece è di pochi giorni fa la notizia che a San Marino, un referendum storico ha sancito la depenalizzazione dell’aborto con 77,28% di voti favorevoli. Un risultato storico per la Repubblica che conserva una tradizione fortemente cattolica.

Lo stesso percorso è stato intrapreso dal Messico, dove una sentenza della Corte Suprema ha decretato la piena depenalizzazione dell’aborto, è stato approvato all’unanimità.

Infine, nella penisola iberica, il governo spagnolo di Pedro Sánchez ha annunciato che entro dicembre sarà pronta una riforma sull’aborto che intende bilanciare la posizione degli obiettori di coscienza nella sanità pubblica. Il governo vuole eliminare anche il consenso dei genitori per le giovani di 16 e 17 anni.

Leggi anche: Stretta sull’aborto in Arizona: pratica vietata anche nei casi di anomalie genetiche

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