Riforma Ordine Giornalisti: addio ai Pubblicisti e laurea obbligatoria

Martina Mugnaini
Martina Mugnaini
Martina Mugnaini. Classe 1991. Nata e vissuta a Roma, ha un forte legame con le sue origini fiorentine. Laureata in Filologia Moderna alla Sapienza e giornalista, ama scrivere di tutto quello che riguarda l’arte, la letteratura, il teatro e la cultura digitale. Da anni lavora nel campo della comunicazione e del web writing interessandosi di tutto ciò che riguarda l'innovazione. Bibliofila e compratrice compulsiva di libri di qualunque genere, meglio se antichi: d'altronde “I libri sono riserve di grano da ammassare per l’inverno dello spirito” e se lo dice la Yourcenar sarà vero.
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Di riforma dell’Ordine dei Giornalisti si parla ormai da molti anni. E come sempre quando si ha a che fare con una realtà così articolata e complessa accontentare tutti è impossibile. Giornalisti e aspiranti tali attendevano da tempo questo cambiamento e si è parlato molte volte anche di una abolizione dell’Ordine stesso. Ora questa proposta è arrivata e promette cambiamenti decisamente radicali su cui forse non tutti saremo d’accordo. Le Linee guida di riforma dell’Ordine dei giornalisti sono state approvate a larga maggioranza dal Consiglio nazionale il 16 ottobre scorso e sono state presentate in una conferenza stampa mercoledì 17 ottobre nella sede del Cnog, in via Sommacampagna a Roma.

C’era davvero bisogno di una riforma?

La risposta è sì. Negli ultimi anni, complice soprattutto l’avvento di Internet e dell’informazione in tempo reale, il ruolo del giornalista è radicalmente cambiato, e lo fa ogni giorno di più. Da anni ormai sentiamo parlare della crisi della carta stampata: sempre meno persone leggono il giornale, preferiscono tenersi informati utilizzando gli infiniti canali messi a disposizione da Internet. Le testate giornalistiche si sono dovute adeguare rapidamente per non scomparire: accanto ai grandi nomi sono comparse piccole realtà Web che crescendo hanno raggiunto, e a volte superato, le concorrenti storiche. Quindi cambia l’approccio, la mentalità e la comunicazione stessa: la figura del giornalista si è evoluta, si è adattata alle nuove richieste del mercato dell’informazione digitale. Con questi presupposti è chiaro che un sistema come quello dell’Ordine dei Giornalisti, pensato e strutturato in un momento che sembra quasi preistoria, non è più in grado così com’è di rispondere alle esigenze della categoria. “Non siamo venuti qui per difendere l’Ordine dall’abolizione” spiega Carlo Verna, presidente Cnog “Abbiamo preso l’impegno con i colleghi per definire una proposta di riforma e di rilancio della funzione del giornalista tenendo conto che l’Ordine dei Giornalisti avrebbe dovuto forse già prima, mettere in campo una proposta di riforma dell’accesso, ed è quello che abbiamo fatto. Abbiamo messo sugli scudi la funzione che noi svolgiamo, quindi il diritto del cittadino a essere correttamente informato. E per questo, per dare anche all’esterno il senso della novità e del cambio di prospettiva, abbiamo scelto di cambiare la denominazione da Ordine dei Giornalisti a Ordine del Giornalismo”. Leggi anche: Copyright: approvata nuova direttiva europea. È la fine di internet? Lo scopo primario primario è quindi quello di garantire il diritto all’informazione: molto anche si è dibatutto in questa conferenza in merito alle istanze abrogazioniste e di azzeramento dei fondi all’editoria del Movimento 5 Stelle. Come spiega ancora il presidente Carlo Verna, questa proposta sarebbe disastrosa “soprattutto per la piccola editoria e questo è qualcosa di veramente letale per il pluralismo e per la libera informazione, perché è del tutto evidente che togliere all’improvviso un supporto, importante ma motivato con la funzione sociale che viene svolta, significa far crollare e far finire delle esperienze che non sono soltanto delle occasioni di lavoro per i giornalisti”. Queste nuove Linee guida sono state approvate con 43 voti favorevoli, 5 contrari e 4 astensioni e sono state già inviate al Dipartimento per l’Editoria della Presidenza del Consiglio. Per diventare legge, dovranno essere discusse e votate in Parlamento in un clima decisamente carico di tensione dopo l’affaire Casalino e le già nominate minacce di abolizione dell’Ordine da parte del Movimento 5 Stelle. Ma cosa prevede esattamente questa Riforma? E come si diventerà giornalisti? Vediamo insieme i punti principali.

Un momento della conferenza. Nella foto, al centro il presidente Cnog Carlo Verna e il presidente Fnsi, Beppe Giulietti
Un momento della conferenza con il presidente Cnog Carlo Verna e il presidente Fnsi, Beppe Giulietti.

Un nuovo nome per un nuovo accesso alla professione

Il primo cambiamento che i gli iscritti all’Ordine dovranno affrontare sarà il cambiamento del nome che diventerà Ordine del Giornalismo. Per esercitare la professione resterà obbligatoria l’iscrizione all’Ordine, che ha il compito di assicurare la tutela dell’esercizio della professione e il rispetto dei principi deontologici. All’albo si potrà accedere ancora superando un esame di idoneità, al termine di un percorso formativo. Alcune delle novità più rilevanti si concentrano proprio intorno alla natura di questo percorso formativo.

Vuoi fare il giornalista? Prima ti devi laureare

La laurea diventerà un requisito fondamentale per diventare giornalisti, fino ad oggi era invece possibile accedere all’esame professionale senza alcun titolo di studio. “I luoghi di lavoro – ha spiegato ancora Verna – sono stati delle grandi navi scuola, soprattutto quando la legge è stata promulgata 55 anni fa nel 1963. Oggi i luoghi di formazione non ci sono più, le esperienze dei master sono esperienze positive, ma se concorrono con la possibilità di dare un tesserino, di riconoscere uno status, in cambio di un lavoro che molto spesso è sfruttato, non funziona. Già lo scorso anno nella conferenza stampa di fine anno con l’allora premier Paolo Gentiloni, dissi: “Mi rifiuto di continuare a validare un sistema basato sullo sfruttamento”. Tutto questo con lo scopo di abbattere “le barriere dell’accesso, anche sociali”: ma ne siamo sicuri? Far diventare la laurea in qualunque disciplina una conditio sine qua non, non è garanzia di una preparazione più specifica, anzi. L’università italiana, così come è strutturata al momento, è lontana anni luce dalla realtà del mondo lavorativo, ancora di più da quella del giornalismo digitale. Rendere questo titolo di studio obbligatorio, invece che abbattere le barriere, potrebbe innalzarne altre senza portare ad un vero miglioramento per la categoria. Senza contare la problematica economica che la frequenza di un corso si laurea e successivamente di un master inevitabilmente solleva. Quindi per poter entrare a far parte dell’Ordine dei Giornalisti ci sono diversi step formativi che bisognerà obbligatoriamente percorrere:

  1. Una laurea di primo livello conseguita in uno dei Paesi dell’Unione Europea in qualsiasi disciplina. Scompare completamente l’obbligo del praticantato giornalistico di diciotto mesi, dato che ormai è diventato quasi impossibile essere assunti da una testata. Deve seguire invece un periodo di pratica da svolgere all’interno di un corso universitario annuale.
  2. Un master di giornalismo post laurea già riconosciuto dall’Ordine.
  3. Superare l’esame di idoneità professionale.

Albo unico per pubblicisti e professionisti: cosa succede ora a tutti i giornalisti che lavorano in altri settori?

Ma ci sono altre novità all’orizzonte: entro due anni dall’entrata in vigore della legge, sarà valutata la possibilità di eliminare l’elenco pubblicisti facendolo confluire in un Albo Unico. Se questa eventualità dovesse avversarsi:

  1. Entro tre mesi dalla deliberazione del Consiglio saranno trasferiti automaticamente nel nuovo Albo tutti i giornalisti professionisti.
  2. Potranno accedere all’esame di idoneità tutti i pubblicisti dopo aver frequentato un corso di formazione specifico di 6 mesi che l’Ordine organizzerà almeno una volta l’anno in accordo con le Università. Anche i pubblicisti che hanno ottenuto il tesserino senza conseguire una laurea potranno accedere all’esame.
  3. La richiesta di passaggio all’Albo unico dovrà essere fatta entro 5 anni dalla delibera del Consiglio.

L’Albo Unico pone problemi seri a tutti coloro che, essendo giornalisti pubblicisti non hanno l’obbligo dell’esclusività professionale e non sono quindi obbligati a lavorare solo in questo settore. Se dovesse entrare in vigore questa legge, proprio per risolvere tali problematiche, sarà previsto il superamento dell’esclusività professionale: gli iscritti potranno svolgere anche altre attività purché non in conflitto di interessi con la professione giornalistica. Questo è un passaggio fondamentale da non sottovalutare: attraverso una modifica del Testo Unico dei doveri del giornalista, che di fatto regolamenta l’attività degli iscritti all’Albo dei Professionisti, si supererà questo vincolo che ha spinto molti giornalisti a non intraprendere il percorso da professionista . Quindi con l’entrata in vigore della riforma, il giornalista potrà svolgere anche altre attività professionali come iniziative pubblicitarie e commerciali. Per tutti quelli che stanno svolgendo o hanno svolto il periodo di 18 mesi di praticantato nel momento di entrata in vigore della riforma, sarà garantito l’accesso all’esame di idoneità.

Cosa succede ai pubblicisti che vogliono rimanere tali?

Fino a quando i nuovi percorsi di accesso all’Albo non saranno definiti si potrà ancora chiedere l’iscrizione all’Elenco Pubblicisti: “È una sorta di foglio rosa – ha spiegato il presidente Verna – per l’accesso all’elenco dei pubblicisti che sopravviverà in questa fase transitoria anche per catalizzare tutte quelle esperienze professionali che si stanno formando nei cosiddetti nuovi media. Però con un giro di vite molto forte che preveda non solo una dichiarazione all’inizio della pratica, ma anche la obbligatorietà del contributo previdenziale per chi inizia questo genere di collaborazioni perché si tratta di attività di lavoro a tutti gli effetti. Ogni sei mesi prova delle retribuzioni avvenute e un colloquio finale su temi deontologici”. Anche per gli aspiranti pubblicisti la proposta di riforma prevede il requisito della laurea di primo livello. Chi invece intende rimanere un giornalista pubblicista potrà farlo: l’elenco pubblicisti continuerà a coesistere fino al suo naturale esaurimento con l’Elenco Unico, ma non sarà più aperto a nuove iscrizioni. Insomma una riforma per adattare la professione del giornalista a questo nuovo “mondo liquido”, come direbbe Bauman. Ma siamo sicuri che il modo migliore per farlo sia creare più vincoli da rispettare? In una società sempre in divenire dove per poter sopravvivere è fondamentale sapersi muovere tra i più disparati settori, anche burocraticamente, forse rendere più rigida l’iscrizione all’Ordine dei Giornalisti, creando un Albo Unico più vincolante non è la soluzione migliore per essere al passo con i tempi. Leggi anche: Rivoluzione nel giornalismo: la notizia non raggiunge tutti ma solo chi è interessato   di Martina Mugnaini

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