Reddito di cittadinanza, slitterà a giugno 2019 ma i conti non tornano

Martina Mugnaini
Martina Mugnaini
Martina Mugnaini. Classe 1991. Nata e vissuta a Roma, ha un forte legame con le sue origini fiorentine. Laureata in Filologia Moderna alla Sapienza e giornalista, ama scrivere di tutto quello che riguarda l’arte, la letteratura, il teatro e la cultura digitale. Da anni lavora nel campo della comunicazione e del web writing interessandosi di tutto ciò che riguarda l'innovazione. Bibliofila e compratrice compulsiva di libri di qualunque genere, meglio se antichi: d'altronde “I libri sono riserve di grano da ammassare per l’inverno dello spirito” e se lo dice la Yourcenar sarà vero.
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Reddito di cittadinanza sì, reddito di cittadinanza no… In questi ultimi mesi tutto è stato già detto sulla manovra: è la più discussa degli ultimi anni. Dalle perplessità sull’efficacia effettiva di questo provvedimento all’impatto sociale fino alle traballanti coperture finanziarie. Il Reddito ci cittadinanza è la proposta che è stata il cavallo di battaglia del Movimento 5 Stelle, il suo simbolo e una delle priorità declamate dell’agenda di questo governo. Ma a che punto siamo veramente? Cerchiamo di fare chiarezza. A settembre 2018 il reddito di cittadinanza è entrato ufficialmente nella nota di aggiornamento del Def, il Documento di economia e finanza. Questo tanto citato documento altro non è che lo strumento fondamentale di programmazione economica del governo: qui vengono inseriti gli obiettivi di politica economica del paese, le stime sull’andamento delle finanze pubbliche e le coperture per le riforme che l’esecutivo intende attuare.

La storia della misura che Grillo chiamò “Fiamma della dignità”

Fiamma della dignità”, così fu definita la misura da Beppe Grillo. Ma i cambiamenti che ha subito l’hanno resa oggi una riforma più debole di quella che era l’idea iniziale e ora rischia di essere ulteriormente limitata durante la trattativa con Bruxelles.

Nella legislatura passata, i 5 Stelle presentarono una proposta di legge che già indicava un sussidio fino a 780 euro al mese per tutti i cittadini che non arrivavano a questo reddito, prevedendone un costo annuo di quasi 17 miliardi all’anno: tenete bene a mente questa cifra. In fase di campagna elettorale Luigi di Maio ne ha fatto il suo vessillo precisando che il sussidio sarebbe andato a 9 milioni di poveri e che una famiglia di 4 persone sarebbe arrivata a percepire anche 1.950 euro al mese. Fin qui tutto chiaro. Peccato che con il disegno di legge di Bilancio è stato stanziato solo un fondo di 9 miliardi, rinviando a provvedimenti particolari e dettagliati la realizzazione della misura, provvedimenti che però il governo non ha preso per ora. Va sottolineato che di questo fondo da 9 miliardi fanno parte gli oltre 2 miliardi già stanziati dal governo Gentiloni per il REI, il reddito di inclusione.

La somma perciò è stata dimezzata rispetto ai 17 miliardi del progetto iniziale: infatti il Governo ora parla di 5-6 milioni di beneficiari non più di 9. I conti, però, non tornano in ogni caso. Facciamo qualche rapido calcolo: prendiamo i quasi 8 miliardi destinati al reddito di cittadinanza e dividiamoli per i 5 milioni di persone in condizioni di povertà assoluta secondo l’Istat. Otteniamo così circa di 1.600 euro all’anno, cioè 133 euro al mese per 12 mesi. Anche se riducessimo l’arco temporale a 9 mesi invece di 12, arriviamo al massimo a 177 euro al mese.

Ma i tempi si dilatano e non si partirà ad aprile

Forse dobbiamo ristringere i criteri: facciamo riferimento in modo più corretto agli 1,8 milioni di famiglie in povertà assoluta secondo l’ISEE, requisito fondamentale per avere il sussidio. Otteniamo che ad ogni famiglia arriveranno circa 4.444 euro all’anno e cioè 370 euro al mese su 12 mesi o 493 euro su 9 mesi. Qualsiasi calcolo facciamo i fondi non sono sufficienti. Non a caso il governo aveva già cominciato a mettere le mani avanti: il sussidio fino a 780 euro sarebbe andata solo a chi è in affitto mentre chi ha una casa di proprietà avrebbe ottenuto al 500 euro. Erano stati pensati anche una serie di vincoli per ottenere il reddito. Se, come è molto probabile, la trattativa con l’Ue dovesse ridurre ulteriormente i fondi a disposizione bisognerà mettere mano seriamente a questa misura.

Aprile 2019 quindi sarà la data di partenza, 0 almeno così aveva annunciato il governo. Ieri però è arrivata una nota in cui si comunica che l’idea è far partire la misura, causa anche i tempi tecnici necessari per la riforma dei centri dell’impiego, non più ad aprile ma “con qualche settimana di ritardo“, magari a giugno. Leggi anche: “Governo del cambiamento”: cosa promette alle imprese e ai lavoratori

Reddito di cittadinanza: a chi spetta e quali sono i requisiti per ottenerlo?

Come abbiamo detto secondo la riforma, l’assegno previsto copre fino a 780 euro mensili, in presenza di specifici requisiti. Per cominciare i cittadini che hanno un reddito pari a zero hanno diritto all’importo per intero, mentre per gli altri rappresenterà un’integrazione al reddito per raggiungere i 780 euro mensili. Ovviamente la quota del reddito di cittadinanza varia a seconda del numero di componenti del nucleo familiare. I requisiti per beneficiare del sussidio sono davvero vincolanti, così come quelli per mantenerlo nel tempo. Per evitare che il reddito di cittadinanza si trasformi in un incentivo alla disoccupazione volontaria e al lavoro in nero, i cittadini dovranno obbligatoriamente iscriversi ai centri per l’impiego, frequentare corsi formazione professionale e non potranno rifiutare più di tre offerte di lavoro consecutive. Dovranno inoltre:

  • Essere maggiorenni
  • Essere disoccupati o inoccupati
  • Avere un reddito di lavoro inferiore alla soglia di povertà in Italia, stabilita dall’ISTAT
  • Percepire una pensione inferiore alla soglia di povertà
  • Essere residenti in Italia da almeno 10 anni

Una volta ottenuto, come mantenere il diritto al Reddito di cittadinanza?

Questo per ottenerlo, ma non basta. Una volta assodato che si ha diritto al sussidio sarà necessario rispettare alcune regole per mantenere il diritto a percepirlo:

  • Occorrerà iscriversi a un centro per l’impiego
  • Offrire circa 8 ore settimanali di lavori socialmente utili
  • Frequentare corsi di formazione professionale
  • Comunicare tempestivamente ogni variazione di reddito
  • Sarà obbligatorio accettare una delle prime tre offerte di lavoro
  • Cercare un lavoro per almeno due ore al giorno

Se il cittadino rispetterà tutti questi requisiti potrà beneficiare del reddito di cittadinanza per un massimo di 3 anni a persona. Leggi anche: La scuola digitale per cittadini più consapevoli: l’evoluzione di “Rousseau”

Come funziona e come viene erogato

Partiamo da un concetto: l’assegno che si riceve non potrà essere speso in contanti. Si tratterà di una sorta di social card su cui viene caricato l’importo, spendibile solo per via telematica e non sarà possibile prelevare soldi liquidi da un bancomat. Questa limitazione ha ovviamente lo scopo di tracciare le spese, che potranno essere solo di un certo tipo: beni di prima necessità, abbigliamento o affitti. Niente compere superflue come apparecchiature elettroniche. Inoltre l’importo è spendibile solo in Italia “per far crescere l’economia e limitare le spese fuori dall’Italia”, ha specificato il vicepremier Di Maio.

In stampa 6 milioni di card per reddito di cittadinanza

Matteo Salvini e Luigi di Maio.

Dichiara il vicepremier Luigi Di Maio:

Noi abbiamo già dato mandato di stampare i primi 5/6 milioni di tessere elettroniche che saranno carte di credito come tutte le altre. Sarà il più grande investimento in capitale umano che facciamo in Italia.

Alla luce dei conti fatti in questo articolo ci chiediamo a cosa serviranno tutti questi milioni di card elettroniche. Aggiunge Di Maio:

Prenderemo delle persone che oggi hanno difficoltà ad avere un reddito e gli diremo: hai un sito internet – che sarà pronto dall’anno prossimo – accedi, ti identifichi con l’identità digitale e compili la tua scheda. Se hai i requisiti riceverai una tessera a casa e una serie di impegni da prendere.

Leggi anche: Di Maio: “30 minuti di Internet gratis per tutti e No a Link Tax, è una tassa bavaglio”

L’ultima novità: un tutor per controllare chi otterrà il reddito di cittadinanza

Tutornavigator: ecco l’ultima novità annunciata dal Ministro Luigi di Maio. L’idea è quella di dar vita a un piano di assunzioni straordinario per poter inserire nei centri per l’impiego una sorta di sportello informazioni e assistenza. Ha spiegato Di Maio:

I tutor accompagneranno le persone, perché se prendi il reddito devi fare quello che ti dico.

Questa figura, oltre a un fisso mensile, avrà un bonus per ogni persona che sarà assunta: il suo compito consisterà nel tenere una scheda aggiornata nella quale “Dire se la persona che riceve il reddito sta rispettando gli impegni o no”. Quindi “Sarà lui a portarlo in agenzia per l’impiego o nel centro di formazione”. Quando un’azienda assumerà l’assistito, il tutor, come dicevamo, avrà un bonus pari a tre mesi dell’importo del reddito di cittadinanza ricevuto dalla persona assunta.

Reddito di cittadinanza e reddito di inclusione: quali sono le differenze?

Quello che molte persone non sanno è che in Italia abbiamo già una misura simile a quella che impropriamente il Movimento 5 Stelle chiama reddito di “cittadinanza”: il Reddito di inclusione (REI), approvato dal governo Gentiloni nel 2017. Consiste in un sussidio erogato per un massimo di 18 mesi che va dai 190 euro per i nuclei familiari composti da una sola persona fino a 490 euro per quelli di cinque o più membri. Il REI è composto da due parti: un beneficio economico, erogato ogni mese con una carta di pagamento elettronica e un progetto personalizzato di inclusione sociale e lavorativa per aiutare il cittadino ad uscire dalla condizione di povertà e diventare autosufficiente. La grande differenza rispetto al reddito di cittadinanza del M5S è sostanzialmente la somma totale dell’assegno previsto. Infatti anche per il REI ci sono specifici requisiti di accesso e di mantenimento.

Reddito di cittadinanza: una dicitura impropria

La proposta del Movimento Cinque Stelle, a voler fare i puntigliosi, tecnicamente non è un vero “reddito di cittadinanza”: questo infatti implicherebbe che tale sussidio venga dato ad ogni cittadino senza requisiti obbligatori, condizioni economiche e occupazione. Sarebbe più corretto in realtà chiamarlo “reddito minimo garantito“, un sussidio economico totale o parziale che permetta alle fasce più deboli di raggiungere un reddito in grado di consentire uno stile di vita dignitoso e considerato superiore alla soglia di povertà. Quale che sia il suo nome, le perplessità riguardo a questa misura, alle coperture economiche e soprattutto alla sua attuazione pratica, rimangono. Non ci resta che aspettare l’approvazione definitiva da parte dell’Ue della nostra legge di Bilancio e attendere fiduciosi l’arrivo di Giugno 2019 e del reddito di cittadinanza.   di Martina Mugnaini

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