Professor Bacco: “Il Covid? Credetemi non è come ce l’hanno raccontato”

Mary Tagliazucchi
Mary Tagliazucchi
Mary Tagliazucchi, giornalista e fotoreporter si occupa di inchieste, reportage in giro per il mondo, cronaca e attualità. Il suo vizio? Guardare oltre, sempre.
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Il Digitale.it ha intervisto il Professore Pasquale Mario Bacco che, insieme alla sua equipe, ha fatto ‘luce’ sulla reale diffusione del Covid-19 tra la popolazione italiana. Il professore è conosciuto già per i suoi precedenti studi e ricerche alle terapie dell’H.I.V e virus oncogeni. L’INTERVISTA Professore, il suo studio attesta – dopo accurate e approfondite ricerche- che almeno il 38% degli italiani è stato infettato dal virus. Su quali basi e dati lei e il suo gruppo di lavoro siete arrivati a questo risultato?

Abbiamo sottoposto a test per la ricerca degli anticorpi anti coronavirus (Sars-Cov2) soggetti in buona salute generale. I risultati sono stati inaspettati con punte del 49% di soggetti con anticorpi nel sangue. Ma l’elemento davvero discriminante è che degli anticorpi, oltre l’80% sono anticorpi anziani (memoria immunitaria). Considerando il numero elevato del campione e l’alta percentuale degli anticorpi anziani, seguendo le indicazione della statistica medica, abbiamo definito, senza dubbi, che il virus è arrivato in Italia almeno nel mese di ottobre.

In più di un’intervista lei ha affermato che per il Covid-19 non ci sarà nessun vaccino. A conferma di quale tesi si sente di dichiarare questo?

Il vaccino per il Sars-Cov2 (COVID19) non serve perché il virus muta in maniera importante. Il virus che al momento viene studiato è già molto diverso genomicamente da quello che abbiamo conosciuto 2 mesi fa. Su queste basi è impossibile realizzare un vaccino davvero concreto. Se anche si determinasse un vaccino, che al massimo potrebbe servire per una eventuale seconda ondata nel prossimo autunno, sarebbe un vaccino che avrebbe una efficacia limitata a pochi mesi. Per sconfiggerlo, come abbiamo fatto nel caso dell’H.I.V. responsabile dell’A.I.D.S., serve una terapia con antivirali. In ogni caso i farmaci che oggi abbiamo a disposizione sono molto efficaci, anche perché la pericolosità di questo virus è stata enormemente enfatizzata.

Insieme al suo team (composto di tredici persone), nel suo laboratorio con sede a Bari già da fine febbraio lei dimostrava che l’infezione polmonare circolava in Italia almeno da ottobre scorso. Questo cambia di netto le prospettive e gli scenari che ci hanno propinato fino ad oggi non crede?

Questa emergenza è stata gestita malissimo nell’ambito della comunicazione, dove sono stati dati del tutto falsi, soprattuto per quel che riguarda i decessi, creando un clima di terrore assolutamente ingiustificato. La mortalità e la letalità di questo virus sono bassissime. Il Sars-Cov2 non uccide nessuno, se non ci sono condizioni contingenti. Sicuramente si è sottovalutata l’incredibile incidenza di polmoniti che si è verificata, guarda caso, da ottobre 2019 in quasi tutto il nord. Tali polmoniti furono definite atipiche dagli stessi medici e in alcuni casi ricondotte erroneamente, ora lo sappiamo, a possibili infezioni da legionella. Se l’emergenza sanitaria fosse stata gestita dalle giuste competenze e non da nominati, avremmo avuto meno morti e un shock psicologico, sociale ed economico nettamente inferiore.

Il suo laboratorio ha preso a campione 7.038 persone sane e senza sintomi e, effettuando i test sierologici (a partire dal 25 febbraio scorso), insieme al suo team di medici, avete scoperto che oltre il 30% della popolazione italiana era stata affetta da Covid-19 e su queste 7.038 erano risultate positive. Quindi se non vado errata, almeno il 30% ha sviluppato gli anticorpi e se si per quanto una persona rimane immune?

Tutti i soggetti che si sono infettati, anche se asintomatici, producono anticorpi specifici e quindi si immunizzano; in pratica realizzano un vaccino naturale. Quindi non possono riammalarsi, in nessun caso. L’immunità da Sars-Cov2, come per tutti i coronavirus, dura almeno 6 mesi e massimo 18 mesi.

Leggi anche: Covid19, OMS conferma: “Disinfettare le strade non serve ed è nocivo per la salute” Ci troviamo di fatto alla tanto agognata Fase2. Che scenari ci aspettano secondo lei. Il virus sta diventando davvero meno aggressivo? Ci saranno meno contagi oppure il rischio è ancora alto?

Tutti i coronavirus sono condizionati in maniera determinante dal clima e dall’umidità. Noi alzando di soli due gradi in laboratorio la temperatura della coltura abbiamo verificando la morte del 52% dei ceppi e la conseguente minore “mobilità” dei ceppi resistenti. Il Sars-coV2 che si è espresso nel nord Italia è completamente diverso dalla “forma” che ha agito nel sud Italia. Quindi anche al caldo il virus c’è ed infetta. Ciò che cambia, anche in soggetti debilitati, è la sua patogenicità che crolla rispetto alle temperature invece ad esso ideali. È chiaro che il risultato dell’infezione che avremo è sempre l’unione di due elementi, la forza del virus e lo stato clinico dell’uomo ospitante. In questo momento infettarsi, per soggetti sani, può essere addirittura un elemento positivo, perché determina immunità.

Nella sua carriera ha mai pensato di doversi confrontare con un virus, una pandemia del genere?

Magari fossero queste le pandemie e questi i virus. Io ho vissuto e studiato virus davvero aggressivi e mortali tipo il Sars, l’H1N1 (influenza suina) e l’HIV. Mi creda il mostro che ci hanno descritto non è arrivato, l’hanno raccontato, ma non è arrivato.

Leggi anche: Covid, l’Olanda ai single: “Trovate un compagno di letto”, l’intimità è importante di Mary Tagliazucchi    

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