Processo Regeni: rinviati a giudizio i quattro agenti egiziani dei servizi accusati della morte di Giulio

Finalmente la decisione di rinviare a giudizio i quattro 007 accusati di aver torturato e ucciso il ricercatore italiano Giulio Regeni, saranno processati in contumacia.

Tommaso Panza
Tommaso Panza
Salentino, classe 1993. Una laurea in mediazione linguistica. Fondazione Basso(Roma). Amante della lettura e del cinema, in particolare delle opere che raccontano spaccati di realtà. Deciso sin da piccolo a diventare un giornalista.
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Al via il processo Regeni. Il rinvio a giudizio doveva essere stabilito lo scorso 29 aprile, ma era stato rimandato di un mese causa covid.

Uno degli avvocati d’ufficio della difesa aveva infatti contratto il virus. I quattro agenti egiziani dei servizi segreti accusati di torture e omicidio, che portarono alla morte di Giulio Regeni, verranno processati in contumacia.

L’Egitto già un mese fa aveva fatto sapere che non avrebbe proceduto in nessun modo contro i propri agenti.

Processo Regeni, il giudice: “Collegamento tra la morte di Giulio Regeni e gli apparati di sicurezza egiziani”

In più di 5 anni la verità per Giulio Regeni è stata chiesta e urlata in tutta Italia e non solo. Numerose sono state le campagne per ottenere qualcosa che assomigliasse anche vagamente a un riscontro reale di quello che fosse successo a Giulio.

Finalmente ciò che tutti aspettavano ha cominciato a concretizzarsi, un processo che si speri porti alla tanto agoniata verità, quanto meno per i genitori del giovane ricercatore.

Il processo Regeni dunque si farà. Giulio Regeni è stato sequestro e ucciso questo è ormai chiaro, scomparso al Cairo la sera del 25 gennaio 2016 e ritrovato senza vita il 3 febbraio successivo con numerosi segni di percosse e torture.

Il processo porterà alla sbarra i quattro militari della National security membri della polizia de Il Cairo:

  • GENERALE TARIQ SABIR,
  • COLONNELLO ATHAR KAMEL,
  • COLONNELLO USHAM HELMI,
  • MAGGIORE MAGDI IBRAHIM SHARIF.

Gli imputati saranno processati però in contumacia. Lo stato di al-Sisi ha deciso infatti che non procederà assolutamente in nessuna maniera contro gli agenti.

I quattro 007 quindi non compariranno davanti alla Corte d’assise convocata per il prossimo 14 ottobre. All’udienza preliminare ieri erano presenti i genitori di Giulio Regeni, che hanno rilasciato delle dichiarazioni tramite il proprio avvocato Alessandra Bellerini:

Paola e Claudio dicono spesso che su Giulio sono stati violati tutti i diritti umani. Da oggi abbiamo la fondata speranza che almeno il diritto alla verità non verrà violato. Ci abbiamo messo 64 mesi, ma quello di oggi è un buon traguardo e un buon punto di partenza.

Il lavoro della procura di Roma sull’omicidio di Giulio Regeni

Un traguardo, magari più un punto di partenza, cha a ogni modo lascia ben sperare. La Procura di Roma è riuscita nell’intento di arrivare a un processo dopo un lustro di intense indagini. Il pubblico ministero Sergio Colaiocco l’ha infatti definito come: “l’impossibile divenuto possibile”

Sergio Colaiocco ha poi parlato del ruolo degli informatori che hanno contribuito alle indagini.

Secondo il pm la loro testimonianza nel processo giocherà un ruolo chiave, perciò da informatori ci si augura diventino anche testimoni per essere chiamati a deporre durante le udienze, così da poter essere interrogati anche dagli avvocati difensori e garantire un processo giusto e trasparente, anche se aggiunge:

Obiettivo arduo, visto che da tempo con l’Egitto è ormai saltata ogni forma di collaborazione giudiziaria su questa vicenda. Sono arrivati, piuttosto, diversi tentativi di depistaggio.

Per il gup Pier Luigi Balesteri tali tentativi di depistaggio però rappresentano un indizio riguardo la colpevolezza degli accusati.

Processo Regeni: il primo verdetto del Gup

Il primo verdetto giudiziario del processo Regeni lo ha emesso il giudice Pier Luigi Balestrieri che ha definito:

Consistente e strutturato l’insieme di indizi messi insieme dalla Procura con i carabinieri del Ros e i poliziotti dello Sco, da cui emerge un oggettivo collegamento tra la morte del ricercatore italiano e gli apparati di sicurezza egiziani, nonché gli odierni imputati: generale Tariq Sabir, colonnello Athar Kamel, colonnello Usham Helmi, maggiore Magdi Ibrahim Sharif.

Nei loro confronti è stato costruito un “compendio investigativo” fatto di testimonianze, documenti e altre evidenze che devono essere verificate in un dibattimento.

Sul processo Regeni, da cui speriamo di cavare la verità nonostante gli ostacoli e i depistaggi, si è espresso anche il Presidente Commissione d’inchiesta sulla morte di Giulio Regeni, Erasmo Palazzotto, sui suoi profili social:

Il rinvio a giudizio di oggi è un passo avanti compiuto grazie alla determinazione della Procura di Roma e della famiglia Regeni.

Una sfida che pretende dal Governo un impegno concreto per ottenere dall’Egitto rispetto, verità e giustizia.

La triste storia di Giulio Regeni: la scomparsa, l’omicidio, le torture e i depistaggi

Il 25 gennaio 2016 il ricercatore italiano inviò alle 19:41 un SMS alla propria ragazza che in quel momento si trovava in Ucraina. Dal messaggio non trapelava nessun tipo di tono che potesse lasciar presagire ciò che sarebbe accaduto di li a poco, Giulio Regeni le aveva semplicemente detto sarebbe uscito.

Alcune ore dopo però, preoccupata Noura Wahby, una studentessa amica di Giulio conosciuta a Cambridge un paio d’anni prima, cominciò a denunciare sul proprio profilo Facebook la scomparsa del ricercatore.

Qualche ora prima di lanciare l’allarme riguardo la scomparsa infatti, Giulio avrebbe dovuto incontrare delle persone in piazza Tahrir (la piazza principale del Cairo) per festeggiare il compleanno di un amico. Ma Giulio quella sera non tornerà alla sua abitazione.

Durante i giorni della scomparsa vennero lanciati numerosi appelli su su Twitter tramite gli hashtag: #whereisgiulio e #جوليو_ـفين (letteralmente: #doveègiulio)

Le pagine del rinvio a giudizio

Nelle undici pagine del decreto che ordina il processo si sostiene che: “Il sequestro di cui sono accusati i quattro militari era finalizzato proprio alla torture a cui Regeni è stato sottoposto fino alla morte”.

Di lesioni e omicidio dovrà rispondere solo il maggiore Sharif, ma il fine ultimo era comune a tutti e quattro gli imputati: “Intimidire e esercitare pressioni sulla vittima per ottenere le informazioni che gli egiziani le volevano estorcere“.

Sempre secondo la lettura del gup: “Giulio Regeni venne attenzionato dagli apparati di sicurezza egiziani quanto meno dal dicembre 2015”.

Il giudice riprende poi le dichiarazioni degli informatori egiziani durante le indagini, indicati con i nomi in codice Delta, Epsilon, Eta e Teta “i quali l’hanno visto in una stazione di polizia e nella sede della National security ammanettato, con gli occhi bendati e sfinito dalla tortura”.

Leggi anche: Il Friuli-Venezia Giulia nega la cittadinanza a Zaki: “Non è competenza nostra”

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