Plasmaterapia, il Prof De Donno: “Mi ha chiamato anche l’Onu, ma in Italia nessuno mi chiama”

Elza Coculo
Elza Coculo
Elza Coculo, 30 anni, di adozione romana. Lettrice appassionata con formazione in Studi italiani. Laureata in Editoria e Scrittura. Redattrice per Il Digitale. Amo scrivere di attualità e cultura eco-sostenibile.
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Le polemiche che negli ultimi giorni hanno coinvolto il professor Giuseppe De Donno, primario di pneumologia all’ospedale Poma di Mantova, lasciano un sapore amaro in bocca. Così si è espresso proprio De Donno che, in un collegamento con il festival New York Canta, si lascia andare al racconto. Ma, a giudicare dall’appellativo di star del web per la cura al coronavirus, ultimamente ricorrente sui giornali, tutt’altro che ostile si è dimostrato l’atteggiamento del pubblico che ha seguito la vicenda.

La sperimentazione al plasma è cosa vecchia

La cura al plasma non è l’unica terapia contro il coronavirus, ma anch’essa esiste, è stata provata e valutata idonea dal team mantovano. Parla il medico:

Grazie al professor Franchini, ematologo, e al professor Perotti di Pavia è nata l’idea di usare il siero iperimmune. Noi, da clinical investigator, abbiamo sposato subito l’idea. Avevamo bisogno di un’arma che andasse a colpire il virus e non c’erano altri farmici. Non abbiamo inventato niente, abbiamo solo applicato questa sperimentazione al coronavirus e ha funzionato.

Il plasma iperimmune ha il vantaggio di non avere nessun effetto collaterale, al contrario dei farmaci sperimentati finora nella lotta al Covid. È gratis perché, come ha detto De Donno, è un atto di generosità da donatore a donatore. Ci sono i costi di struttura? Certo. Tutto sommato per 300ml di plasma, che è la dose trasfusa al paziente Covid, il costo è approssimativamente di 82 euro a paziente. Leggi anche: Coronavirus, vaccino pronto in autunno

Non c’è abbastanza plasma

Il virologo Roberto Burioni nella trasmissione Che tempo che fa ha sostenuto:

La cura ha dei limiti, perché serve molto plasma di persone guarite e ce ne sono poche. Questi plasmi non sono la soluzione ideale, sono costosissimi e difficilissimi da preparare. E si basano sulla disponibilità di persone guarite che non sono tantissime.

Risponde De Donno:

Mettere in dubbio la rete trasfusionale italiana, il fatto che il plasma possa essere insicuro e trasmettere malattie, mette una grossa ombra rispetto al nostro sistema trasfusionale che è uno dei più sicuri del mondo. È inaccettabile che il presidente di Avis nazionale non sia intervenuto su questo, ma sia intervenuto mettendo in dubbio la nostra sperimentazione che è stata fatta con grande serietà e con criteri di arruolamento specifici e stringenti pubblicati per dirimere ogni dubbio.

Il team del professor De Donno ha lavorato a stretto contatto con l’Avis di Mantova, che ha percorso una strada diversa dal centro Avis nazionale. Il circolo virtuoso che è stato costituito ha permesso di salvare 48 pazienti al Poma e di riportarli a casa dalle loro famiglie. E altre sacche sono state inviate agli ospedali che ne hanno fatto richiesta da nord a sud della penisola.

Il sistema sanitario non ha collaborato

Durante la trasmissione De Donno ha ripetuto più volte, come fosse un mantra, che l’unico obiettivo del medico è il sostegno alla vita. E poi commenta la scelta di Aifa e dell’Istituto superiore di sanità, che hanno deciso di affidare un percorso sperimentale del plasma alla regione Toscana. Lo studio è stato rinominato protocollo Tsunami, proprio come lo aveva chiamato il professore. Alla domanda: perché togliere a Mantova la sperimentazione? E nelle Marche cosa è successo? Così ha commentato De Donno:

Il comitato etico nelle Marche ha deciso di aspettare per avere qualche risultato in più. È vero che la cura al plasma è aneddotica, che non ci sono coordinamenti di sperimentazione, ma ha grandissimi vantaggi e nessun effetto collaterale.

E sulla sperimentazione in Toscana:

Adesso aspettiamo la letteratura, ma qualcuno dovrà rispondere di queste ombre.

Leggi anche: Vespignani: “Abbiamo strangolato il virus, siamo in grado di cambiare la traiettoria dell’epidemia”

L’interesse internazionale e il futuro

Intanto l’interesse internazionale per la sperimentazione del plasma iperimmune cresce:

Mi stanno chiamando tutti, ieri il console del Messico, l’ONU, il consigliere del ministro della Salute americana, abbiamo avuto proposte di lavoro nei centri di ricerca stranieri. Ogni volta che mi chiama un istituto straniero e non mi chiama mai il nostro Istituto superiore di sanità o non sento il nostro ministro della Salute sono grandi dolori per un ricercatore come me, che fa il medico ospedaliero e che si è speso, che è stato in prima fila nell’emergenza Covid lavorando di notte in pronto soccorso.

Il professore De Donno il 14 maggio è invitato a parlare in Commissione sanità del Senato ed è atteso dalla Comunità europea a Bruxelles. E nel futuro post Covid De Donno il sogno di un centro per le malattie rare a Mantova.

Per anni mi sono occupato di SLA distrofia muscolare. Un centro per le malattie rare a Mantova è veramente il mio sogno di fine carriera.

di Elza Coculo  

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Elza Coculo, 30 anni, di adozione romana. Lettrice appassionata con formazione in Studi italiani. Laureata in Editoria e Scrittura. Redattrice per Il Digitale. Amo scrivere di attualità e cultura eco-sostenibile.
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