Un vaccino contro il Covid esisteva già dal 2003, Gambotto: “Avrebbe potuto fermare la pandemia”

Lo studio del professor Andrea Gambotto dedicato alla Sars aveva individuato la proteina spike come bersaglio dei vaccini contro i coronavirus già nel 2003, ma è rimasto inutilizzato in frigo per circa 18 anni.

Tommaso Panza
Tommaso Panza
Salentino, classe 1993. Una laurea in mediazione linguistica. Fondazione Basso(Roma). Amante della lettura e del cinema, in particolare delle opere che raccontano spaccati di realtà. Deciso sin da piccolo a diventare un giornalista.
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Vaccino PittCoVacc, una scoperta italiana all’estero. Il professor Andrea Gambotto è uno scienziato italiano trapiantato negli Stati Uniti, per la precisione a Pittsburgh, Pennsylvania. Il professor Gambotto è un’eccellenza dell’Upmc (University of Pittsburgh Medical Center) oltre a essere è stato il primo studioso a individuare nel 2003, dopo anni di studi, la proteina spike come bersaglio dei vaccini anti coronavirus.

In una recente intervista rilasciata all’Espresso, il professore ha parlato dei risultati raggiunti dal suo gruppo di ricerca, risultati che non hanno avuto la possibilità di essere condivisi per un bene comune a causa del difficile rapporto con i governi e le case farmaceutiche.

Vaccino PittCoVacc: una notizia clamorosa

Vaccino PittCoVacc: una notizia clamorosa, la scoperta dell'università di Pittsburgh

Durante l’intervista Andrea Gambotto rivela una notizia: l’esistenza fin dal 2003 di un vaccino contro i coronavirus, mai testato sugli esseri umani, ma dal funzionamento simile a quello dei vaccini usati oggi contro il Covid-19. Ha detto:

Cercavamo un vaccino per la Sars, e riuscimmo a immunizzare le scimmie usando un adenovirus come vettore virale.

il nostro studio del 2003 pubblicato su Lancet è il primo in letteratura sul tema.

Ma all’epoca nessuno finanziò i trial clinici sull’uomo.

Altrimenti nel 2020 avremmo avuto già da subito un vaccino efficace anche contro il Sars-CoV-2, almeno per le fasi iniziali dell’epidemia, che così forse poteva essere circoscritta alla Cina.

Il professor Gambotto e il suo gruppo di ricerca di Pittsburgh sono tra i massimi esperti al mondo della famiglia dei coronavirus. Le prime pubblicazioni relative a potenziali vaccini sui tre coronavirus che hanno colpito l’uomo, quelli responsabili di Sars (2002) e Mers (2012), predecessori del Sars-CoV-2, e quello del Covid-19, portano la loro firma. 

Eppure, mai nessuno ha pensato di coinvolgerli nell’affannosa ricerca mondiale dei vaccini, o ha chiesto loro di rispolverare il vaccino sperimentato e mai testato contro le “polmoniti killer” della Sars, una malattia ben più letale che si è autoestinta verso la fine del 2003.

Poco dopo lo scoppio del primo focolaio mondiale in Cina, all’inizio del 2020, a Pittsburgh i collaboratori di Gambotto scongelano i sieri delle scimmie vaccinate con il prodotto sperimentale contro il virus della Sars. Il professor Gambotto poi aggiunge:

Ci siamo accorti subito a febbraio 2020 che il siero delle scimmie immunizzate contro la prima Sars funzionava anche contro il nuovo coronavirus.

In pratica qui noi il vaccino ce l’avevamo da 18 anni nel frigorifero.

Non siamo andati più a fondo perché avremmo dovuto comunque iniziare gli studi di fase uno e due, e abbiamo preferito chiederli su un nuovo vaccino, che abbiamo elaborato in dieci giorni.

A questo punto chiedersi perché il vaccino contro la Sars non fu testato sull’uomo diventa un quesito chiave.

Vaccino PittCoVacc: i mancati test clinici

Vaccino PittCoVacc: i mancati test clinici

Il progetto PittCoVacc, spiegano da Upmc, doveva essere finanziato dall’Università di Pittsburgh e dalla stessa Upmc con il contributo fondamentale del National Institute of Health (Nih), l’agenzia per la ricerca biomedica del governo degli Stati Uniti. Gambotto poi ricorda:

Nel 2004 ci risposero che tanto la Sars era scomparsa.

Anche nel 2014, quando arrivò la Mers, con una letalità del 35%, ci dissero che era solo una malattia mediorientale dei cammelli.

Non capivano perché fosse necessario investire in un vaccino. Ora purtroppo sappiamo perché.

Upmc è un centro no profit che investe tutti i guadagni in ricerca e sviluppo e non può sostenere da solo i costi della sperimentazione.

Il National Institute of Allergy and Infectious Desases (Niaid) è diretto dal 1984 da Anthony Fauci, immunologo di fama mondiale e membro di spicco della task force per l’emergenza coronavirus della Casa Bianca. Nonché uno degli uomini che forse avrebbe dovuto gestire al meglio la questione.

Quando un anno fa circolavano le prime voci su un eventuale vaccino anti Sars già individuato, e che potesse funzionare anche contro il Covid, Faucy viene intervistato dall’emittente americana Fox News il 17 aprile 2020 e dichiara:

La Sars è tutta un’altra storia.

Avevamo sviluppato un vaccino, eravamo in procinto di fargli attraversare le varie fasi, era sicuro e aveva una buona efficacia.

Ma poi la Sars è scomparsa. E non abbiamo più avuto bisogno di produrre un vaccino.

Nel 2004 gli Stati Uniti erano nel pieno della guerra all’Iraq e la lotta alle pandemie non era certo al centro del programma dell’amministrazione di George W. Bush. 

Perché nessuno vuole il PittCoVacc

Dopo quasi vent’anni, pare che Pittsburgh abbia trovato in tempi record un nuovo innovativo vaccino contro il Sars-CoV-2, una proteina che si può inoculare grazie a un semplice cerotto dotato di microaghi. Facilità di trasporto e di conservazione, possibilità di produzione praticamente illimitata. Si chiama PittCoVacc.

Il 2 aprile 2020 lo studio scientifico è già su Lancet e il professor Gambotto annuncia a un’Italia in lockdown la scoperta del primo vaccino anti-Covid:

Un cerotto con micro-aghi fermerà la corsa del virus.

Ma l’amministrazione Trump lascia a secco i centri di ricerca accademici e decide di investire i miliardi destinati alla ricerca del vaccino nelle case farmaceutiche.

I big pharma però decidono di sviluppare da sole nei loro laboratori, ricominciando da zero, la tecnologia sperimentata per la prima volta a Pittsburgh diciotto anni fa, la cosiddetta “piattaforma adenovirale”.

Nascono così, in pochi mesi, i vaccini AstraZeneca, Johnson & Johnson, Sputnik V e i due sieri cinesi. Mentre i ricercatori arrivati per primi, nella corsa della scienza al vaccino, oggi sono ancora in attesa dei via libera delle agenzie regolatorie. Anche perché nel frattempo Pittsburgh decide di produrre il vaccino in Italia e i tempi si allungano ulteriormente.

Una strada alternativa

La richiesta arriva Roma nel dicembre scorso. Tutto l’iter fatto in America, dev’essere trasferito in Europa e riprodotto da zero, in quanto i laboratori accademici americani non sono validati dalle autorità europee.

Il professor Gambotto e il suo team si ritrovano costretti ad accantonare il programma del PittCoVacc. Uno stop decretato non solo dall’intricatissimo iter burocratico, ma anche dal rapporto trasmesso il 20 febbraio scorso dall’Istituto superiore di sanità che secondo il professor Gambotto diceva che:

se avessimo voluto produrre in Italia il cerotto con microaghi avremmo dovuto chiedere due autorizzazioni, una per il vaccino e una per il dispositivo cerotto,con tempi ancora più lunghi.

Il vaccino di Pittsburgh così cambia nome e tecnologia. Non più PittCoVacc ma UPMCoVacc, un vaccino classico, che a differenza degli altri, però, sarà somministrabile via spray nasale, con notevoli vantaggi produttivi, di conservazione e di trasporto. L’iter per il cerotto PittCoVacc invece viene avviato presso l’Fda statunitense.

E chissà che non si riveli il vaccino in grado di immunizzare gran parte della popolazione mondiale.

Leggi anche: Covid-19 e vaccini, tutti gli effetti collaterali dei farmaci: dobbiamo davvero preoccuparci?

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Salentino, classe 1993. Una laurea in mediazione linguistica. Fondazione Basso(Roma). Amante della lettura e del cinema, in particolare delle opere che raccontano spaccati di realtà. Deciso sin da piccolo a diventare un giornalista.
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