Perché Fedez & Michielin avrebbero dovuto vincere Sanremo

Se Fedez & Michielin avessero vinto Sanremo 2021, senza fermarsi al secondo posto, quali domande sarebbe finalmente il caso di porsi?

Alessandro Carnevale
Alessandro Carnevale
Nato a Savona nel 1990, Alessandro Carnevale è pittore, scrittore e musicista. Docente di batteria e propedeutica musicale, sui Social si occupa di divulgazione artistica, filosofia estetica e semiotica visiva. Ha pubblicato il saggio "Da Instagram alla lattuga" per Piemme. In TV Alessandro Carnevale interpreta il noto professore di educazione artistica del docu-reality Il Collegio su Rai 2.
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Lo dico nel modo più serio possibile: Fedez e Michielin avrebbero dovuto vincere il settantunesimo Festival di Sanremo. Il trionfo di Chiamami per nome sarebbe stata la conclusione perfetta per la rassegna più “virtuale” della storia del festival, la scusa per aprire un dibattito popolare intorno a tematiche complesse come lo strapotere dell’influencer marketing, l’esposizione dell’utenza dei social network ai Bias cognitivi, la percezione filtrata dalle “echo-chambers” e la psicologia delle relazioni parasociali.

Il brano di Fedez e Michielin si è invece fermato al secondo posto

È risalito soltanto 14 posizioni in classifica grazie agli appelli su Instagram di Chiara Ferragni, la quale aveva promesso perfino di “guardare”le storie dei follower che avrebbero votato per il marito. La call to action tuttavia non è bastata: i Maneskin hanno vinto il Festival grazie a un brano decisamente più meritevole di Chiamami per nome, distogliendo inevitabilmente l’attenzione da quello che – in caso di vittoria di Fedez & Michielin – sarebbe potuto passare alla storia come il “Ferragnez-gate”.

Solo il Codacons ha ufficialmente presentato un esposto per sottolineare la presunta irregolarità dell’appello sui social di Chiara Ferragni, reiterando una vecchia battaglia (di solito abbastanza ridicola) che li vede opporsi allo strapotere mediatico della coppia sui social. Il problema è che tutto finirà, a occhio e croce, in qualche sterile articolo condiviso dagli hater dei Ferragnez e poco più. Ripeto, un’occasione mancata. L’idea che una persona, da sola, possa incidere davvero sul risultato della competizione “artistica” più importante d’Italia dovrebbe essere al centro di qualunque analisi seria del nostro presente iper-medializzato.

Mettiamola così: stavolta, da un punto di vista legale, il Codacons non avrebbe tutti i torti. Dopotutto “il regolamento del festival prevede la par condicio per tutti gli artisti in gara, laddove questa viene violata da interventi esterni atti ad alterare la classifica finale della kermesse, la stessa classifica rischia di essere annullata”. E l’influencer più famosa d’Italia ha ripetutamente esortato i suoi 23 milioni di follower a votare in massa per suo marito. Una battaglia impari, al netto dei numeri “social” di altri artisti – molto più interessanti, musicalmente perlando – come La Rappresentante di Lista (circa 58mila follower), Colapesce (61mila) & Dimartino (37mila) e, infine, gli Extraliscio (i quali meriterebbero un lunghissimo elogio per il valore culturale della loro proposta artistica, ma che contano solo 8500 follower).

Il punto è che la visibilità sui Social Network possiede un valore economico

Per quanto sia difficile da calcolare. Lo stesso termine influencer descrive semanticamente la capacità di “influenzare” il proprio bacino d’utenza: di cosa dovremmo stupirci, allora, se un individuo (oltretutto un privato cittadino, slegato da qualsivoglia onere contrattuale e/o carica pubblica) lancia un appello per amore della sua dolce metà? Il problema – questo vulnus portato alla luce dalla competizione canora di Sanremo – non è affatto “contestuale” alla competizione, ma “strutturale” rispetto alle logiche dei Social.

Chiara Ferragni non ha fatto nulla di male

Ha solo usato con cognizione di causa un potere mediatico che le appartiene di diritto. Semmai è proprio questo il problema: in che modo, oggi, un content creator riesce a costruirsi il proprio pubblico? Esistono diverse spiegazioni logiche e razionali. Io qui scelgo di presentarvi un’ipotesi sociologica, ibridata da presupposti psicologici: gli influencer riescono a intessere delle profonde relazioni parasociali grazie alla capacità di ritagliarsi uno spazio quotidiano nella routine della propria utenza.

In altre parole, i content creator riescono a invadere quella dimensione di prossimità che appartiene – di solito – all’intimità dei rapporti di amicizia. La sensazione di poter sbirciare nella vita di un’altra persona è un privilegio narrativo accordato, finora, ai soli rapporti umani.

Questa relazione unidirezionale che si consolida tra follower e influencer (dove l’utente osserva l’esistenza altrui come se fosse partecipe d’una confidenza personalissima) genera un disequilibrio interno alla relazione che “deve” essere bilanciato, poi, a tutti i costi: Chiara Ferragni che promette di guardare le storie dei suoi seguaci – a patto che dimostrino di aver votato per Fedez – è un esempio perfetto del potere economico della para-socialità che si raccorda alla struttura delle piattaforme come Instagram e Facebook. 

Leggi anche: Sanremo, Elodie: “Quando nasci in contesti difficili devi lavorare di più per ottenere quello che dovrebbe essere già tuo”

Un pericolo per la “democrazia” il potere mediatico degli influencer?

Numerosi articoli sottolineano questo punto di vista. Oggi parliamo soltanto di Sanremo, ma (ovviamente) domani potremmo dover discutere di politica. Pensate un po’ se una superpotenza Social come la Ferragni facesse endorsement a qualche partito o se, fra qualche anno, decidesse di fondarne uno e metterci la faccia. I suoi 23 milioni di Follower, per inciso, sono quasi metà della popolazione italiana.

Ora, io sarei il primo firmatario d’una legge che nasce per interdire l’utilizzo dei Social ai politici: a mio avviso, la comunicazione interna ai network ha contribuito in modo significativo a distruggere qualunque barlume di complessità utile alla lettura del Reale, ma non è questo il punto.

Un influencer potrebbe far valere la propria popolarità costruita prima della sua discesa in campo (vi ricorda per caso la parabola politica di Berlusconi, tutto questo?) vanificando ogni tentativo di regolamentare la potenza mediatica degli attori politici. Eppure, di nuovo, queste si configurano come problematiche contestuali al nostro “momento tecnologico”. Sono piuttosto le dinamiche cognitive che determinano il successo dei social network a dover essere analizzate.

Leggi anche: Sanremo, Barbara Palombelli alle donne: “Non dobbiamo essere prudenti ma osare, fare rumore”

Vi siete mai chiesti perché si ritiene necessario confrontarsi con il giudizio di un influencer?

Perché quella “prospettiva” individuale diventa un filtro per leggere la realtà che ci circonda? Perché l’utenza sente il genuino bisogno di compiacere il proprio creator? E, soprattutto, perché l’idea di essere visti – termine incredibilmente affine al mondo della psicologia – induce un individuo a investire del denaro in una relazione che non potrà mai essere egualitaria?

Questi sono i quesiti che dovremmo porci, adesso, e che sarebbero potuti divenire il fulcro del dibattito pubblico grazie a una scandalosa vittoria Sanremese di Fedez e Michielin. Dopotutto, nessuna analisi “seria” nel nostro presente può prescindere da una critica strutturale dei suoi mezzi di comunicazione. 

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