Il ‘dono’ di Lorenzo Quinn a Palermo: le mani giganti davanti alla Cattedrale

Tra entusiamo e aspre critiche, le mani di Lorenzo Quinn arrivano anche davanti al sagrato della Cattedrale palermitana, in esposizione fino al 30 marzo 2021.

Asia Solfanelli
Asia Solfanelli
Intraprendente e instancabile penna, poliglotta, appassionata lettrice e avida viaggiatrice. Sviscerata amante del cinema. E ultimo, ma non per importanza, eterna studiosa, perché non si finisce mai d’imparare.
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Lorenzo Quinn, scultore italiano nonché emblema dell’arte figurativa, arriva anche in Sicilia e porta a Palermo il suo ‘dono’, l’opera Give, due mani giganti, simbolo di pace e integrazione sociale.

Sul sagrato della Cattedrale, la scultura fa la sua apparizione il 18 dicembre e si prevede resterà in esposizione fino al 30 marzo 2021.

Tra entusiasmo e spietate critiche di banalità e moralismo, Give guadagna lo spazio urbano palermitano e, vista la sua imponenza, non esime neanche i più distratti dal gettare uno sguardo, contemplare, valutare e porsi domande.

Give di Lorenzo Quinn

Lorenzo Quinn, Palermo 2020: Give.

Con una tecnica scultorea che integra materiali nuovi a quelli sperimentali, Lorenzo Quinn crea Give, una massiccia scultura in resina e materiale riciclato che raffigura due enormi mani bianche, quella di un uomo e di una donna che insieme sostengono una pianta di ulivo.

Già esposta nel cuore del Giardino di Boboli a Firenze, Give, in inglese ‘donare’, come suggerisce lo stesso nome, vorrebbe far riflettere sull’importanza di dare, senza ricevere, come fa la natura.

Al messaggio di carità e benevolenza, nonché unione e fratellanza, si unisce quello della sostenibilità ambientale, del rispetto e dell’amore per ciò che ci circonda e che senza chiedere nulla in cambio ci è stato offerto.

L’opera è parte di un progetto più ampio, realizzato grazie alla collaborazione delle Nazioni Unite e che culminerà al Palazzo di Vetro di New York in cui una delle mani esposte sarà di colore nero. Lo scopo è di incalzare contro le disuguaglianze sociali e richiamare con ancora più forza il messaggio di protesta di Black lives matter.

Leggi anche: I colori di Arò, l’arte come vibrazione

Lorenzo Quinn e le sue opere

Lorenzo Quinn
Lorenzo Quinn, Venezia 2019: Building bridges.

Figlio della nota star hollywoodiana, Anthony Quinn, e della costumista veneziana Iolanda Addolori, lo sculture è ormai noto in tutto il mondo per le sue opere inconfondibili.

Impossibile non riconoscere il marchio Quinn: le sue creazioni non solo sono così imponenti e massicce da passare difficilmente inosservate, soprattutto grazie alla loro capacità di vincere spazi pubblici, ma hanno un soggetto privilegiato: mani, sempre mani e ancora mani.

Si ricorderanno le due braccia che nel 2017 spuntavano dal Canal Grande di Venezia e che, come un mostro di Loch Ness che fendeva le acque, emergevano a sorreggere uno dei tanti palazzi circostanti. Oppure, ancora meglio, verrà a questo punto spontaneo associare all’artista l’immagine di quelle dodici mani di ben 15 metri ciascuna, che nel 2019, sempre nel capoluogo del Veneto, ordinate a coppie, formavano un ponte.

Lorenzo Quinn e la presentazione di Give

Lorenzo Quinn
L’entusiasta accoglienza all’opera di Lorenzo Quinn a Palermo.

Mentre Quinn presenta la sua opera commentando:

nella vita per ricevere bisogna dare. il mio vuole essere un messaggio di speranza. La mano dell’uomo è mia, quella della donna è di una modella, la loro unione rappresenta l’umanità.

Il bianco è il colore della purezza e dell’innocenza, della colomba e della pace. Per questo ho scelto di offrire un ulivo come messaggio universale.

E il Primo Cittadino di Palermo incalza con entusiasmo:

Grazie a ‘Give’, onfermiamo che bellezza, etica ed estetica sono indissolubilmente collegate, che l’una senza le altre non ha ragione di esistere o è vuota.

In questo Natale certamente diverso dagli altri, con questo ‘dono’ si rafforza la collaborazione e la sintonia tra Comune e Curia con un’opera che è in grande sintonia col cammino della città, delle sue istituzioni, della sua società civile

L’accoglienza dell’opera di direbbe invece tutt’altro che positiva.

L’aspra critica all’opera di Quinn

Lorenzo Quinn
Lorenzo Quinn, Venezia 2017: Support.

È dalla collaborazione tra l’artista, la società Once srl, il Comune di Palermo e l’Arcidiocesi guidata da Monsignor Lorefice, che Give sbarca nel capoluogo siciliano. Populista, banale, scontata e moraleggiante, la scultura sembrerebbe essere l’esito della scelta di chi di arte contemporanea se ne intende molto poco.

La critica più severa è verso quel simbolismo ormai strabusato, il gigante buono che arriva e porta il suo messaggio di bene, amore e fratellanza che inesorabilmente riconduce a una pedagogia fiabesca e a un perbenismo dal sapore davvero insipido.

Se alla vista della scultura il primo pensiero è quello del posacenere che si ha in camera o la pubblicità della Valfrutta, forse all’opera di Quinn manca davvero quello spessore che ci si aspetta da un’arte degna di questo nome. E suona troppo ironico che per molti il vero ‘dono’ arriverà quando la scultura verrà finalmente rimossa?

Leggi anche: I tesori sepolti del nostro Paese: l’inestimabile scoperta dell’Anfiteatro di Volterra

Qual è il valore dell’arte?

De gustibus non disputandum, nulla da ribattere e a ognuno la sua arte. Il valore artistico di un’opera è forse in fin dei conti troppo soggettivo e personale per essere vagliato e decretato attraverso standard oggettivi e universali. Tuttavia, non è la prima volta che le opere di Lorenzo Quinn sono nel mirino delle polemiche più ardite e sfrontate.

A deludere, forse, nel caso delle giganti mani è proprio il venir meno di quella possibilità di riflessione, introspezione e interpretazione intima, di fatto impossibili in un’opera palesemente su misura per la massa, in una scultura che la compiace con quel didattismo scolastico e cattolico del ‘fare bene fa bene’ e del ‘l’amore è dare senza chiedere’.

Che la sindrome di Stendhal sia da riservare ai capolavori da museo può aver una sua logica, ma che un’arte aperta e pensata per tutti non debba scadere nella banalità e in cliché da giornaletti e spot pubblicitari è l’auspicio di tutti coloro concordano che le opere debbano avere un unico grande requisito: emozionare.

Le mani della pubblicità della Valfrutta.
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