Cacciata di casa perché lesbica, la madre: “Se torni ti ammazziamo, meglio il carcere che una figlia così”

Malika, 22enne di Castelfiorentino, è stata cacciata di casa dopo aver detto ai genitori di avere una fidanzata. La Procura di Firenze ha aperto un'inchiesta.

Asia Buconi
Asia Buconi
Classe 1998, romana. Laureata in Scienze politiche e relazioni internazionali, ama l’attualità e la letteratura, ma la sua passione più grande è la sociologia, soprattutto se applicata a tematiche attuali. Nel tempo libero divora film e serie tv.
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Secondo le forze del centro-destra (Lega, FdI, FI), il Ddl Zan, ovvero la legge contro l’omotransfobia, non deve essere approvato. E infatti il provvedimento è fermo a marcire in Senato ormai da tempo. Perché?

Perché si sostiene che andrebbe a limitare la libertà di espressione di coloro che, in quanto contrari a qualsiasi passo in avanti che riguardi la comunità LGBT+, hanno il diritto di esprimere il loro parere negativo sul tema, senza rischiare di essere puniti per questo. In poche parole, la destra si è impuntata in nome della democrazia.

Nel luglio 2020, la leader di FdI Giorgia Meloni si era poi lasciata andare ad una constatazione che è il riassunto di un pericoloso e allarmante tentativo: quello di negare la discriminazione che le minoranze sono costrette a subire quotidianamente, minimizzando gli episodi, parlando di realtà che non si conoscono. La Meloni aveva detto:

Le discriminazioni verso gli omosessuali? Per me le discriminazioni vanno sempre combattute, ma non possiamo dire che oggi nella realtà italiana siano discriminati, abbiamo fatto passi da giganti in questo tema.

Ma a quali passi da giganti si riferisce la Meloni? Le tutele da un punto di vista legislativo per le coppie dello stesso sesso sono irrisorie. E che gli omosessuali non siano discriminati dovrebbe andarlo a dire a chi subisce sulla propria pelle ogni giorno l’odio ingiustificato delle persone.

Dovrebbe andarlo a dire a Malika, giovane ragazza lesbica di 22 anni, che è stata cacciata di casa dai genitori dopo essersi aperta con loro sul suo orientamento sessuale attraverso una lettera. Una lettera che l’ha condannata a ricevere indicibili insulti, minacce, odio puro. E non c’è niente di più “contronatura” di odiare chi si mette al mondo. La giovane ha raccontato la sua storia a Fanpage.

La storia di Malika, cacciata di casa e insultata per il suo orientamento sessuale

La storia di Malika, cacciata di casa e insultata per il suo orientamento sessuale

Malika Chalhy, classe 1998, è nata a Castelfiorentino, un piccolo paese in provincia di Firenze. La giovane ragazza di 22 anni, il 4 gennaio 2021, si è trovata senza una casa e senza soldi: i genitori hanno deciso di cacciarla dopo che lei aveva confidato loro attraverso una lettera di essersi innamorata di una ragazza.

Malika, dopo quell’episodio, aveva allora provato a farsi viva attraverso i Carabinieri l’8 gennaio, presentandosi sotto casa sua e chiedendo gentilmente di restituirle almeno i vestiti. La madre, allora, rivolgendosi ai due agenti, rispondeva:

Io non conosco questa persona, non so cosa voglia da me.

E, descrivendo il modo in cui si era sentita dopo quelle parole, Malika ha detto:

Lì ho sentito per la seconda volta in 3 giorni il mondo sprofondare.

Così, senza fissa dimora, senza denaro e senza possibilità di recuperare le sue cose perchè la serratura della porta di casa era stata cambiata, Malika ha deciso di sporgere denuncia alla Polizia il 18 gennaio. La risposta della madre?

Se torni ti ammazziamo, meglio 50 anni di carcere che una figlia lesbica.

La ragazza ha fatto poi ascoltare pubblicamente i 20 raccapriccianti messaggi vocali d’odio inviati dalla madre dopo il suo coming-out:

Ma che vita pensi di andare a fare? A fare la lesbica in giro additata da tutti?

Di’ a quella faccia di m***a che se l’acchiappo le levo il cuore dal petto e la sbrano in mille pezzi (riferendosi alla fidanzata di Malika)

Le altre persone sono fortunate perchè hanno figli normali, solo noi abbiamo uno schifo così.

Hai voluto farci toccare il fondo, ma non fino in fondo, ancora di più.

È uno schifo! Accidenti a te pezza di m***a.

E, come testimoniato da Malika, gli insulti non sono finiti qui. La madre è arrivata a minacciare la ragazza di “strapparle il cuore dal petto” qualora l’avesse incontrata per strada, senza contare di aver augurato alla giovane di prendersi il cancro. E Malika, in lacrime, ha detto:

Sono consapevole che l’errore non l’ho fatto io.

Per quanto possa amare una persona dello stesso sesso, non ho tolto nulla a nessuno, non ho fatto mancare nulla a nessuno, non ho mancato di rispetto a nessuno.

Spero che più si va avanti, più sia considerata una cosa normale l’amore tra due persone dello stesso sesso, perchè è normale.

Non è normale opprimere, non è normale picchiare perchè una persona è omosessuale.

Non è normale giudicare e puntare il dito.

Spero di essere una speranza per le persone che mi vedranno e che non hanno il coraggio di ammettere a se stessi o agli altri chi sono realmente.

Non c’è cosa più brutta che non ammetterlo a se stessi in primis e poi di vergognarsi con le altre persone.

Non c’è niente di sbagliato, niente di male. Finchè ci si ama non ci sarà mai niente di male.

Oggi, a tre mesi dalla denuncia, la ragazza non può ancora tornare a casa per prendere i vestiti e ammette di vivere nella paura. Non è cambiato nulla dal giorno in cui ha deciso di sporgere denuncia. E quando le chiedono se abbia paura che i genitori possano farle del male qualora decidesse di tornare a casa, Malika risponde:

Sì, di questo sono sicura, perchè fino a Pasqua ho ricevuto minacce, soprattutto da parte di mio fratello.

Lui mi diceva “vieni qui che ti taglio la gola” oppure “hai una malattia che si chiama tumore perchè stai con una ragazza” e ancora “dimmi dove sei che ti vengo a prendere”.

E quindi sì, ho paura. E per tutelarmi, visto che non ho più niente, ho deciso di denunciare legalmente.

Leggi anche: Catania, coppia gay invitata a scuola per parlare con gli studenti: i genitori boicottano l’incontro

Malika sulla lentezza della burocrazia italiana: “Ho dovuto urlare per vedere riconosciuto un mio diritto”

Malika sulla lentezza della burocrazia italiana: "Ho dovuto urlare per vedere riconosciuto un mio diritto"

Appena 48 ore dopo l’uscita del servizio, Malika ha sottolineato a Fanpage come il sostegno dell’opinione pubblica e delle istituzioni l’abbia aiutata ad intravedere una prospettiva futura:

Venerdì scorso sono andata a dormire sentendomi grata per aver finalmente avuto la possibilità di denunciare le violenze della mia famiglia, ma credevo che il giorno dopo tutto sarebbe tornato come prima.

Non è stato così. Il sostegno che sto ricevendo è enorme, sia da parte dell’opinione pubblica, sia da parte di personaggi noti delle istituzioni e del mondo dello spettacolo. Sono profondamente grata per tutto questo, per me è come rinascere.

Ma rimane una consapevolezza amara: soltanto grazie all’intervento di Fanpage si è mosso qualcosa. Dopo la pubblicazione del video, la Procura di Firenze ha infatti finalmente aperto un’inchiesta. Malika stessa ha detto:

Ho dovuto sperimentare sulla mia pelle la lentezza della burocrazia italiana, che contribuisce a creare un clima di isolamento intorno a chi è vittima di odio omofobico, di bullismo, di stalking o di qualsiasi altro genere di violenza.

Ho sporto denuncia contro i miei genitori il 18 gennaio 2021, ma fino all’altro ieri non è stato fatto praticamente nulla di concreto.

Ho dovuto ricorrere alla stampa per farmi sentire, sono felice che alla fine la mia richiesta di ascolto sia arrivata, ma mi chiedo: quante grida di aiuto si perdono nelle maglie della burocrazia italiana?

Io ho dovuto urlare per vedere riconosciuto quello che è un mio diritto, se non l’avessi fatto sarei ancora invisibile.

La cugina Yasmine ha organizzato per Malika una raccolta fondi, che ha attualmente raccolto più di 17mila euro. La giovane, nonostante tutto, ha poi richiesto di non insultare i genitori, anche se comprende la rabbia di molti di fronte alle terribili parole della madre.

Malika, cacciata di casa perchè lesbica, parla del Ddl Zan: “La libertà di espressione non ha nulla a che fare con gli insulti”

Malika sul Ddl Zan: "La libertà di espressione non ha nulla a che fare con gli insulti"

Interrogata poi sul Ddl Zan, rinviato in Senato per l’ennesima volta proprio in questo mese, Malika ha sottolineato come il provvedimento sia assolutamente necessario, data la drammatica frequenza in Italia di discriminazioni ai danni della comunità LGBT+. E sull’affronto alla democraticità di pensiero che il Ddl, secondo il centro-destra, potrebbe rappresentare, la ragazza ha risposto:

Penso che la libertà di espressione non abbia nulla a che vedere con insulti, offese e minacce. Se i miei genitori non mi avessero minacciata e offesa così nel profondo, non sarei arrivata a denunciare.

Penso anche che quando si parla di amore e di rapporti consensuali nessuno abbia il diritto di mettere bocca. Ognuno deve essere libero di amare chi vuole. Amare è sempre una cosa buona.

Care forze del centro-destra, basta rinvii e prese di posizione insensate: è arrivato davvero il momento di approvare il Ddl Zan. Le persone della comunità LGBT+ hanno il diritto di essere tutelate e lo Stato, da parte sua, ha il dovere di punire gli odiatori. Non c’è democraticità nell’odio, solo tanta inciviltà. E l’Italia deve dimostrare di essere un Paese civile.

Leggi anche: Ddl Zan, Fedez contro Pillon: “Ci spieghi il rifiuto. Non è prioritario che lo Stato tuteli i diritti di tutti?”

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Classe 1998, romana. Laureata in Scienze politiche e relazioni internazionali, ama l’attualità e la letteratura, ma la sua passione più grande è la sociologia, soprattutto se applicata a tematiche attuali. Nel tempo libero divora film e serie tv.
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