Dark kitchen, ristoranti virtuali e consegne a domicilio nel futuro della ristorazione

Se causa pandemia, ma non solo, i ristoranti sono i crisi, il mondo virtuale offre un'opportunità di business da 35 miliardi di dollari l'anno.

Asia Solfanelli
Asia Solfanelli
Intraprendente e instancabile penna, poliglotta, appassionata lettrice e avida viaggiatrice. Sviscerata amante del cinema. E ultimo, ma non per importanza, eterna studiosa, perché non si finisce mai d’imparare.
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Dark kitchen o ghost kitchen o hidden kitchen, veri e propri ristoranti virtuali: un’applicazione, una cucina, nessun coperto e il servizio d’asporto. È l’innovativo futuro dei ristoranti, per qualcuno già presente.

Se causa pandemia, ma non solo, circa il 60% dei ristoranti rischia di non riaprire la saracinesca, bisogna sapersi reinventare e fruttare al massimo le potenzialità offerte dal digitale.

È proprio questo mondo virtuale che già oggi, in aggiunta ai servizi di consegna attivi anche durante le festività natalizie, sta permettendo a molte imprese di difendersi e continuare la propria l’attività.

Dark kitchen, la frontiera del futuro della ristorazione

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Dark kitchen, ristoranti virtuali: la frontiera del futuro della ristorazione.

No, niente cucine da incubo, quelle sono le “Hell’s kitchen” di Antonio Cannavacciuolo. Le Dark kitchen sono di fatto ristoranti virtuali, che si occupano della preparazione di piatti, che, invece che essere serviti al tavolo, vengono consegnati direttamente a casa dei clienti grazie agli attuali e numerosissimi servizi di food delivery.

Alberto Mattiello, Head of innovation di Retail Hub, acceleratore di startup e scaleup verticale nel mercato del retail, spiega:

Aprire un ristorante significava individuare la location giusta, scegliere il tipo di ambiente che si voleva creare, costruire un menù e definire un prezzo coerente.

Nel mondo del dark cambia tutto perché la location è un’app, l’ambiente è la casa del cliente e il menù lo fanno i dati.

Dark kitchen, i vantaggi

Da marzo, a causa della pandemia, tutti i ristoranti si sono visti costretti a modificare il proprio modello di business e, di grandi locali in splendide location e con tavole imbandite, non è rimasta in uso che la cucina. Un’emergenza che di fatto sta facendo un trend di una realtà già da tempo esistente, anche se marginale.

Le dark kitchen consentono di risparmiare sull’affitto, creare nuove opportunità, aprire nuovi locali con investimenti molto contenuti, ma non solo. Come spiega Peter Backman, consulente inglese del settore, abituati alla comodità di Amazon che fa pervenire tutto alla nostra porta, è in incremento anche il desiderio di avere il cibo direttamente a casa.

Non viene meno il piacere di andare a mangiar fuori, ma allo stesso tempo nasce e cresce la smania di gustare prelibatezze anche agiatamente in pigiama.

Dark kitchen, le sfide

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Dark kitchen, sfide da risolvere attraverso la collaborazione tra ristoranti e servizi di food delivery.

Le dark kitchen sono un business sicuramente interessante e innovativo, tuttavia non così semplice come all’apparenza potrebbe sembrare. Danilo Gasparrini, cofondatore e amministratore delegato di Bun, chiosa:

E’ un modello di business che studiamo da tempo, ma da solo non è sostenibile: non ha una marginalità sufficiente, ma è chiaro che serve un mix di fatturato. Noi puntiamo a fare il 40% dei ricavi da delivery.

Ironico, ma vero: i principali detrattori sono i colossi del delivery, Deliveroo, Ubereats, Glovo, solo per dirne alcuni. Il manager di Bun chiarisce:

Le commissioni sono in continuo aumento e questo erode i fatturati. E poi c’è il grande tema dei dati. La piattaforme tendono a non condividerli con i ristoranti. Sono una miniera d’oro, ma vengono usati male.

Dark kitchen, le soluzioni per il futuro

Come arginare le problematiche? Serve un’intesa, un accordo tra ristoratori e servizi di consegna in modo da poter sfruttare al massimo i dati del mercato.

Sfruttare questi numeri consentirebbe di analizzare la domanda e di costruire un’offerta ad hoc: non solo menù capaci di soddisfare a pieno le esigenze e i gusti degli utenti, ma anche prezzi competitivi. Si pensi alla possibilità di offrire sconti per chi acquista dallo stesso ristorante dei vicini consentendo la consegna in un solo giro.

Molti vantaggi deriverebbero anche dalla coesistenza di più ristoranti nella stessa cucina, vale a dire un’ampia varietà di cucine diverse in un unico luogo. Una collaborazione che potrebbe garantire, oltre alla standardizzazione dei piatti, anche la condivisione di materie prime e risorse, un forte incentivo alle econome di scala.

Leggi anche: Natale 2020: menù in consegna a domicilio. Le 5 migliori App di food delivery

Il futuro delle dark kitchen, in Italia e non solo

Secondo le stime della Confcommercio, oltre il 60% delle attività di ristorazione è a rischio di chiudere, gli esperti dicono che una su quattro imprese potrebbe non riaprire i battenti. All’emergenza sanitaria si uniscono errori di valutazione e strategie sbagliate che vedono un solo tragico epilogo.

Tuttavia, c’è anche chi ha le possibilità e la voglia di reinventarsi e il mondo digitale rappresenta la nuova frontiera del business. Secondo Ubs, il mercato globale dei pasti a domicilio varrebbe 35 miliardi di dollari, una cifra che, con l’attuale crescita annua del 20%, potrebbe arrivare a 365 miliardi entro il 2030. Una grande possibilità aperta anche per il mercato italiano.

Natale in zona rossa, il servizio a domicilio la salvezza

Con il Decreto-legge del 18 dicembre, che ha decretato non il solo blocco degli spostamenti, ma anche la chiusura di bar e ristoranti, la consegna a domicilio rappresenterà l’unica possibilità di salvezza, l’unica fonte di guadagno per tutte quelle aziende che proprio nei periodi festivi di norma contano sul massimo dei profitti.

Sia nelle grandi città che nei piccoli comuni, sono moltissime le imprese impegnate nella ristorazione che già da marzo si sono reinventate per sopravvivere e far fronte dell’emergenza pandemica.

I servizi d’asporto organizzati da queste aziende non hanno solo permesso all’economia di continuare in qualche modo a girare, ma hanno hanno portato sulla nostra tavola molte di quelle delizie la cui privazione avrebbe reso la nostra quarantena ancora più triste e difficile da sopportare.

Verso una nuova era digitale

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Dark kitchen: verso una nuova era digitale.

Il “non si tornerà più come prima” è ormai virale, e per molti assodato. Inutile però vedere il bicchiere sempre mezzo vuoto e crogiolarsi su una situazione che, almeno per il momento, non possiamo cambiare.

Si guarda il bicchiere mezzo pieno: ci si sta dimostrando capaci di reinventarsi, adattarsi ai cambiamenti, si stanno creando nuovi spazi di dialogo e scambio, si sta resistendo.

Alberto Mattiello è convinto che alle porte del mondo virtuale si spalanchi “un mondo tutto da esplorare: i ristoranti tradizionali continueranno a esistere, ma per farlo devono anche saper innovare”.

Nella nuova era, più digitale che mai, le dark kitchen non sono solo una risposta all’emergenza sanitaria, ma rappresentano soprattutto nuovo modo di fare, un moderno modo di vendere e un mercato d’avanguardia in cui distinguersi.

Leggi anche: Conte, nuovo decreto legge: “Non stiamo perdendo tempo”. Italia Zona Rossa dal 24 dicembre al 6 gennaio

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