La solitudine, quel bene condiviso che è patrimonio di tutti

Domenico Di Sarno
Domenico Di Sarno
Informatico e politologo laureato con Lode. amante dei libri di ogni genere perché fortemente convinto che la cultura sia come il cibo, ne serve ogni giorno per nutrire la mente. Appassionato di storia e diritto costituzionale.
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Domenica 26 aprile 2020 il Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte, ha annunciato la cosiddetta fase 2 che dovrebbe portare a una fase di convivenza in sicurezza con il virus. In questi 51 giorni abbiamo visto di tutto, dalla sera dell’8 marzo quando il Presidente Conte pronunciò la famosa frase, non si sa quanto volontariamente, parafrasando Churchill “L’ora è buia”, il paese che è stato la culla dell’Impero Romano e della civiltà giuridica occidentale, ha vissuto sulla propria pelle e in prima persona quello che questa generazione aveva potuto leggere, solo e fortunatamente, sui libri di storia.

Tre uomini soli davanti al mondo

Quello che resterà scolpito nella memoria di questi giorni saranno tante cose, ma questo grande Paese per l’occasione diventato nazione e il mondo intero, che per qualche giorno si era tinto di tricolore, non potranno dimenticare certamente le immagini di 3 uomini, da soli davanti al mondo, in balia degli eventi e in presenza del fragoroso silenzio che pervadeva quegli spazi gloriosi che hanno fatto grande l’Italia e l’Europa e che il mondo ci invidia ancora oggi.

“Il vescovo vestito di bianco”

pontefice
La benedizione di Papa Francesco per la fine della pandemia in una Piazza San Pietro deserta.
Così recitava il testo del segreto di Fatima. La prima immagine, emblematica e suggestiva, di una bellezza che come un raggio di speranza perfora le tenebre è quella che abbiamo vissuto in mondo visione il 27 marzo. L’immagine del successore di Pietro, il vescovo vestito di bianco, Papa Francesco, da solo nella più famosa piazza del mondo, protetto dalle tenebre dalla sola luce della fede, irradiata dal Santissimo Sacramento e in sottofondo il solo rumore della fede che arriva ai cuori e quello sordo della pioggia battente che occupava, con il senso immateriale del silenzio, l’udito del mondo intero.

La voce nel silenzio di un Duomo deserto

Il secondo uomo, Andrea Bocelli, un cantante lirico, un tenore di fama mondiale, un ragazzo laureato in legge con l’amore per la musica che nel 1994, a 36 anni non ancora compiuti irrompeva sommessamente sulla scena del teatro Ariston di Sanremo. Quel ragazzo oggi ultrasessantenne in occasione delle festività pasquali decide di deliziare il pubblico italiano e mondiale di una sua magistrale esecuzione con sfondo la Basilica Cattedrale Metropolitana della Natività della Beata Vergine, il Duomo di Milano. L’immagine del cantante, ceco da circa 50 anni a causa del glaucoma, che percorre nell’oscurità ed in assoluta solitudine, quei passi verso il microfono posto sul sagrato del Duomo per andare a cantare, nel giorno di Pasqua, “Amazing Grace”, la Grazia Sorprendente. Il testo del ‘700 prende ispirazione, tra l’altro, dalle parole di San Paolo “Per questa grazia, infatti, siete stati salvati mediante la fede; questo non viene da voi ma è Grazia di Dio”. Quel cantante, che nell’oscurità della sua cecità percorre in solitudine quei passi sul sagrato del Duomo e la seguente, magistrale esecuzione di quella canzone in inglese scritta nel ‘700 ma adatta ai giorni nostri, dà l’idea di una umanità, che nel buio del futuro deve fidarsi solo della guida della luce della fede. Leggi anche: Papa Francesco e il peso della storia

L’uomo coi capelli bianchi che scende dal monumento

altare patria
Il presidente Sergio Mattarella il giono della Liberazione solo all’Altare della Patria.
Il terzo uomo è un vecchio signore di Palermo che ne ha passate parecchie. È stato avvocato, magistrato, fratello di una vittima della mafia, giudice della Corte Costituzionale e poi è diventato Sergio Mattarella, il presidente della Repubblica Italiana. In occasione della festività del 25 aprile, vissuta dal paese intero ancora in una ordinata e necessaria clausura, il capo dello Stato si reca all’Altare della Patria, il Vittoriano, per deporre la tradizionale corona di alloro, una scorta ridotta all’estremo necessario, la mascherina chirurgica riposta nel taschino interno subito prima di salire al milite ignoto con la corona deposta da 2 corazzieri anche loro, a testimonianza del fatto che anche la guardia d’onore del Presidente della Repubblica è fatta di uomini in carne e ossa, con le mascherine chirurgiche. La corona viene deposta, i corazzieri immobili e impassibili come impone il cerimoniale e il silenzio che invade Roma è rotto da quel battito muto che parla alle anime e che si esprime attraverso le note musicali del silenzio, intonato da una tromba. Subito dopo i corazzieri restano sull’attenti, il Presidente si gira e scende gli scalini dell’Altare della Patria. Davanti a sé ha piazza Venezia, con la grande rotonda, vuota. L’immagine che il mondo vede è un uomo con i capelli bianchi mentre scende la scala del Monumento a Vittorio Emanuele, il Capo dell’ordine al Merito della Repubblica Italiana nonché capo delle forze armate, da solo sullo sfondo mastodontico e maestoso del marmo bianco del monumento simbolo della Patria. Leggi anche: Liberazione, Mattarella da solo e con la mascherina all’Altare della Patria

I tre uomini soli in compagnia del mondo

Tre uomini soli. Tre riferimenti per altri. Da soli, loro, nel nostro silenzio, da soli come ognuno di noi nel percorso verso un futuro che di certo ha solo ha solo l’ignoto. Tre uomini che nella loro solitudine e nel loro ruolo hanno provato con la luce a rompere il silenzio e con la fede a rompere l’incertezza di un popolo intero.     di Domenico Di Sarno

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