La pizza allunga la vita, una ricerca scientifica lo conferma… e vince l’Ignobel

Marianna Chiuchiolo
Marianna Chiuchiolo
Giornalista con studi in Mediazione Linguistica, una formazione da teatrante e una generale tendenza a perdersi nei vicoli di una fervida immaginazione. Ama in egual misura la scienza e la poesia e si spende da tempo per la crociata della Mental Health Awareness come missione di vita.
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“Premiare l’insolito, l’immaginifico, e stimolare l’interesse del pubblico generale alla scienza, alla medicina, e alla tecnologia”, uno scopo nobile per una delle cerimonie di riconoscimento più seguite al mondo. No, non stiamo parlando dei Nobel ma del loro fratellino minore, quello che della scienza mette in evidenza soprattutto il lato grottesco e improbabile. È capitato a tutti di pensare “Ma c’è qualcuno che viene pagato per fare queste ricerche?” davanti a una scoperta curiosa. La risposta è sì, ci sono scienziati che spendono ore in laboratorio a misurare il tempo che una goccia di pece impiega a cadere o a studiare gli effetti della respirazione forzata da una sola narice. È per loro che sono stati istituiti gli Ig Nobel, i riconoscimenti assegnati agli autori degli studi che “prima fanno ridere e poi pensare”. L’idea di un riconoscimento ufficiale attribuito a scopo prevalentemente goliardico non è certo unica: ben noti sono i Darwin Awards, assegnati annualmente alle morti più stupide, il cui scopo è premiare le vittime della propria idiozia per aver migliorato il pool genetico dell’umanità togliendosi di mezzo. Un po’ più di impegno è richiesto per vincere uno dei Razzie Awards, dedicati alle peggiori produzioni e performance cinematografiche, ai quali va il merito di aver fatto capire a Shyamalan che non puoi pulirti le scarpe su una delle opere d’animazione più belle degli ultimi decenni e passarla liscia. Nel caso degli Ig Nobel, però, abbiamo a che fare con un premio istituito dall’Università di Harvard quasi trent’anni fa, per il quale ricerche di laboratorio vere e proprie vengono valutate e classificate da quelli che il Nobel l’hanno vinto davvero. Che poi, a dirla tutta, ci sono stati anche casi di scienziati che i premi li hanno conseguiti entrambi, ma questa è un’altra storia. Leggi anche: La cucina pugliese conquista New York: il caso Panzerotti Bites

Tra i vincitori dell’edizione 2019 c’è una ricerca italiana

Quest’anno la cerimonia ci tocca da vicino, perché tra i premiati c’è anche un team italiano che ha scelto di concentrarsi sull’interrogativo che noi abitanti del Bel Paese, in fondo, ci siamo sempre posti: mangiare pizza allunga la vita? La ricerca che ha finalmente sciolto questo dubbio si è aggiudicata il premio per la categoria Medicina ed è stata la protagonista indiscussa della cerimonia di quest’anno, nonostante la compagnia di altri nove studi dall’altrettanto notevole valore scientifico e sperimentale. C’è, ad esempio, l’Ig Nobel per l’Anatomia conquistato da Tolosa Robert Mieusset, i cui studi sulla fertilità maschile hanno richiesto esperimenti quantomeno singolari: la misurazione della differenza di temperatura dei testicoli di decine di postini francesi. I risultati della ricerca confermano che in genere il testicolo destro è più caldo del sinistro quando si è vestiti, il che lo renderebbe potenzialmente più a rischio di infertilità. Sapevatelo. Oh, e per ogni timore, sono in arrivo i pantaloncini coibentati per equilibrare la temperatura scrotale. Altrettanto interessante la ricerca che si è aggiudicata il trofeo per la sezione Chimica, quella di un team giapponese che ha misurato la quantità di saliva prodotta quotidianamente da un bambino di cinque anni: 500 millilitri al giorno. Un riconoscimento speciale sarebbe da assegnare agli stagisti che si sono presi la briga di rincorrere per una giornata intera ogni ragazzino oggetto di studio con una bottiglietta di Ferrarelle vuota tra le mani. L’Ingegnere iraniano che ha progettato la macchina cambia-pannolini, invece, potrebbe effettivamente aver cambiato qualche vita in meglio. Ma stiamo divagando, si parlava della nostra amata pizza. L’Università di Maastricht e l’Istituto Mario Negri di Milano hanno portato avanti una collaborazione per valutare gli effetti del consumo di pizza sulla salute, in particolare riguardo alla sua correlazione con l’incidenza di alcuni tipi di tumore tra cui quelli alle ovaie e alla prostata. Il responso: sì, la pizza migliora la vita, ma solo se fatta in Italia. Del resto, noi italiani lo abbiamo sempre saputo. Leggi anche: Pescaria, i panini made in Puglia che hanno conquistato anche Facebook   di Marianna Chiuchiolo

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Marianna Chiuchiolo
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Giornalista con studi in Mediazione Linguistica, una formazione da teatrante e una generale tendenza a perdersi nei vicoli di una fervida immaginazione. Ama in egual misura la scienza e la poesia e si spende da tempo per la crociata della Mental Health Awareness come missione di vita.
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