INPS blocca i furbetti della cassa integrazione: oltre 2000 aziende sospette

Elza Coculo
Elza Coculo
Elza Coculo, 30 anni, di adozione romana. Lettrice appassionata con formazione in Studi italiani. Laureata in Editoria e Scrittura. Redattrice per Il Digitale. Amo scrivere di attualità e cultura eco-sostenibile.
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Tra le migliaia di richieste arrivate all’INPS per avere accesso alla cassa integrazione Covid, ce ne sono oltre 2.000 che l’istituto ha giudicato sospette di frode. Sarebbero, per l’esattezza, 2.143 secondo i dati messi a disposizione dell’Huffpost. Parliamo di società fittizie, nate al solo scopo di ottenere gli ammortizzatori sociali previsti dal decreto Cura Italia. E si aggiungono a questo, migliaia di assunzioni retrodatate in favore di parenti e affini. Il dato è desolante se si considera anche che sono stati presi in esame i soli due mesi di aprile e maggio 2020, mentre per l’intero anno 2019 le segnalazioni sono state poche di più, circa 2.300.

I furbetti della cassa integrazione

Tra aprile e maggio scorso l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale ha registrato migliaia di iscrizioni che gli ispettori definiscono di società fittizie. Il rischio probabile è che dietro queste aziende non ci sia nessuno e cioè che nella realtà non esistano. Un tentativo di frode per poter accedere ai fondi pubblici stanziati durante l’emergenza Covid. Dalle stesse aziende, dice l’INPS, sono arrivate migliaia di comunicazioni relative a nuove assunzioni retroattive, datate 17 marzo, giorno dell’approvazione del Cura Italia. Lavoratori fino a quel giorno invisibili al fisco hanno potuto fare richiesta per la cassa integrazione. Leggi anche: INPS, Tridico: “Stiamo riempiendo di soldi gli italiani”

Come l’INPS ha stanato le imprese a rischio frode

Per gestire il cumulo di pratiche da vagliare l’INPS si avvale dell’ausilio di Frozen, ‘una metodologia di controllo automatizzata’ scrive Huffpost ‘basata su sistemi statistici predittivi, quindi non ex post’. Frozen è tarato per calcolare l’indice di rischio oltre il quale un’azienda potrebbe risultare sospetta. E lo stesso accade con le richieste di cassa integrazione. L’Istituto sta redigendo un rapporto dettagliato nel quale questo tipo di truffe verranno segnalate. Insieme ai tentativi di numerose aziende di sfruttare il lavoro nero dei dipendenti, pur risultando questi ultimi cassaintegrati. La diffusione dello smart working, fiscalmente parlando, ha aperto buchi neri che sembrano voragini e non pochi furbetti potrebbero emergere anche da questi ulteriori controlli. Leggi anche: Coronavirus e smart working: la rivoluzione digitale del lavoro in Italia di Elza Coculo  

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Elza Coculo, 30 anni, di adozione romana. Lettrice appassionata con formazione in Studi italiani. Laureata in Editoria e Scrittura. Redattrice per Il Digitale. Amo scrivere di attualità e cultura eco-sostenibile.
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