Il testamento di Michela Murgia: “Ecco a chi lascio i pc e le password dei miei account”

Michela Murgia parla della sua malattia e del suo testamento: "Sto facendo tutto quello che volevo fare".

Ilaria De Santis
Ilaria De Santis
Classe 1998. Esperta in Editoria e scrittura, è molto attenta ai dettagli, scrive poesie e canzoni ed è appassionata di musica, serie TV e sceneggiatura. “In tristitia hilaris, in hilaritate tristis”.
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Michela Murgia torna a parlare della sua malattia in un’intervista a “Vanity  Fair”, presente nell’ultimo numero nel mese del Pride, dedicato alle famiglie queer, proprio come è la sua, “ibrida e non convenzionale”, perché non si può dare un nome preciso “a questa creatività degli affetti”. E da poco ha preso la decisione di prendersi una pausa dagli eventi pubblici, dopo un intenso Salone del Libro, in cui ha raccontato il suo ultimo libro Tre ciotole, proprio per dedicarsi ai suoi cari.

Attualmente, sta curando il tumore ai reni al quarto stadio con l’immunoterapia “a base di biofarmaci che stimola la risposta del sistema immunitario”. Il suo desiderio più grande? Essere sempre felice “e non fare stare male le persone che amo”, dichiarandosi molto fortunata “perché ne amo molte e sono riamata in modi molto diversi”. Invita anche a non aspettare un evento doloroso per fare tutto quello che si ha in mente di realizzare.

Michela Murgia: “Quella notizia voleva dire tempo, non cancro”

La morte, allora, non le fa paura, e non è più un tabù, significa lasciare un ricordo a tutti senza avere rimpianti:

Questo è il tempo migliore della mia vita. È come se avessi vissuto dieci vite.

Michela Murgia durante il secondo lockdown, quindi, durante il capodanno 2021, è arrivata in ospedale in condizioni molto gravi, pensando al peggio. Ma poi quella notizia. Il tumore in quel momento le aveva dato, in qualche modo, la speranza di vivere più a lungo e di lasciare presto l’ospedale:

Ero in condizioni di semi incoscienza, ma sono sopravvissuta alla terapia intensiva per una reazione straordinaria del corpo alle prime cure di rianimazione.

Quando mi sono ripresa e sono uscita, quando è arrivata la diagnosi del tumore era una buona notizia, perché avevo ancora tempo.

Leggi anche: Michela Murgia: “Sposo Lorenzo Terenzi, ma poteva anche essere una donna”

La scrittura come cura del tempo

Michela Murgia appare sempre con quel suo sorriso che la contraddistingue, e al momento sta vivendo su una “soglia”, soddisfacendo tutti i suoi desideri ancora irrealizzati. La sua paura più grande, in realtà, è il dolore, ma sa che la sua amica più grande, la scrittura, sarà per sempre al suo fianco, avendo sempre un costante dialogo con lei:

Non ho provato rifiuto. Quella notizia non voleva dire cancro, voleva dire tempo.

Ho solo paura del dolore. Ma ovviamente, se si ammalasse uno dei miei figli, non sarei così serena.

È gestibile anche questo stadio, perché posso vivere, posso scrivere.

In questo anno e mezzo ho scritto, sono andata in America, mi sono goduta le sfilate, sono andata sull’Orient Express.

Michela Murgia e il rapporto virtuoso con la malattia: “Sto facendo tutto quello che voglio”

La scrittrice confessa di aver fatto un testamento, decidendo a chi lasciare non i suoi averi, ma i suoi “affetti” personali:

È un dono fantastico, sto facendo le cose che volevo, sto amando le persone che ho voluto, ho scritto i libri che ho voluto.

Il testamento l’ho fatto con l’avvocata Cathy La Torre e alla presenza di Claudia (con cui condivide un figlio) per decidere insieme anche le cose dei ragazzi.

Tutto il mio armadio va in capo a (Chiara) Tagliaferri.

La cosa buffa è stata la richiesta di Alessandro (Giammei).

Un elenco in cui mi ha detto: “Voglio i tuoi computer, le password dei tuoi account, il titolo di cavalierato francese e la pennetta usb con tutte le giocate nella community”.

Chiara Valerio invece non ne vuole sapere niente, dice: “Io voglio trattarti da viva fino all’ultimo giorno, io voglio far finta che questi preparativi non esistano”.

Leggi anche: Michela Murgia: “Burioni mi ha deluso. Come fa a giudicarmi senza aver visto la cartella clinica”

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