30 anni senza Federico Fellini: l’aggettivo di cui non finiremo mai di avere bisogno

A 30 anni dalla sua scomparsa, la presenza del genio del cinema italiano è ancora visibile nelle opere da cui abbiamo ereditato un profondo significato.

Melissa Matiddi
Melissa Matiddi
Esperta in comunicazione e digital marketing, studia lo yoga e le discipline orientali. Ama creare, leggere e viaggiare. Silenziosa ma rumorosa, è sempre pronta a varcare nuovi orizzonti.

Federico Fellini ci ha lasciato non film, non libri, ma inestimabili opere dal valore immortale, la cui bellezza e significato riecheggiano intramontabili nel nostro oggi.

Il genio dell’immaginario cinematografico, vincitore di ben cinque premi Oscar, si spegneva proprio il 31 ottobre del 1993 a Roma, lasciando un’eredità culturale di cui siamo divenuti i diretti custodi.

Regista, scrittore, sceneggiatore e fumettista, Federico Fellini è in grado di rievocare i toni grotteschi e caricaturali della vita di provincia e adattarli a delle tematiche variopinte di attualità, di politica e di dolore.

Il Maestro del cinema che diventa aggettivo vogliamo omaggiarlo per la visione lungimirante che ci ha donato e l’infinita passione per la vita.

Federico Fellini: “Un genio con l’anima da bambino”

Innovatore, sceneggiatore, attore e perenne innamorato dell’Italia è riuscito a individuare le storture future che hanno colpito il nostro paese. Considerato un po’ l’uomo del futuro, come Calvino, ha attualizzato le sue opere in modo spaventosamente anacronistico.

Federico Fellini nei suoi film è stato capace di rappresenta la vita: dolce, amara, cruda, pittoresca e poetica.

Incarnando le sembianze di un giovane italiano appassionato di cinema e scrittura, ci ha ingannato facendoci credere di essere un semplice regista che raccontava soltanto storie attraverso il grande schermo, invece, è stato molto di più.

Precursore del fantarealismo, termine utilizzato per definire la fusione di immagini fantastiche e oniriche e fondatore dei simboli ricorrenti, come ad esempio: la strada deserta, il matto, il clown, la figura materna, il circo, la spiaggia e i caffè concerto, è stato in grado di fondere il sogno e la realtà.

I nostri sogni sono la nostra vita reale.

Le mie fantasie e ossessioni non sono solo la mia realtà, ma la materia di cui sono fatti i miei film.

In un continuum temporale che squaglia appassionatamente razionalità e pensiero libero, le due forze si sovrappongono fino a confondersi naturalmente e, quella che appare come grande emozione, dovrebbe essere vissuta, secondo il Maestro, senza alcuna interruzione o esitazione.

Non ho molto da dire.

Credo di aver imparato molto poco in tutti questi anni: ho imparato che ci sono molte cose sconsiderate che puoi fare.

E tra quei milioni una che è ancora più sconsiderata delle altre.

E di solito fai quella.
Ho imparato che il blu e il nero insieme sono un cazzotto in un occhio.

Ho scoperto che con gli anni i tuoi errori e i tuoi rimpianti impari ad amarli come figli.


Ho imparato che la nostalgia ha lo stesso sapore della cioccolata bollente.


Ho imparato che i film di Ingmar Bergman non sono solo capolavori: sono lezioni di vita.

Amarcord: la commedia del 1973 travestita da giorni nostri

Amarcord è uno dei film più famosi del regista romagnolo, il cui termine è entrato nella cultura popolare diventando un neologismo della lingua italiana. Si tratta dell’unione di due parole in un sintagma, una sorta di univerbazione.

Narra la vicenda di un antico borgo negli anni ’30 dove i giovani, protagonisti della vicenda, sognano letteralmente ad occhi aperti, presi da una forte esplosione sessuale.

Indubbiamente, in questa pellicola è evidente l’elemento autobiografico, il titolo stesso significa in dialetto “Mi ricordo“. Attraverso gli occhi del personaggio, si ripercorrono la storia del paese, la giovinezza e riemergono gli affetti più cari del regista.

Quello che ci restituisce questa pellicola non è soltanto la sostanza poetica che salta subito agli occhi e ci tocca il cuore, ma le figure caricaturali di persone che appartengono a tutte le dimensioni temporali possibili. I tipi universali diventano appunto immortali, sono capaci di vivere e rivivere in ogni secolo donando allo spettatore fascino, divertimento, malinconia e suggestione.

E così, ogni personaggio passato, presente e futuro custodisce il suo personale amarcord, simbolo di un ricordo nostalgico di momenti ormai lontani nel tempo.

Federico Fellini è l’aggettivo “felliniano” di cui abbiamo bisogno

Federico Fellini

Un artigiano che non ha niente da dire, ma sa come dirlo.

Federico Fellini si autodefiniva in questo modo. Scomparso all’età di 73 anni è stato in grado di ispirare l’aggettivo “felliniano“, utilizzato appunto per indicare qualcosa di onirico, magico e allo stesso tempo grottesco.

Mio padre voleva che facessi l’ingegnere, mia madre il vescovo, e io sono diventato un aggettivo.

“Felliniano” individua un preciso modo di raccontare le cose e le situazioni che coinvolgono le persone. Si può utilizzare per descrivere una scena poetica, ma strampalata dotata di un fascino bizzarro oppure per denotare particolari personaggi dalle connotazioni caricaturali.

Federico Fellini è andato oltre i confini predefiniti del cinema italiano, ha varcato il panorama cinematografico internazionale, restituendo a tutti, non solo un linguaggio inclusivo che è entrato nel nostro vocabolario, ma una visione di vita condita da atmosfere oniriche-assurde che solo Fellini avrebbe potuto tramandare.

Melissa Matiddi
Melissa Matiddi
Esperta in comunicazione e digital marketing, studia lo yoga e le discipline orientali. Ama creare, leggere e viaggiare. Silenziosa ma rumorosa, è sempre pronta a varcare nuovi orizzonti.
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