Empatia, una qualità da coltivare e allenare

Cosa significa empatia nella vita di tutti i giorni? Ecco come sviluppare questa capacità che aiuta a sintonizzarsi e a comprendere i pensieri dell'altro.

Enrica Vigliano
Enrica Vigliano
Enrica Vigliano, romana per adozione. Lavora nel mondo dell’arte e della comunicazione di eventi, dopo gli studi di Archeologia e di Business dei beni culturali. Adora parimenti la matematica e la grammatica, avendo una predilezione per le parole crociate e per la vita all’aperto.
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Ormai se ne sente parlare in tutti gli ambiti sociali, dal marketing alla medicina, dal lavoro all’insegnamento: l’empatia è diventata sinonimo di successo nelle relazioni interpersonali.

Quante volte si promuove un approccio empatico, un ascolto empatico, una comunicazione empatica e un atteggiamento empatico per risolvere piccoli e grandi problemi nella vita di tutti i giorni?

Ma cos’è l’empatia? E come si acquisisce? È un tratto del carattere che si può migliorare, o è un atteggiamento che si può apprendere?

Cosa vuol dire empatia?

Che significa empatia? In famiglia, in ufficio, tra amici, guardando la tv o leggendo un post su Facebook, la parola empatia viene declinata a seconda della situazione ed è impossibile non imbattercisi.

Empatia significato etimologico e storia del termine

Il termine deriva dal greco en=dentro e pathos=sentire, anche se è stato coniato solo poco più di un secolo fa dallo psicologo Edward Titchener nel 1909. Condivide con simpatia e compassione la parola pathos che indica l’emozione, il sentimento, il moto dell’anima.

Titchener mutuò il significato di empatia dalle trattazioni di ambito tedesco sull’estetica della fine del XIX secolo, in cui l’empatia era una specie di partecipazione emozionale ed emotiva nei confronti prima della natura e poi dell’arte in generale.

Da allora in poi il termine iniziò a essere impiegato su larga scala nel campo psicologico, per poi dilagare in tutte le discipline in cui siano previste relazioni tra esseri umani, tanto che il suo uso è, talvolta, abusato.

L’empatia è quindi la capacità di mettersi al posto dell’altro, calarsi letteralmente nei suoi panni, riuscendone a capire i pensieri e a sentire le emozioni che prova come fossero propri.

Il duplice legame che si instaura, il comprendere e il provare su di sé le emozioni dell’altro, mette in evidenza la natura cognitiva ed emotiva dell’empatia.

A quali esigenze risponde l’empatia?

Cosa rende l’empatia così straordinaria? E perché le persone empatiche sono più apprezzate?

Il motivo è in realtà piuttosto semplice ed è da ricercarsi tra le necessità e i bisogni dell’essere umano.

Uno di quelli fondamentali, che regola le amicizie e le relazioni più strette, è il sentirsi ascoltati, presi in considerazione, capiti. E lo si può essere solo e soltanto se la persona di fronte a noi ha la capacità di immedesimarsi, di sostituirsi per un attimo a noi.

Quante volte lo sconforto del “nessuno mi capisce” rende le nostre giornate nere e senza prospettiva!

La parola di un amico, un abbraccio e a volte anche solo un sorriso, sono fonte di profondo ristoro e rasserenamento, perché ci solleva dall’enorme responsabilità di doversi confrontare con un mondo enormemente più complicato e più grande di noi. L’empatia ci fa sentire accolti, capiti, non abbandonati.

Neuroscienza ed empatia

In un primo momento il concetto di empatia era relegato al solo ambito psicologico, nella fattispecie della psicologia positiva e cognitiva.

A partire dagli anni Ottanta e Novanta del Novecento un gruppo di ricercatori di Parma, capeggiati da Giacomo Rizzolatti, ha scoperto l’esistenza dei cosiddetti “neuroni specchio”, che reagiscono e si attivano quando ci si trova di fronte a emozioni di sofferenza o gioia.

Sono gli stessi che ci fanno saltare sulla sedia quando il nostro calciatore preferito segna un goal, piangere davanti a un film particolarmente struggente, sbadigliare se qualcuno nella stanza fa lo stesso. O, ancora, che ci fanno ridere a crepapelle senza un motivo quando qualcuno ha una “risata contagiosa”.

Ma sono anche quelli  che ci spingono a batterci contro le ingiustizie, a donare soldi, persino a comprare.

Lo studio delle neuroscienze ha dato un impulso molto forte allo sviluppo delle indagini su come funzionino le nostre emozioni e l’empatia in particolare. Se è vero che la parola stessa, e-mozione, significa produrre un movimento, un’azione (e + movere), è altrettanto vero che quando ci emozioniamo o ci sentiamo chiamati in causa è impossibile stare fermi: si reagisce.

Così è stata data una spiegazione scientifica anche all’empatia, capacità in grado di spingere a comportamenti poco razionali, come gettarsi in un fiume in piena per salvare qualcuno, ma anche semplicemente commuoversi per gli altri o rinunciare a qualcosa in favore di terzi.

L’empatia in psicologia

Considerata un’abilità sociale di vitale importanza dalla psicologia moderna, l’empatia riveste un ruolo fondamentale anche nella psicanalisi e in psicologia soprattutto per quello che concerne il rapporto terapeuta-paziente.

Molti rami della psicologia indicano l’empatia come uno dei cardini fondanti della condotta dello specialista, in modo che i pazienti possano esprimersi liberamente e migliorare con più facilità.

Dal punto di vista scientifico sono stati distinti tre tipi principali di empatia:

Emotiva

Le’mpatia emotiva qualifica una reazione, per lo più automatica e spontanea a un’emozione esterna. Se vediamo qualcuno piangere ci rattristiamo per lui, ma ci sono persone talmente empatiche che si mettono a piangere come se stessero vivendo lo stesso disagio dell’altro. Si sviluppa molto precocemente e i bambini ne sono maggiormente caratterizzati

Cognitiva

Questa è l’attitudine che ricalca il significato di empatia “calarsi nei panni dell’altro”. Non è una pura imitazione, ma una condivisione e soprattutto una presa di coscienza dello stato d’animo dell’altro.

Comportamentale

Più difficile da osservare, l’empatia comportamentale è quella che ci porta ad assimilare gesti, modi di parlare e di agire degli altri senza che ce ne accorgiamo realmente. Caratterizza spesso le famiglie: quante volte ci sarà capitato di dire, guarda, cammina come suo padre/sua madre o i due fratelli hanno lo stesso modo di sorridere?

L’empatia è alla base della generosità…

Il fundraising è forse uno degli ambiti in cui l’empatia è maggiormente sfruttata negli ultimi anni, a seguito di una serie di studi che hanno messo in luce i meccanismi del “dono”.

Donare, dal punto di vista prettamente evolutivo, non è istintivo. Eppure quando regaliamo qualcosa o una somma di denaro a una causa che ci sta a cuore, ci sentiamo subito ripagati.

Merito dell’ossitocina, l’ormone che regola e incrementa la capacità di empatia verso gli altri, i cui livelli aumentano nel sangue al momento di fare una donazione.

…e dello shopping

L’empatia è il fondamento del marketing: per vendere, o meglio, per far sì che il cliente voglia comprare un certo prodotto, il venditore deve sapere ciò che vuole, ciò che sogna, ciò che si aspetta.

Il primo passo per scoprirlo e per mettersi in connessione è ascoltare. Non si tratta di immaginare o assecondare, si tratta di far proprie le necessità di chi aprirà il portafogli per acquistare una marca al posto di un’altra.

Le grandi aziende lo sanno e tutto il loro mondo, dal packaging ai caratteri usati, dai colori ai loghi scelti per rappresentarsi, dalle pubblicità ai siti internet, racconta il bisogno di raggiungere empaticamente i propri clienti, per soddisfarli.

Sono stati elaborati dei sistemi interi basati sull’empatia che si usano per rispondere nel modo più corretto possibile alle necessità del cliente studiandone le abitudini e i sentimenti. Come ad esempio la mappa dell’empatia, dove il sorriso dell’acquirente al centro del foglio è incorniciato dalle domande: cosa pensa, cosa sente, cosa dice e fa, cosa vede?

L’importanza di essere empatici

Sapersi immedesimare, capire con uno sguardo i problemi degli altri e comprenderne le emozioni è importantissimo perché ci aiuta a capire come reagire e come poter essere di sostegno nella situazione specifica.

Avere una grande empatia comporta quasi sempre manifestare un atteggiamento solerte e di supporto in qualsiasi tipo di occasione.

Come si misura il grado di empatia?

Sebbene ognuno di noi abbia più o meno consapevolezza delle proprie doti e dei propri limiti, ci si può chiedere, non avendo mai approfondito la tematica: sono empatico? Come faccio a saperlo?

Da un punto di vista psicologico sono stati elaborati numerosi test e questionari basati sul riconoscimento degli stati d’animo degli altri.

Se ne trovano anche in rete o sulle app che si propogono di sviluppare la cosiddetta “intelligenza emotiva” e fondamentalmente le domande sono rivolte a capire quanto le dichiarazioni scritte siano o meno aderenti al nostro modo di pensare/sentire.

Interessante osservare che alcuni studi basati sul  Questionnaire for Cognitive and Affective Empathy (QCAE) abbiano evidenziato che le persone dotate di grande empatia avessero anche più materia grigia, ovvero più neuroni e sinapsi in una zona particolare del cervello chiamata insula anteriore.

Come riconoscere se si è empatici

Senza dover ricorrere a studi e questionari, alcuni segnali possono aiutarci a capire quanto siamo empatici.

  • Sensibilità: l’empatico è una persona estremamente sensibile, al limite dell’emotività. Tende ad addossarsi la responsabilità del benessere altrui, vivendo in prima persona gli stati d’animo dell’altro. In alcuni casi riescono addirittura a provare lo stesso dolore fisico dell’altro. Questa condizione lo porta spesso a esaurire tutte le sue energie e a sentirsi spossato, sia fisicamente che psicologicamente.

    Se tutti i tuoi amici ti cercano prevalentemente quando hanno dei problemi, stai pur certo di essere tu l’empatico del gruppo! Sei la persona di cui si fidano per avere un conforto e un confronto produttivo.
  • Creatività: la sensibilità dell’empatico si accompagna spesso con uno spiccato estro artistico e con la capacità di astrazione. Vivere le vite degli altri attraverso le emozioni è una fonte inesauribile di ispirazione che l’empatico incanala nelle attività più disparate.
  • Bisogno di capire: un empatico vorrà sempre andare oltre l’apparenza e scendere nel profondo dei pensieri altrui per avere un quadro della situazione il più possibile chiara della sua visione. Di qui nasce il desiderio di comunicare, collaborare, connettersi e lo scopo ultimo dell’empatico di voler percorrere insieme un tratto di cammino.
  • Naso per le bugie: non c’è niente da fare, un empatico sa quando qualcuno davanti a lui sta mentendo. Non servono tante parole né particolari espressioni, perché sapersi immedesimare significa anche prevedere e sentire la menzogna. Ti trovi spesso nella condizione di dire, “ecco lo sapevo, me lo sentivo che non fosse vero?”
  • Amore per la natura: se sei empatico verso gli uomini, figuriamoci verso gli animali e la natura in generale, indifesi come sono! La natura è fonte di benessere per l’empatico e di rigenerazione del proprio equilibrio interiore.

    Una sorta di rifugio per ricaricare le pile dopo aver speso tutta l’energia per assecondare e risolvere i problemi degli altri. Se anche tu hai bisogno di scappare ogni tanto lontano da tutto e da tutti, probabilmente è perché sei dotato di grande empatia.
  • Desiderio di libertà: l’empatico non sopporta catene né violenze. Preferisce appartarsi e vivere delle proprie esperienze, nutrendosi di letture e cercando di capire sempre più il mondo intorno a sé. Per questa sua caratteristica spesso è additato come introverso, ma la realtà è che per elargire la sua carica empatica ha bisogno di riflettere molto e fortificare le sue difese per evitare di essere prosciugato dalle emozioni degli altri.

Il rovescio della medaglia

Alcune persone sfruttano l’empatia con intenti manipolarori, spesso per ottenere un guadagno personale. Un esempio potrebbero essere i cartomanti o i cosiddetti “santoni”. La spiccata capacità di soddisfare il bisogno dell’altro in un determinato contesto acceca o influisce sulla percezione di essere raggirati da parte dei malcapitati.

Peggio ancora, l’empatia può inibire le relazioni sociali o portare a un comportamento amorale. Pur non volendo ledere l’altro, un eccesso di empatia può causare grossi danni.

Immaginiamo ad esempio di assistere a un incidente stradale e di essere sopraffatti dalle emozioni scaturite dall’immedesimarsi nella scena. Questo potrebbe comportare un ritardo nel chiamare i soccorsi, o adirittura una fuga di fronte all’ondata irrefrenabile della paura.

Alle volte un eccesso di empatia verso determinate tematiche o valori che si sentono più vicini ai nostri può impedire od ostacolare la libertà delle altre persone. Pensiamo al razzismo, ma anche solo al bullismo e alle cattiverie fatte in nome di un “sentire comune” diverso da quello avversario.

La mancanza di empatia e il narcisismo

Senza alcun dubbio l’empatia è a rischio nella nostra società che privilegia l’edonismo e l’individualismo. Capita spesso di imbattersi in persone in cui il piacere personale prevale sulla nozione di comunità e di collaborazione, nelle piccole e nelle grandi cose.

Arrivismo, necessità di prevalere, ricchezza, sono tutti aspetti che oscurano l’empatia e l’attenzione verso l’altro e che fanno emergere un tipo di difetto ostinato e difficile da eradicare: il narcisismo.

Il rischio maggiore per un empatico è proprio quello di trovarsi a stretto contatto con un narcisista. Si instaura infatti la tipica relazione vittima-carnefice, poiché il narcisista, convinto di essere nella posizione svantaggiata, chiederà al primo una totale e incondizionata attenzione, che costringerà presto l’empatico a esaurire tutte le sue riserve, senza, per altro, accontentarlo.

Come sviluppare l’empatia?

Ecco alcuni consigli per chi abbia voglia di sentirsi a più stretto contatto con le emozioni degli altri. Non tutti possono essere empatici allo stesso modo e c’è chi nasce con una particolare predisposizione verso il prossimo. Anche l’educazione ha un ruolo importante nello sviluppo dell’empatia, già nei primi anni di vita.

Ma nonostante tutto, nel momento in cui ci si renda conto di essere poco altruisti o poco in grado di andare incontro alle esigenze dell’altro, c’è sempre modo di migliorarsi!

Per allenare l’empatia bisogna lavorare su alcuni aspetti che renderanno la lettura dell’altro estremamente più facile:

  • Autostima: sembra assurdo, ma per prima cosa bisogna avere fiducia in se stessi. È un passaggio fondamentale che sta alla base di qualsiasi tipo di relazione, sia essa amichevole o amorosa o semplicemente di conoscenza. L’autostima permette di conoscersi a fondo e di predisporsi alla ricerca delle ragioni di determinati comportamenti anche negli altri.
  • Ascolto: ne abbiamo già parlato, ma l’ascolto è la seconda parola chiave che rende una persona empatica. Non si intende solamente “stare a sentire” o ascoltare passivamente. L’ascolto attivo è invece la capacità di dimostrarsi attenti alla storia che ci stanno raccontando e coinvolti sul piano emotivo. E come si fa? Fare domande pertinenti ma non invasive, mostrare interesse, farsi rispiegare le cose che sono poco chiare, non dare giudizi… la strada dell’apertura verso l’empatia è difficile ma può regalare intense emozioni per chi sa…ascoltare..
  • Giudizio: una delle cose più importanti nell’empatia è ascoltare senza emettere sentenze o giudizi. L’empatico sa assumere su di se, incamerare e recepire qualsiasi tipo di emozione senza tuttavia doverla soppesare. E qui sta la forza dell’empatia. Perché davanti a noi troveremo persone che hanno bisogno di “scaricare energia”, positiva o negativa, senza però dover subire la ramanzina o il senso di colpa che un giudizio esterno potrebbero causare. Certamente, rimanere neutri davanti a posizioni che reputiamo distantissime dalle nostre può essere difficile, ma allenandosi a non intervenire potremmo scoprire quanto valga il detto “il silenzio è d’oro”
  • Interesse: per capire l’altro è bene, per lo meno, essere capaci di immaginare cosa sente, nonostante non ci troviamo nella stessa situazione. E per allenare la comprensione dell’emozione bisogna sviluppare il senso dell’interessamento alla vita di chi ci sta di fronte. Dove lavora? Cosa fa nella vita? Ha figli? Vive da solo? In questo modo potremo acquisire dei dati preziosi che ci aiuteranno a immedesimarci meglio nel suo pensiero, facendo una stima o un paragone con qualcosa che ci è già noto.
  • Curiosità: bisogna essere curiosi per sviluppare l’empatia. Anche perché la curiosità ci spinge ad approfondire le nostre stesse emozioni e reazioni, dandoci una spinta verso quelle degli altri.
  • Osservazione: guardare le altre persone con occhi curiosi e spirito interessato ci permette di focalizzarci meglio non solo sull’aspetto generale, ma anche sui dettagli. Il nostro corpo parla anche quando non articoliamo nessun discorso con la bocca, ma il non-verbale e il para-verbale sono forme di comunicazioni altrettanto importanti che possono chiarirci immediatamente lo stato d’animo dell’altra persona. I più piccoli segnali che arrivano dalla posizione delle mani, dei piedi, dalla direzione dello sguardo e dall’atteggiamento del corpo sono spesso indicatori infallibili su ciò che in realtà sta passando nella testa della persona in questione.
  • Intuito: la capacità osservativa va di pari passo con un’altra abitudine che si può implementare, ossia dare ascolto al nostro intuito. Non sempre le sensazioni a pelle sono esatte, bisogna fare una cernita e capire quali realmente siano dettate da convenzioni o da puro istinto, ma sovente non si sbagliano. Affidarsi al sesto senso può essere un buon modo per sviluppare l’empatia perché ci aiuta a fare i conti con gli impulsi primordiali, comuni a tutto il genere umano.

Leggi anche: Emozioni, ciò che non puoi dire lo stai già facendo capire

Chi trova un empatico trova un tesoro

La mancanza o l’assenza di empatia conduce inevitabilmente a una crisi della comunicazione che porta il vivere in società estremamente pesante e riduttivo. Senza empatia i rapporti sociali si sfaldano, perdono significato, portando i singoli a essere sempre più chiusi in sé stessi.

Nelle relazioni di coppia, nella vita professionale ma anche e soprattutto nelle relazioni sociali, siano esse casuali o stabili, l’empatia è dunque una qualità essenziale che permette di capirsi vicendevolmente.

Quando si è empatici, si arriva all’altro con più facilità e questa naturalezza consente di fondare legami stabili e duraturi, andando oltre alle piccole incomprensioni della vita di tutti i giorni. Ed è vero anche il contrario: quando qualcuno è empatico nei nostri riguardi, i benefici che proviamo sono immediatamente percepiti!

Proprio per questo l’empatia dovrebbe essere incentivata, praticata e allenata, per costruire, insieme, un mondo migliore.

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