Edith Bruck sul valore della memoria: “Dopo di noi non faranno altro che cancellare”

Edith Bruck teme l'oblio del passato così come l'avvenire nel futuro. Ne 'Il pane perduto' si concretizza il suo dovere morale, quello di ricordare e testimoniare.

Asia Solfanelli
Asia Solfanelli
Intraprendente e instancabile penna, poliglotta, appassionata lettrice e avida viaggiatrice. Sviscerata amante del cinema. E ultimo, ma non per importanza, eterna studiosa, perché non si finisce mai d’imparare.
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Oggi, nella Giornata della memoria, le parole di Edith Bruck non potrebbero risuonare più impellenti ed evocative.

Il suo timore che il passato cada nell’oblio è per molti una doccia fredda, come si può cancellarlo? Smettendo di raccontarlo, di crederlo vero, nascondendone le tracce, quelle vere, autentiche, dietro vetri da esposizione nei musei, che sanno di storia lontana, andata, ma anche oscura e sospetta.

Per chi ha vissuto gli orrori dell’olocausto quel passato è però sempre presente e nel veder tornare a galla quell’odio, seppure in diverse forme, la viva voce non può che farsi eco di quelle vicende che in maniera indelebile hanno segnato milioni di vite.

Emerge così l’esigenza di lasciare testimonianza, di raccontare la verità e di far il possibile perché la memoria non venga profanata, accantonata e per finire rimossa.

Così nasce ‘Il pane perduto’ Edith Bruck, così prende forma il suo imperativo morale: “Non dimenticare”.

Chi è Edith Bruck?

Edith Bruck e la sua memoria

Scrittrice, poetessa e giornalista di origine ungherese nonché testimone della Shoah. Edith Bruck nasce nel 1931 da una povera famiglia ebrea, naturalizzata italiana alla fine di un lungo e travagliato percorso che la vedrà insediarsi e restare nel nostro stivale.

Vivrà come deportata il dramma della Seconda Guerra Mondiale e dei campi di concentramento, da cui non vedrà né suo padre né sua madre né suo fratello far ritorno. Nei campi di sterminio si farà forza con la sorella maggiore Judith, con quale vivrà la miracolosa salvezza e riuscirà a giungere in Italia.

Solo nel nostro Paese avrà il suo riscatto, un amore vero, sincero, capace di superare i confini della morte, quello con il poeta e regista Nelo Risi, di cui oggi la poetessa custodisce il dolce ricordo tra tante feroci e sordide memorie.

Leggi anche: Giornata della Memoria: “Dov’era Dio in quei giorni?”

Edith Bruck e ‘Il pane perduto’

La memoria di Edith Bruck ne 'Il pane perduto'.
Edith Bruck e l’obbligo morale di preservare e custodire la memoria ne ‘Il pane Perduto’.

Sopravvive ad Auschwitz, Dachau, Bergen-Belsen raccontandone le atrocità nella sua prima opera autobiografica ‘Chi ti ama così’, il suo primo libro in italiano scritto circa sessant’anni fa. E oggi ne ‘Il pane perduto’, uscito il 21 gennaio per La nave di Teseo.

Edith Bruck racconta ad ANSA le sue più grandi paure, nonché motore della sua penna:

Bisogna stare in guardia. Siamo in pochissimi ormai e quindi dopo di noi cosa succederà?

Dopo di noi non faranno altro che cancellare, rimarranno i musei.

Non ci sarà la viva voce che racconta.

Il memoriale di Dachau già non corrisponde assolutamente alla realtà. Hanno ricostruito una cabina di legno come fosse quello il modello dove vivevamo.

Hanno distrutto un crematorio e ora un altro. Rimarrà soltanto quello più grande.

Stanno lentamente cancellando le cose vere, autentiche.

I tedeschi sono riusciti a distruggere molte cose prima che arrivassero i liberatori.

Il titolo del libro non richiama soltanto quel pane perduto che la mamma, mentre ripeteva ‘il pane, il pane’ , voleva salutare, difendere e quasi salvare quando la polizia ungherese li portava via da casa, ma è emblema di un ricordo che sta svanendo nel tempo, come una pagnotta ormai secca che stringendola si sgretola in mille pezzi.

Edith Bruck, perché bisogna preservare la memoria

Edith Bruck e la sua memoria

Dalla fallacia del ricordo nascono malintesi, e la Bruck chiarisce:

C’è un equivoco. Molti ragazzi a scuola pensano che il 27 gennaio tutti i campi furono liberati.

E’ una cosa gravissima, perché dopo il 27 sono morte molte più persone di prima.

Ci spostavano da un lager all’altro per allontanarci il più possibile dalla liberazione.

Allora incominciò la famosa marcia della morte in quasi tutti i campi. Era proprio la distruzione finale.

Serve verità, perché preservare la storia è un dovere morale, perché è nel passato che il futuro affonda radici, cancellarlo significa rischiare di commettere gli stessi errori e orrori.

È la memoria distrutta che si concretizza nella “marcia della destra, questo nuovo nazismo, razzismo. Questo fa più male di tutto”, chiosa la scrittrice sull’odierna situazione dell’Italia, e aggiunge:

L’Italia era più ospitale e umana di oggi. Anche la politica prima era più chiara, adesso è una confusione completa.

Cosa vuol dire oggi sono di sinistra? Non si sa chi è di sinistra e chi non lo è.

Sappiamo solo chi è di destra e questo è tragico. Non è Conte la tragedia, né i Cinque Stelle.

Meloni e Salvini, questa è tragedia.

Edith Bruck e l’importanza delle parole

Scrittrice, ma anche poetessa, autrice di ‘Tempi’, prossima uscita di La nave di Tesero, nel suo amore per la scrittura, nella sua elaborazione minuziosa e rievocazione di pensieri, sceglie e pesa con cura le parole, ricordandoci il valore di ognuna di esse:

La parola patria non l’ho mai pronunciata: in nome della patria i popoli commettono ogni nefandezza.

Io abolirei la parola ‘patria’, come tante altre parole: ‘mio’, ‘zitto’, ‘obbedisci’, ‘la legge è uguale per tutti’, ‘nazionalismo’, ‘razzismo’, ‘guerra’ e quasi anche la parola ‘amore’, privata della sua sostanza.

Nell’odierna Babele, in cui si gioca su fraintendimenti e ambiguità, Edith Bruck ammonisce di custodire il valore autentico delle espressioni, di dar peso a ciò che si dice, ma anche a ciò che si insinua. L’odio prende facilmente quota e penetra con meschinità nei nostri cuori e persino nella nostra voce.

Leggi anche: Liliana Segre, la memoria: “Un giorno del settembre 1938 diventai l’altra”

Edith Bruck, l’obbligo verso il passato

Edith Bruck, l'obbligo della memoria del passato
Edith Bruck e la drammatica memoria della cruda e tetra realtà dei campi di concentramento.

Arrivata a 88 anni, la memoria potrebbe iniziare a dar segni di cedimento, eppure il ricordo torna così prepotente che è impellente la necessità di raccontarlo. È così che Edith Bruck riprende in mano la sua penna, lei che non ha mai voluto saperne delle tastiere del computer.

Cerca parole autentiche, quelle più giuste a raccontare di fatti veri e, ahimè, tragici. Perché il ricordo si fa evanescente, le parole spesso svuotate, ma i nazionalismi, l’antisemitismo e il razzismo ancora non conoscono fine.

Raccontare è la promessa che i sopravvissuti hanno fatto ai compagni del lager, coloro a cui è stato tolto tutto, non solo la voce, la dignità e sentimenti, ma anche la vita. Non solo imperativo morale, ma esigenza quasi fisica, scrivere è custodire il pane perduto.

Leggi anche: Legge contro la propaganda nazifascista, Prc: “Onoriamo la Giornata della Memoria”

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