Perché la rielezione di Orban minaccia ulteriormente i diritti Lgbt in Ungheria

Viktor Orban viene rieletto per il suo quarto mandato consecutivo ma perde il referendum sulla legge anti Lgbt, i membri della comunità adesso temono per un inasprimento della repressione.

Tommaso Panza
Tommaso Panza
Salentino, classe 1993. Una laurea in mediazione linguistica. Fondazione Basso(Roma). Amante della lettura e del cinema, in particolare delle opere che raccontano spaccati di realtà. Deciso sin da piccolo a diventare un giornalista.
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Quarta schiacciante vittoria elettorale consecutiva per Orban, che sul fronte dei diritti Lgbt in Ungheria riceve però la prima vera sconfitta da quando è presidente. Il fronte sul quale il presidente rieletto ha perso è quello del referendum sulla legge che vieta la “promozione dell’omosessualità” ai minori.

Una sfida che Orbàn ha fallito perché la consultazione, avvenuta nello stesso giorno delle elezioni politiche, non ha raggiunto il quorum di partecipazione, come si auguravano le associazioni dei diritti umani.

Dopo la sua rielezione Orban dovrebbe intervenire contro le sanzioni energetiche alla Russia e rafforzare la sua posizione nei colloqui con Bruxelles per sbloccare i fondi congelati dell’UE, quelli del Recovery Fund. Orban rieletto con il 53% delle preferenze ha mantenuto la sua ampia maggioranza, schiacciando l’opposizione formata da una coalizione di sei partiti, che nonostante gli sforzi per unirsi non hanno ottenuto il risultato sperato.

L’UE teme per un aumento delle violazioni nei confronti dei diritti Lgbt in Ungheria

Usando il suo quarto mandato, Orban rafforzerà anche le sue politiche conservatrici contro i diritti Lgbt in Ungheria, soprattutto alla luce del fallimento della proposta referendaria contro la propaganda omosessuale. La rielezione dell’autocrate è stata ovviamente una grande delusione per la comunità Lgbt. Il Governo di Orbán in questi 12 anni è stato sempre scandito da attacchi allo stato di diritto, alla democrazia e ai diritti umani, inclusi molteplici attacchi alle persone della comunità Lgbt e ai diritti delle donne.

Nel campo dei diritti Lgbt in Ungheria arriva però una piccola vittoria, che non lascia comunque ben sperare, essendo arrivata più grazie a una massiccia astensione che non a un grande afflusso di votanti, quella sul referendum che riguarda la legge che vieta la “promozione dell’omosessualità” (così viene definita dal Governo) ai minori. 

Agli elettori è stato chiesto il punto di vista sulla proposta di legge per limitare l’insegnamento nelle scuole su argomenti legati alle identità Lgbt in seguito alla cosiddetta legge “anti propaganda omosessuale” di Orbán.

Il referendum presentava agli elettori quattro domande specifiche per valutare se il pubblico sostenesse la “dimostrazione di contenuti multimediali sul cambio di sesso ai minori”. L’amministrazione di Orbán aveva esortato i cittadini ungheresi a dire “no” a tali domande. Prendendo in considerazione il bacino dei votanti, 9 ungheresi su 10 hanno votato in linea con la campagna anti Lgbt del Governo.

Peccato che il referendum non è riuscito ad attirare un numero sufficiente di elettori per renderlo legalmente vincolante. Secondo l’Ufficio elettorale nazionale, hanno preso parte solo 3,5 milioni di elettori su otto milioni aventi diritto: la metà degli elettori idonei doveva presentarsi affinché il sondaggio fosse vincolante, così non è stato.

Più di 1,5 milioni di voti (il 20 %) tra l’altro non erano validi. Una campagna condotta da gruppi per i diritti umani, tra cui Amnesty International Hungary e Budapest Pride, aveva incoraggiato gli ungheresi a esprimere voti non validi barrando sia “sì” che “no” per ogni domanda.

La minaccia dei diritti Lgbt in Ungheria aumenta le crepe tra Budapest e L’UE

Orbán aveva definito il referendum l’ultimo confronto dell’Ungheria con l’Unione Europea. Il blocco europeo ha combattuto, e continua a farlo, la repressione di Orbàn, durata 12 anni, sui diritti Lgbt in Ungheria, sulla stampa e sul sistema giudiziario.

Sulla base dei risultati preliminari, Fidesz avrà 135 seggi, una maggioranza di due terzi in parlamento, con 56 seggi che andranno all’alleanza di opposizione. I critici di Orban affermano che la vittoria potrebbe incoraggiarlo in quella che secondo loro è “un’erosione delle norme democratiche”, della libertà dei media e dei diritti delle persone Lgbt.

Senza voler sembrare eccessivamente drammatico, è una tragedia. Sembra la fine di qualsiasi sogno si possa avere sulla democrazia in Ungheria – ha affermato un funzionario dell’UE – Dovremmo ulteriormente tagliare i trasferimenti di denaro in modo che non costruisca la sua oligarchia con i nostri soldi.

L’Unione Europea adesso teme seriamente l’aumento della pressione sui diritti Lgbt in Ungheria. Il quarto mandato consecutivo rafforza esageratamente la posizione di Orban, storico alleato di Putin. La riconferma porta l’attuale Governo ungherese a non temere ne il taglio dei soldi per la ripartenza post Covid ne le sanzioni economiche contro la Russia che ricadono anche sull’Ungheria.

Il mondo intero può vedere che il nostro marchio di politica cristiano-democratica, conservatrice e patriottica ha vinto – ha detto Orbán ai sostenitori alla base elettorale del suo partito, Balna, sulla riva del Danubio a Budapest -Stiamo inviando all’Europa un messaggio che questo non è il passato, questo è il futuro.

Un futuro che rischia di schiacciare sotto il tacco autoritario i diritti Lgbt in Ungheria, e più in generale i diritti umani.

Leggi anche: Il Gay Center di Testaccio: da 16 anni tutela i diritti e la salute delle persone Lgbt+

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