Diego Armando Maradona compie 60 anni: auguri Pibe de Oro, icona del calcio mondiale

Diego Armando Maradona compie 60 anni, auguri Pibe de Oro.

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Mi sueño… mi sueño es jugar en el Mundial. Y ganarlo…”, diceva Maradona con gli occhi bassi da bambino. Quei sogni li realizzerà entrambi, dimostrando di essere un giocatore con doti sovrannaturali. È il 30 ottobre del 1960 e a Lanus, in Argentina, nasce colui che tra eccessi, successi, scandali, sconfitte, ha cambiato (senza toccarne le regole, o quasi?) il calcio. Buon compleanno a Diego Armando Maradona, El Pibe de Oro.

Diego Armando Maradona, l’infanzia

Diego Armando Maradona cresce a Villa Fiorito, zona molto povera di Buenos Aires, giocando a calcio tra le macchine e la polvere con un pallone, rigorosamente di cuoio, regalato dal cugino Beto con il suo primo stipendio. Nel 2017 a Maurizio Costanzo, Maradona racconterà:

Non avevamo la televisione e a casa lavorava solo mio padre. Speravo sempre che potesse prendere un pallone e giocare con me, ma non poteva, si alzava alle quattro per andare in fabbrica. E dormivamo tutti nella stessa stanza, non avevamo spazio per vivere liberi. Non ho avuto giocattoli ma amore. Ero il quinto dei fratelli: eravamo in 10 a mangiare.

I “Los Cebollitas” erano una squadra imbattibile nei campionati giovanili argentini degli anni ’70, arrivati a 136 partite consecutive senza perdere.

Dopo un 2-2 con la squadra della provincia di Santiago del Esteros, il match del Torneo Evita andò ai rigori. I “Los Cebollitas” persero 3-1 perché il giocatore più bravo della squadra sbagliò un rigore prima di scoppiare in lacrime. L’allenatore avversario, Elías Ganem, gli disse:

Non piangere, tu diventerai il migliore del mondo

Quel ragazzo era Diego Armando Maradona.

In un’intervista al sito argentino Infobae rivelerà che:

Il mio vecchio mi lucidava gli scarpini prima di ogni partita. Si prendeva cura di loro, li metteva del bitume, li lavava. Uscivo sempre che erano lucidi mentre gli altri li avevano sempre sporchi. Mio padre mi aiutava a brillare. Mia madre? A cena diceva sempre di avere il mal di pancia, per farci mangiare di piu’.

Diego Armando Maradona, l’esordio

Maradona, dopo aver convinto il padre, fece un provino per l’Argentinos Juniors. Francis Cornejo si stupì subito delle capacità di Maradona. Da quel momento Cornejo divenne un secondo padre per Maradona pagandogli i biglietti per l’autobus, il cibo e anche le scarpe da calcio. Il 20 ottobre 1976 Diego Armando Maradona fa il suo esordio da professionista con la maglia dell’Argentinos Juniors contro il Talleres de Córdoba dieci giorni prima di compiere 16 anni. Nel 1978, Diego ha quasi 18 anni ed è capocannoniere del campionato. Alla fine di quella stagione arriva la sua prima grande delusione. Menotti, allenatore della nazionale albiceleste lo esclude dai convocati per il mondiale. Il sogno di giocare un Mondiale Diego Armando Maradona lo avrebbe sfiorato sette anni dopo e realizzato undici anni dopo, nel 1982. Per vincerlo, invece, ci sarebbero voluti altri quattro anni di attesa prima del trionfo dell’Azteca del 29 giugno 1986.

Diego Armando Maradona e il Napoli, una grande storia d’amore

Il 5 luglio 1984 Maradona viene presentato ufficialmente allo stadio San Paolo: “Buonasera Napolitani” disse nello stadio stracolmo. Il Napoli strappò Maradona al Barcellona per 13,5 miliardi di lire. Gli azzurri quell’anno vincono il primo scudetto nel campionato 1986-1987, poi vincono la terza Coppa Italia, vincendo tutte le 13 gare, comprese le due finali disputate contro l’Atalanta. Il bilancio finale durante gli anni italiani di Maradona porta al Napoli i due storici scudetti, una Coppa Uefa, una Coppa Italia e una Supercoppa italiana. Quelli a Napoli sono anni di successi ed eccessi. Amicizie sbagliate lo portano ad entrare in contatto con la cocaina ma in campo resta il fenomeno di sempre. Il 17 marzo del 1991 la magia svanisce. Un controllo antidoping dopo la partita col Bari. Ancora cocaina. Un anno e mezzo di squalifica. La maglia azzurra non la vestirà più. E non solo lui, a Napoli decidono che quella maglia non la indosserà più nessuno.

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La Mano de Dios

È il 22 giugno del 1986. Allo Stadio Azteca di Città del Messico va in scena Argentina vs Inghilterra, quarti di finale dei campionati del mondo di calcio. Steve Hodge alza un pallone a campanile all’interno dell’area di rigore. Il portiere inglese, Peter Shilton, tenta di prenderlo ma Diego Armando Maradona, devia la palla con il braccio e la piazza in rete. L’arbitro tunisino Ali Bin Nasser non si accorge del fallo e convalida il gol. Subito dopo il match nega il fallo di mano e disse ai giornalisti:

Il gol è stato legittimo, regolarissimo, ho colpito la palla di testa, semmai c’ è stata “mano de Dios.

Rispose consegnando il suo gol alla storia. Nel 2008, tornò sull’argomento:

 Se potessi scusarmi e tornare indietro, lo farei, ma un gol è sempre un gol e grazie a quello l’Argentina ha vinto il mondiale e io sono diventato il miglior giocatore al mondo.

Diego Armando Maradona, il ritorno in Argentina

Maradona resta solo un anno in Andalusia e rientra in Argentina: prima Newell’s Old Boys, poi ancora Boca, prima del ritiro definitivo nel 1997. L’anno riceve il Pallone d’oro alla carriera.

Pensa che giocatore sarei potuto essere se non avessi preso la cocaina. Che giocatore abbiamo perso

dirà lui stesso nel documentario di Kusturica. Nel 2008 prova a rimettersi in pista, viene chiamato ad allenare la nazionale Argentina. In Sudafrica, nel 2012, la corsa albiceleste si ferma ai quarti di finale e arriva l’esonero. Maradona si sposta ad allenare prima negli Emirati Arabi Uniti e poi in Messico. Non va. Oggi è ancora in panchina, quella del Gimnasia La Plata, squadra con cui ha rinnovato fino al 2021. L’Argentinos Junior gli ha intitolato lo stadio e alla Bombonera c’è una sua statua.

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Diego Armando Maradona compie 60 anni e manda un messaggio ai tifosi del Napoli

Diego Armando Maradona manda un messaggio ai tifosi del Napoli nell’edizione odierna de il Corriere dello Sport-Stadio:

Gracias, amigos. Grazie a tutti. Grazie per gli auguri, per la vicinanza e per l’affetto che continuate a mostrarmi. Mi danno forza e sensazioni positive, cose che in tempi di grande paura per la salute di tutti e di grandi sofferenze economiche per tanti sono assai preziose. Sessant’anni, sì. Sono pochi o sono tanti? Devo cominciare a sentirmi pure io un po’ vecchietto, oppure no? Beh, l’ammetto, me lo sono chiesto. Ma non so darmi una risposta. Se penso, se ragiono, se mi fido della mia voglia di futuro sono pochi perché pensavo e ragionavo così anche quando di anni ne avevo la metà. Se invece penso di fare una corsa, uno scatto, beh, allora mi sembrano tanti. Ma so di chi è la colpa: di tutto quel cortisone che per anni e anni mi è entrato nella schiena, nelle ginocchia e nelle caviglie per essere in campo sempre e comunque. Perché la gente così voleva; perche? lo pretendevano gli incassi; perché vincere ad ogni costo una partita era l’unica cosa che contava. Ma sia chiaro: non maledico quei tempi. Non credo che a sessant’anni sia già tempo di bilanci, ma non rinnego nulla di quel che è stato e di quel che ho fatto. Non ho rimpianti. Non voglio averne. Certo, so di non aver fatto sempre cose giuste, ma se ho fatto del male, l’ho già detto, l’ho fatto solo a me stesso, non agli altri. Però da una quindicina di anni ho imparato a volermi più bene e ora sono felice. Che regalo mi piacerebbe avere? Niente per me. Vorrei che questa pandemia assassina se ne andasse via, questo sì. Vorrei che lasciasse in pace tutti e soprattutto quei Paesi e quei popoli e quei bambini tanto poveri da non potersi neppure difendere. Vorrei che qui in Argentina come in tante, troppe, altre parti del mondo fossero sconfitti anche i virus della fame e della mancanza di lavoro che divorano la dignità delle persone. E poi, visto che non ce la faccio proprio a non parlare di pallone, vorrei che il mio Gimnasia, prossimo a tornare in campo, dopo novant’anni e più rivincesse il campionato. E se è vero che non c’è due senza tre, vorrei che un altro scudetto lo vincesse presto pure il Napoli. Lo seguo. Mi piace. Caro Gattuso, vai avanti così: con la tua grinta e la tua capacità di fare calcio. Faccio il tifo per te e voglio dirti una cosa: c’è gente che si vanta di aver giocato nel Barcellona, nel Real Madrid, nella Juventus. Io mi vanto e sono orgoglioso di aver fatto parte del Napoli. Spero che un giorno possa dirlo pure tu. Grazie ancora, amici miei. Vi abbraccio tutti, Forse anche un po’ commosso. Sarà colpa dell’età.

“Auguri o Re Immortale”, la Curva B omaggia Diego Armando Maradona per i suoi 60 anni

Cori e uno striscione dedicati a Diego Armando Maradona, Re di Napoli, nel giorno del suo compleanno. Ecco lo striscione che omaggia il Pibe de Oro esposto dagli Ultras 72 della Curva B:

“Auguri o re immortale, il tuo vessillo mai smetterà di sventolare”.

Nessuno ha mai giocato un calcio come Diego Armando Maradona

Il calcio giocato da Diego Armando Maradona resta il più bello. Ha avuto il Pallone d’oro alla carriera perché quando giocava lui ancora non esisteva. Ha segnato un gol all’Inghilterra e nella stessa partita ne ha segnato un altro d’inganno con la mano negandolo. Ha vissuto di eccessi e successi. “Mi sueño… mi sueño es jugar en el Mundial. Y ganarlo…”, diceva con gli occhi bassi da bambino. Quei sogni li ha realizzati entrambi. Questo era Diego Armando Maradona. Buon compleanno o Re Immortale.

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