Crisi in Brasile: Covid e narcoguerra hanno messo in ginocchio una nazione

Un tunnel senza uscita quello in cui è entrato il Brasile, un paese in balia dei decessi che decimano la popolazione ogni anno. I morti del Covid e della guerra tra narcos e polizia, ma non solo, hanno piegato un intero popolo

Tommaso Panza
Tommaso Panza
Salentino, classe 1993. Una laurea in mediazione linguistica. Fondazione Basso(Roma). Amante della lettura e del cinema, in particolare delle opere che raccontano spaccati di realtà. Deciso sin da piccolo a diventare un giornalista.
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La crisi in Brasile sembra essere una piaga senza fine. Un paese che ormai è stato lacerato in ogni suo tessuto, da quello sociale a quello economico. I morti della narcoguerra prima, i morti del covid dopo e i morti di entrambe adesso.

L’ultimo episodio di violenza in Brasile risale a giovedì scorso quando nelle favelas di Rio durante una sparatoria tra polizia e sospetti trafficanti ben 28 persone sono state uccise nel raid.

Nella stessa giornata i decessi per il Covid all’ombra del Cristo Redentore sono stati 2550.

Crisi in Brasile: in un blitz delle forze dell’ordine nelle favelas di Rio la polizia ha causato 28 morti

Crisi in Brasile: in un blitz delle forze dell'ordine nelle favelas di Rio la polizia ha causato 28 morti

Non è la prima volta che accade e non sarà di certo nemmeno l’ultima. La crisi in Brasile è frutto di tanti fattori, ma i morti che la narcoguerra miete ogni anno rappresentano il quadro di un’ecatombe.

Gli ultimi dati raccolti prima della pandemia, raccontano uno scenario apocalittico. Come riportato dall’ “Atlante della violenza del 2019” nel 2017 il Brasile è stato il paese che ha contato più morti ammazzati al mondo, la maggior parte risalenti a matrici criminali e a scontri con la polizia, oltre che a situazioni di disperata povertà: 65.602 morti.

31 morti violente ogni 100 mila abitanti.

Il Blitz a Rio

Il Blitz a Rio

Il 6 maggio scorso la polizia è arrivata nel quartiere povero di Jacarezinho nella periferia nord di Rio de Janeiro. Le persone obiettivo dell’operazione delle forze statali hanno cercato di scappare dai tetti.

La polizia è arrivata con veicoli blindati e con gli elicotteri che dall’alto occupavano tutta l’area del quartiere.

Lo scontro a fuoco ha costretto i residenti a rifugiarsi nelle loro case. Le immagini che sono state documentate dopo la sparatoria hanno mostrato letteralmente un bagno di sangue.

Tra le 28 vittime un agente di polizia rimasto ucciso nel fuoco incrociato, il resto dei morti erano sospettati di essere membri della banda di narcotrafficanti che dominava la vita nella favela.

In Brasile è stata definita la singola operazione di polizia più letale negli ultimi 16 anni nello stato di Rio, che da decenni soffre di violenza legata alla droga nelle sue numerose favelas.

Crisi in Brasile: dopo la sparatoria sono arrivate le critiche da parte di Amnesty International

Crisi in Brasile: dopo la sparatoria sono arrivate le critiche da parte di Amnesty International

Una vera e propria mattanza quella andata in scena a Rio, che ha suscitato non poche critiche da parte di gruppi per i diritti umani tra cui Amnesty International, che ha criticato la polizia “per la perdita di vite riprovevole e ingiustificabile” in un quartiere per lo più popolato da neri e poveri.

Il direttore esecutivo di Amnesty International Brasile Jurema Werneck si è espresso pesantemente contro la cruenta operazione di polizia:

Il numero di persone uccise in questa operazione di polizia è riprovevole, così come il fatto che, ancora una volta, questo massacro sia avvenuto in una favela.

L’ultimo episodio di una serie infinita

La crisi in Brasile, specialmente sotto questo aspetto va ormai avanti da decenni.

Il che ha reso lo stato brasiliano un vero e proprio paese del terzo mondo nonostante sia un membro del BRICS (economie mondiali in via di sviluppo che possiedono abbondanti risorse naturali strategiche e, cosa più importante, sono caratterizzate da una forte crescita del prodotto interno lordo).

Ma come direbbe qualcuno “la gente non mangia col prodotto interno lordo”.

Nel 2005 nella Baixada Fluminense, un’altra favela della violenta periferia nord di Rio, la polizia in un raid ha ucciso 29 persone.

Nel Complexo do Alemão, sempre a Rio la polizia in un’altra operazione uccise 19 persone nel 2007.

Nel fare un quadro sulla crisi in Brasile, Human Rights Watch (HRW) ha affermato che i pubblici ministeri di Rio de Janeiro hanno l’obbligo costituzionale di sorvegliare la polizia e proseguire le indagini penali sugli abusi della stessa

L’organizzazione ha richiesto un’indagine approfondita e indipendente sulle morti.

Sempre secondo HRW, la polizia di Rio ha ucciso 453 persone e almeno quattro agenti di polizia sono morti in azioni sul territorio durante i primi tre mesi del 2021, nonostante una sentenza della Corte Suprema del 5 giugno 2020 vietasse le operazioni nelle comunità durante la pandemia COVID-19, tranne in “casi assolutamente eccezionali”.

La polizia ha detto che oltre al traffico di droga, la banda ha rapinato camion di merci e bloccato treni pendolari per derubare i passeggeri.

La polizia, in conferenza stampa, ha poi mostrato un arsenale di armi sequestrate: sei fucili d’assalto, 15 pistole, una mitragliatrice, 14 granate e decine di munizioni d’artiglieria.

I morti causati in Brasile dalla Polizia

Nel corso del 2019 almeno 5.804 persone sono state uccise da agenti di polizia in Brasile.

Per il terzo anno consecutivo nel 2019 si è registrato un aumento delle morti causate dalla polizia (1.5%) e una diminuzione dei decessi di poliziotti. E’ quanto emerge da uno studio condotto dal portale “G1” in collaborazione con il centro di studio della violenza dell’Università di San Paolo.

Lo stesso G1 nei primi 6 mesi del 2020, nonostante la pandemia ha registrato 3.148 persone uccise da agenti di polizia in tutto il paese. 

Il numero è superiore del 7% rispetto a quello registrato nello stesso periodo dello scorso anno, quando furono registrati 2.934 decessi.

Amapá è lo stato con il più alto tasso di morti causate dalla polizia: 15,1 ogni 100 mila abitanti.

Crisi in Brasile: l’inconsistenza del presidente Jair Bolsonaro

Crisi in Brasile: l'inconsistenza del presidente Jair Bolsonaro

Prima della pandemia, il quadro sociale del Brasile non era certamente dei più floridi e la crisi in Brasile era già imperante, anche a causa della crisi economica nazionale patita dal 2014-2017.

Una crisi del paese che sicuramente è dovuta anche alla piaga del narcotraffico, che comunque è generato da uno stato di povertà assoluta.

Nonostante questo quadro desolante, una delle prime azioni di Bolsonaro da “leader” del paese fu, nel 2019, quella di firmare un decreto che liberalizzasse il porto e l’uso di armi, dopo nemmeno 100 giorni dalla sua elezione.

Fortunatamente, il mese scorso, il giudice brasiliano Rosa Weber della Corte Suprema Federale (STF) del Brasile ha bloccato e sospeso l’iter di entrata in vigore di questo folle disegno.

Secondo Rosa Weber esiste una correlazione tra l’agevolazione dell’accesso alle armi da fuoco e la diffusione di queste tra le organizzazioni criminali, l’aumento della criminalità, della criminalità violenta e dei tassi di omicidio.

Quindi sostenendo indirettamente che Bolsonaro avrebbe di fatto incrementato l’attività criminale e omicida nel paese.

Da quando è in carica (1 gennaio 2019) il presidente brasiliano ha firmato più di 30 tra decreti e leggi per rendere più flessibile l’accesso alle armi, molti dei quali sono stati ostacolati dal Congresso.

Secondo i dati dell’Istituto Igarapé, in Brasile ci sono 1,2 milioni di armi in possesso dei cittadini, il 65% in più rispetto alla fine del 2018.

Leggi anche: Bolsonaro indagato dall’Aia per genocidio dei popoli nativi del Brasile

Crisi in Brasile: il Covid e il presidente Bolsonaro hanno quasi dato il colpo di grazia al paese

Crisi in Brasile: il Covid e il presidente Bolsonaro hanno quasi dato il colpo di grazia al paese

Bolsonaro è sempre stato un negazionista convinto, e solo le pressioni internazionali lo hanno spesso costretto ad attuare dei quasi inesistenti protocolli anticovid.

Ci sono però 422 mila morti in Brasile a dimostrare il contrario. Attualmente il volto horror del covid in Brasile dice che la mortalità per 100mila abitanti oltrepassa il 59% al nord e il 44% a nord-est.

Nel sud-est, dove ci sono i numeri più allarmanti di decessi, la soglia oltrepassa il 40% di questo conto tristemente emblematico per la popolazione.

Eppure gli effetti del Covid, sulla crisi in Brasile adesso hanno assunto un carattere preoccupante.

Bolsonaro è arrivato a definire il lockdown una misura “assurda e codarda” oltre al fatto che “fa ingrassare”.

Il lockdown è inutile per il presidente Brasiliano, a tal punto da arrivare a minacciare però l’uso dell’esercito qualora ci fossero dei disordini per le strade.

Riguardo le milioni di persone sulla soglia estrema di povertà Bolsonaro ha recentemente dichiarato:

Se dovessimo avere dei problemi abbiamo un piano.

Forse Bolsonaro dimentica che gli ultimi sostentamenti alle famiglie sono stati dati lo scorso 29 dicembre.

Subito dopo, forse per festeggiare i suoi due anni al governo, il presidente Brasiliano ha tagliato gli aiuti economici di emergenza per le famiglie più povere del Brasile.

Nel 2021 quasi 68 milioni di cittadini rischieranno l’estinzione sociale rimanendo privi anche di quel minimo sostegno che gli era stato garantito durante la pandemia.

Attualmente in Brasile i disoccupati ammontano a 13 milioni.

Questo è la crisi in Brasile: il paese conta circa 200 milioni di abitanti, se contiamo i morti che il covid continuerà (sperando che l’onda di decessi si arresti) a fare, i 68 milioni di persone sulla soglia di povertà, i 13 milioni di disoccupati e gli oltre 600 mila morti tra narcoguerra e covid la situazione rischia presto di degenerare.

Eduardo Moreira, un economista brasiliano sulla crisi in Brasile ha detto:

Nel 2021, ci saranno persone che entreranno in tutti i parametri che indicano povertà e rischieranno di soffrire la fame. Mancheranno le cose più basilari di cui ciascuno di noi ha bisogno per sopravvivere. E non sto parlando della dignità, sto parlando solo di sopravvivenza.


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