Crisi di governo, cosa succede adesso?

Martina Mugnaini
Martina Mugnaini
Martina Mugnaini. Classe 1991. Nata e vissuta a Roma, ha un forte legame con le sue origini fiorentine. Laureata in Filologia Moderna alla Sapienza e giornalista, ama scrivere di tutto quello che riguarda l’arte, la letteratura, il teatro e la cultura digitale. Da anni lavora nel campo della comunicazione e del web writing interessandosi di tutto ciò che riguarda l'innovazione. Bibliofila e compratrice compulsiva di libri di qualunque genere, meglio se antichi: d'altronde “I libri sono riserve di grano da ammassare per l’inverno dello spirito” e se lo dice la Yourcenar sarà vero.
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Partiamo da un assunto: tecnicamente parlando, l’Italia non è ancora in un momento di “crisi di governo”. Questa espressione ha infatti un significato ben preciso: la crisi di governo si apre quando viene meno il rapporto di fiducia tra il Parlamento e il governo o quando il presidente del Consiglio rassegna le sue dimissioni e in questo momento non si è verificata né l’una né l’altra condizione. La Lega ha presentato una mozione di sfiducia e il suo leader, nonché Ministro dell’Interno, Matteo Salvini ha affermato la scorsa settimana che bisogna andare “Subito in Parlamento per prendere atto che non c’è più una maggioranza”. La domanda è: adesso cosa succede? Se ne è parlato per tutto il fine settimana e oggi finalmente è il giorno della conferenza dei capigruppo al Senato, che avrà inizio alle 16:00. Questa riunione dovrà decidere la tempistica con cui si arriverà al voto della mozione di sfiducia di cui parlavamo poco fa. Ci saranno le elezioni a Ottobre? Chi approverà la legge di Bilancio? Cerchiamo di fare un po’ di chiarezza.

L’idea di Salvini e il voto di sfiducia entro Ferragosto

La prima domanda che ci siamo posti all’inizio di questa storia è stata: cosa succede ora? Prima di tutto bisogna aprire davvero la crisi di governo, non si può fare nulla se prima non viene formalizzata: il Presidente della Repubblica non può iniziare le consultazioni se il governo è ancora pienamente in carica. Un post su Facebook e qualche frase da comizio non sono sufficienti a far cadere un esecutivo. La crisi può essere formalizzata solo tramite un voto di sfiducia del Parlamento oppure attraverso le dimissioni del Presidente del Consiglio.

Quando avverrà tutto questo?

Prima che succedesse tutto ciò, i lavori parlamentari erano stati sospesi fino al 9 settembre per la Camera e fino al 10 settembre per il Senato. Ovviamente le camere possono essere riconvocate prima, ma l’agenda dei lavori sarà definita dalla conferenza dei capigruppo di oggi. La scelta più probabile è che si decida di convocare i parlamentari subito dopo Ferragosto, dal 19 Agosto. Dopo di che dovrà essere votata la mozione di sfiducia e se verrà approvata, Conte salirà al Quirinale per dare le dimissioni. Di difficile realizzazione è quindi il sogno di Matteo Salvini che vorrebbe votare la sfiducia entro Ferragosto per poi andare alle urne il prima possibile, ossia entro fine ottobre. Leggi anche: Il Mediterraneo è rosso di morte, il flash mob di Polignano contro Matteo Salvini

Cosa decide la conferenza dei capigruppo di oggi e domani

Il tutto è nelle mani della conferenza dei capigruppo, convocata al Senato oggi alle 16 e alla Camera domani allo stesso orario. Sono i presidenti dei gruppi parlamentari che dovranno decidere quando convocare a Roma deputati e senatori e soprattutto per votare cosa. Come dicevamo, secondo Salvini bisognerà chiamare i Parlamentari a votare la sfiducia il 14 agosto, tra 48 ore circa. Una richiesta di difficile realizzazione per due motivi: il primo, e più ovvio, è che sarà difficile rimettere in moto la macchina del Parlamento la vigilia di Ferragosto. Il secondo, ben più importante, è che proprio il 14 ricorre l’anniversario della tragedia del Ponte Morandi, commemorazione a cui Mattarella, Conte, Di Maio e lo stesso Salvini dovrebbero partecipare. Possiamo essere praticamente certi che i senatori non verranno convocati prima del 19 agosto per votare la mozione di sfiducia.

Cosa succede se il Governo viene sfiduciato

A questo punto sarà il presidente Mattarella a decidere: dovrebbe aprire le consultazioni per capire se il Parlamento è ancora in grado di esprimere una maggioranza oppure no. Se durante le consultazioni risultasse che c’è una maggioranza parlamentare possibile, anche stipulando nuove alleanze, e che c’è una persona in grado di avere la fiducia di quella maggioranza per formare un governo, allora il Presidente della Repubblica darebbe a quella persona l’incarico. L’altra possibilità è che durante le consultazioni non si riesca a formare una maggioranza: in questo caso Mattarella scioglierà le camere e sarebbe il primo passo verso le elezioni politiche.

Perché nel nostro paese le elezioni politiche si tengono in primavera o inizio estate?

I Ministri Luigi Di Maio e Matteo Salvini e il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte.
Non è un caso e c’è una ragione ben precisa: nella seconda metà dell’estate e in autunno siamo in piena sessione di bilancio, cioè in quel periodo dell’anno in cui bisogna decidere i piani economici triennali del paese. Secondo i tempi stabiliti, il governo deve presentare la nota di aggiornamento del DEF entro il 27 settembre, deve poi mandare alla Commissione europea il Documento programmatico di bilancio entro il 15 ottobre e infine deve portare la legge di bilancio in Parlamento entro il 20 ottobre. La legge di bilancio deve essere approvata dal Parlamento entro il 31 dicembre. Per avere un’idea più chiara della nostra situazione dobbiamo prendere in mano il calendario e capire cosa succederebbe in base alle decisioni che verranno prese nei prossimi giorni. La nostra Costituzione prevede che le elezioni politiche debbano essere fissate dopo almeno 45 giorni dallo scioglimento delle camere, e dopo non più di 70: i giorni minimi che servono per organizzare il voto all’estero sono 60, quindi prendiamo come riferimento questo lasso di tempo. Una volta votata la sfiducia supponiamo che le consultazioni durino molto poco e soprattutto che non ci sia nessuna alternativa alle elezioni anticipate: nessun altro governo M5S-Lega, nessun governo politico con un’altra maggioranza, nessun governo “tecnico” o “neutrale”. Se facciamo qualche facile conto, per andare a votare domenica 13 ottobre, la sfiducia al governo andrebbe votata il 14 agosto, ossia dopo domani. Un’ipotesi abbastanza improbabile. Per andare a votare domenica 20 ottobre, invece, bisognerebbe sciogliere le camere entro il 20 agosto, uno scenario più plausibile. Leggi anche: Richard Gere contro Salvini, la risposta del Ministro: “Portali a Hollywood col tuo aereo privato”

E la legge di bilancio?

Dalla votazione all’insediamento del nuovo Parlamento devono passare circa venti giorni, quindi prendendo per buona la data del 20 ottobre ariveremmo intorno al 10-12 novembre. Bisognerà poi eleggere i nuovi Presidenti di Camera e Senato e solo allora si aprirebbero le nuove consultazioni del presidente della Repubblica per formare un nuovo governo. Le consultazioni potrebbero essere rapide, qualora le elezioni avessero prodotto una chiara maggioranza, cosa che raramente avviene, ma nella migliore delle ipotesi si arriverebbe comunque a dicembre. Sintetizzando, nella situazione che abbiamo appena descritto è praticamente impossibile che l’Italia riesca ad approvare la legge di bilancio entro il 31 dicembre del 2019. Cosa succede se non la approviamo? Andremmo in esercizio provvisorio, probabilmente per diversi mesi, e con conseguenze decisamente negative: basti pensare all’aumento dell’IVA dal 22% al 25,2% che scatterà automaticamente dal 1 gennaio del 2020. Questo vorrà dire l’aumento del prezzo di quasi tutti i prodotti in commercio oltre alla mancanza di tutto quello che normalmente fa parte di una legge di bilancio.

C’è un piano di riserva?

Per tutte queste ragioni Mattarella potrebbe non sciogliere subito le camere, decidendo di tornare alle urne solo dopo l’approvazione della legge di bilancio. Ma chi si occuperebbe di questa legge di bilancio? Ci sono diverse possibilità. Potrebbe scriverla il governo Conte, che per quanto dimissionario resterebbe in carica per il disbrigo degli affari correnti fino all’insediamento del nuovo governo, oppure potrebbe scriverla un governo “tecnico” o “neutrale”, nominato dal Presidente della Repubblica senza stravolgere nulla nei conti pubblici italiani ma limitando i danni.

Cosa c’entra la riforma del numero dei parlamentari?

Parallelamente a tutto questo, domani il Movimento 5 stelle chiederà alla Camera di anticipare il voto finale della legge che taglia il numero dei parlamentari, attualmente fissata per il 9 settembre. La riforma taglia 345 seggi: alla Camera si passa da 630 a 400 deputati, al Senato da 315 a 200 senatori. Se dovesse essere approvata la riforma sarebbe promulgata dopo tre mesi, durante i quali sarebbe possibile chiedere un referendum popolare. Ora dobbiamo chiederci: potremmo andare a votare per le elezioni politiche prima di quei tre mesi di attesa, eleggendo un ultimo “numeroso” Parlamento prima che la riforma che lo taglia entri in vigore? Oppure potremmo aspettare i tre mesi e poi, se nessuno dovesse chiedere un referendum, votare per le elezioni politiche? E ancora potremmo aspettare i tre mesi e poi organizzare il referendum, con tutti i suoi tempi, e soltanto dopo andare a votare per le elezioni politiche? La risposta a queste domande è: non lo sappiamo. È una situazione senza precedenti, ma se la riforma dovesse essere approvata si andrebbe a votare probabilmente nel 2020. Quindi in sostanza, indipendentemente da come andranno le conferenze di oggi è domani, saranno la scrittura e l’approvazione della nuova legge di bilancio a condizionare le altre decisioni e non il contrario. Leggi anche: Reddito di cittadinanza, slitterà a giugno 2019 ma i conti non tornano   di Martina Mugnaini    

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