Covid19, le autopsie aiutano i medici a capire come il virus uccide

Elza Coculo
Elza Coculo
Elza Coculo, 30 anni, di adozione romana. Lettrice appassionata con formazione in Studi italiani. Laureata in Editoria e Scrittura. Redattrice per Il Digitale. Amo scrivere di attualità e cultura eco-sostenibile.
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L’ospedale Papa Giovanni XXIII, ormai da settimane, è la più grande terapia intensiva anti-Covid d’Europa, forse del mondo. I 500 posti disponibili accolgono i pazienti in condizioni più gravi, numerosi nella città lombarda e nei dintorni. Proprio l’emergenza ha spinto Andrea Gianetti, medico a capo del dipartimento di Anatomia patologica dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, ad andare più a fondo nelle ricerche. Gianetti racconta come nacque la decisione di fare gli esami autoptici.

Le circolari del ministero ci dicevano, sostanzialmente, di non fare autopsie sui pazienti deceduti a causa del Covid-19. Il ragionamento alla base di quell’indicazione, espressa sempre al condizionale, era semplice: inutile fare esami autoptici se si conosce già la causa del decesso. Ma è stato chiaro abbastanza presto che questa malattia si stava manifestando in forme diverse e multiple. Bisognava capire.

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La costante dei dati

Nonostante il monito delle circolari ministeriali Gianetti, e il collega Aurelio Sonzogni, iniziano le autopsie il 23 marzo. Il resto dello staff, per motivi procedurali, non è stato coinvolto. I dati degli esami hanno cominciato a mostrare una costante: molti pazienti morivano a causa di trombosi, dopo la fase più acuta di polmonite.

La teoria più credibile, oggi, collegata a questa scoperta, è che il virus si attacchi ad alcuni recettori che si trovano lungo i vasi sanguigni. E più in generale che riesca a mettere in moto una serie di effetti che, da un certo momento in poi, non dipendono più dal virus. Ma ci sono e possono anche essere letali.

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La valutazione di Lancet

Dall’evidenza del rischio trombo-embolico la scelta di tentare terapie aggiuntive a quelle già in corso. Ormai da oltre un mese al Papa Giovanni si sta utilizzando l’eparina e con buoni risultati. Anche al Sacco di Milano, unico altro ospedale italiano a eseguire autopsie su pazienti Covid, si cura con l’eparina. Ricorda Gianetti:

Dopo i primi esami autoptici avevamo fatto un incontro con tutti i clinici che stavano lavorando sul Covid. Volevamo condividere con loro i nostri risultati. Una sorta di verbale di quella riunione è finita in rete. Abbiamo iniziato a ricevere telefonate dall’Inghilterra e dagli Stati Uniti. E dovevamo invitare tutti a mantenere la calma, spiegando che i nostri erano solo dati preliminari.

Oggi gli esiti delle autopsie e di tutto il lavoro degli anatomopatologi sono in fase di valutazione dalla sezione malattie infettive di Lancet, una delle riviste specialistiche più rinomate in ambito scientifico. E una bozza dello studio è su internet e continua a riscuotere interesse negli ambienti ospedalieri di tutto il mondo. di Elza Coculo

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Elza Coculo, 30 anni, di adozione romana. Lettrice appassionata con formazione in Studi italiani. Laureata in Editoria e Scrittura. Redattrice per Il Digitale. Amo scrivere di attualità e cultura eco-sostenibile.
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