L’autista NCC: “Molti imprenditori bergamaschi tornavano dalla Cina senza fare quarantena”

“Le aziende hanno continuato a lavorare fino al blocco delle attività non essenziali. Per tutto il primo mese ho trasportato clienti business. Tanti di ritorno dall'Oriente”.

Elza Coculo
Elza Coculo
Elza Coculo, 30 anni, di adozione romana. Lettrice appassionata con formazione in Studi italiani. Laureata in Editoria e Scrittura. Redattrice per Il Digitale. Amo scrivere di attualità e cultura eco-sostenibile.
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Mentre l’inchiesta della procura di Bergamo sulla gestione dell’emergenza Covid in Lombardia è ancora in corso, continuano a emergere nuovi elementi e racconti che lasciano pensare. L’ultimo, raccolto da Repubblica, è la testimonianza di un autista privato, conducente NCC, che durante i mesi di febbraio e marzo, ha percorso numerose tratte per accompagnare a casa uomini d’affari del bergamasco che rientravano dall’Oriente senza passare nessun controllo. Ha raccontato:

La mia media è di 12mila chilometri l’anno, ma tra febbraio e marzo ne ho fatti 3.700. Non abbiamo mai smesso di lavorare. Tra febbraio e marzo molti imprenditori bergamaschi tornavano da Pechino, Shanghai, Wuhan, Shenzhen. Mi sono chiesto perché non venissero messe in quarantena. La stessa domanda se la sono fatta anche i miei colleghi.

Atteggiamenti irresponsabili

Già intorno alla fine di febbraio in Val Seriana si sono registrati i primi casi di coronavirus. È noto che alcune aziende del posto intrattenessero rapporti commerciali stretti con la Cina e questo giustifica il grande andirivieni di imprenditori e uomini d’affari da un paese all’altro. Ciò che non è chiaro è perché questi stessi imprenditori non abbiano tutelato le proprie vite e i propri cari, aggirando controlli e frontiere durante i loro viaggi. Quando il 10 marzo il governo italiano ha chiuso il Paese per l’emergenza, il trasporto pubblico non di linea, quindi taxi e NCC, sono stati esentati dal divieto. Racconta l’autista:

Le aziende hanno continuato a lavorare fino al blocco delle attività non essenziali. Alcune hanno iniziato a rallentare già prima. Però per tutto febbraio ho trasportato clienti business. Tanti di ritorno dall’Oriente. Arrivavano a Orio al Serio, Linate, Malpensa.

Leggi anche: Bergamo: la Procura interroga Conte sulle Zone Rosse di Alzano e Nembro

Aggirare le frontiere

Uomini d’affari ma non solo. Nella prima fase dell’emergenza, quando la situazione non era ancora chiara, in molti hanno sfidato la sorte affrettandosi a rientrare nei propri paesi. Dice l’autista:

Ho visto anche tantissimi studenti, Erasmus e non, che atterravano a Orio al Serio, accolti dalle famiglie al completo. Mamme, papà, fratelli, nonni. Baci e abbracci e zero controlli.

Quando poi è esploso il focolaio di Alzano e Nembro la situazione non è cambiata molto. L’autista NCC ha iniziato a prendere precauzioni evitando strette di mano, sanificando l’auto. Ma i suoi viaggi sono continuati. Quando anche gli aeroporti italiani hanno chiuso, il 12 marzo, gli imprenditori hanno continuato a viaggiare. Passavano da Francoforte, Berlino, Monaco, Londra e si avvicinavano all’Italia. Ricorda l’autista:

Quando, con il lockdown, gli aeroporti hanno chiuso, sono andato a recuperare i clienti anche in Svizzera, a Zurigo o a Lugano per i jet privati, e a Nizza. Perché tanti clienti di rientro hanno dovuto volare su questi scali. Oppure al confine. Un’auto dall’aeroporto. Un’altra, la mia, dal confine. Poi in macchina fino a Bergamo. Hanno rivisto i piani di viaggio in base a divieti e chiusure.

Leggi anche: Coronavirus, a Bergamo le famiglie delle vittime presentano le prime denunce in Procura

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Elza Coculo
Elza Coculo
Elza Coculo, 30 anni, di adozione romana. Lettrice appassionata con formazione in Studi italiani. Laureata in Editoria e Scrittura. Redattrice per Il Digitale. Amo scrivere di attualità e cultura eco-sostenibile.
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