Covid, i test sierologici per trovare gli anticorpi sono la soluzione?

Domenico Di Sarno
Domenico Di Sarno
Informatico e politologo laureato con Lode. amante dei libri di ogni genere perché fortemente convinto che la cultura sia come il cibo, ne serve ogni giorno per nutrire la mente. Appassionato di storia e diritto costituzionale.
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La comunità scientifica italiana sta discutendo da tempo circa l’opportunità di effettuare dei test. Nella fattispecie si tratterebbe di test sierologici a tappeto. Per realizzare questo obiettivo sarebbe sufficiente fare un piccolo prelievo di sangue per poter valutare la presenza di anticorpi specifici del Covid-19 nel sangue degli individui. Il nostro sistema immunitario ha una caratteristica molto importante che ci permette di sopravvivere quando entriamo in contatto con un agente patogeno. Anche se l’agente in questione è sconosciuto (ovvero il corpo vi entra in contatto per la prima volta), dopo qualche tempo il sistema immunitario inizia a produrre gli anticorpi specifici che sono adatti a combattere quel tipo di virus.

Le differenze con il tampone

Da quel momento in avanti il nostro sistema immunitario sarà più preparato ad affrontare nuovamente lo stesso nemico. Vi sono delle differenze sostanziali con i tamponi che sono effettuati per diagnosticare o escludere la malattia. I tamponi servono innanzitutto a prelevare dei campioni di saliva e quindi verificano la presenza del virus nelle vie respiratorie. In altre parole una persona che è positiva al tampone potrebbe avere il virus nella gola o nel naso ma potrebbe anche non manifestarne i sintomi. Una volta prelevato il campione poi, si ricerca nella saliva del soggetto il genoma del virus e in caso positivo si mette il soggetto sotto osservazione e in isolamento. La differenza principale con i test sierologici sta proprio nel fatto che mentre i tamponi servono per diagnosticare la malattia e cercano il genoma nelle mucose delle vie respiratorie, i test sierologici servono a verificare se una persona è entrata in contatto con il virus andando a cercare nel sangue del soggetto non la il genoma del virus ma gli anticorpi, la prova di una battaglia già combattuta. Sostanzialmente, chi ha avuto il virus e ha avuto la fortuna di non accusare sintomi o di avere dei sintomi blandi, di sicuro non si è sottoposto al tampone ma avrà nel proprio sangue gli anticorpi specifici. Leggi anche: Coronavirus, scoperto in Cina l’enzima che fa sperare

Il ruolo degli anticorpi specifici

Il test sierologico deve essere poi svolto dal punto di vista rapido e da quello quantitativo. In pratica si cercano le Immunoglobuline IgM e IgG. Le immunoglobuline IgM sono glicoproteine che si sviluppano nell’immediata risposta immunitaria mentre le IgG prendono il posto delle IgM dopo un lasso di tempo più lungo. Valutando questi due parametri è quindi possibile non soltanto sapere se una persona è entrata in contatto con il virus ma si può anche stimare in maniera approssimativa, da quanto tempo è successo. Fin qui sembra che sia facile e infatti la Regione Lombardia si appresta a iniziare questo tipo di test già dal 21 aprile. Vi è però un risvolto della medaglia. Secondo molti virologi è indispensabile un esame di questo tipo perché permetterebbe di allentare le misure di contenimento che se da un lato contengono l’epidemia, dall’altro danneggiano, come effetto collaterale, l’economia.

Sono veramente affidabili?

Il problema è quello dell’affidabilità dei test infatti, per cercare di non ottenere dei falsi positivi che tranquillizzerebbero chi non ha mai preso il virus esponendolo poi a rischio di contagio, si sta iniziando una sperimentazione incrociando i dati con chi è risultato positivo in precedenza al tampone. La garanzia di avere dei test sierologici di elevata affidabilità permetterà di allentare prima e bene le misure di contenimento. Al momento i virologi non sono ancora concordi sul fatto che l’essersi ammalati una prima volta escluda la possibilità di potersi ammalare ancora, alcuni illustri esperti ritengono infatti che sia possibile ammalarsi ancora dopo aver conseguito una immunità temporanea. Quello che è certo è che una seconda malattia sarebbe più leggera dato che il sistema immunitario avrebbe già “agenti specializzati” nel combattere il virus. Leggi anche: Stop a deforestazione, WWF: “Le foreste sono il nostro antivirus”   di Domenico Di Sarno

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Informatico e politologo laureato con Lode. amante dei libri di ogni genere perché fortemente convinto che la cultura sia come il cibo, ne serve ogni giorno per nutrire la mente. Appassionato di storia e diritto costituzionale.
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