La Corte dei Conti UE: “Plastica in imballaggi e agricoltura, nociva per salute e ambiente”

Il rapporto della Corte dei Conti UE sul riciclo dei rifiuti in plastica enfatizza l'esigenza e l'urgenza di un intervento immediato e congiunto di tutti gli Stati membri.

Asia Solfanelli
Asia Solfanelli
Intraprendente e instancabile penna, poliglotta, appassionata lettrice e avida viaggiatrice. Sviscerata amante del cinema. E ultimo, ma non per importanza, eterna studiosa, perché non si finisce mai d’imparare.
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La plastica è e continua ad essere un problema. Si richiama, ancora una volta, un intervento forte e coordinato di tutti gli Stati membri dell’Unione Europea: si punta agli obiettivi sulla quantità di imballaggi in plastica riciclati, prefissati per il 2030 . Una meta che sembra ancora lontana.

Gli imballaggi, utilizzati per confezionare i prodotti, sono di fatto la principale fonte di rifiuti in plastica, quelli con il più basso tasso di riciclo. E la pandemia, con la conseguente necessità di ricorrere a prodotti monouso, non ha fatto che peggiorare una situazione già di per sé critica.

Il problema degli imballaggi in plastica: una questione europea

Nel dossier L’azione dell’UE per affrontare il problema dei rifiuti di plastica, la Corte dei Conti mette in luce la drammaticità della situazione e l’urgente necessità di intervenire prontamente ed efficacemente. Gli obiettivi sulla quantità di imballaggi riciclati che si era stabilito raggiungere entro il 2030 sono ancora un miraggio.

Tuttavia, mentre va comunque sottolineato che, ancora prima di riciclare, bisognerebbe ridurre l’utilizzo di certi materiali per il confezionamento e poi agevolarne il riutilizzo, non si può trascurare che i cittadini dell’Unione Europea producono in media 32 kg/anno pro-capite di rifiuti in plastica, rifiuti che finiscono in discariche e termovalorizzatori, oltre disperdersi nell’ambiente.

Considerando che il 60% dei rifiuti in plastica proviene proprio dal packaging e che, rispetto a carta e cartone, metallo e vetro, la plastica ha un tasso di riciclo a livello europeo pari solo al 41%, ci si rende subito conto che la questione è piuttosto seria.

La pandemia aggrava la situazione: aumenta l’utilizzo di imballaggi usa-e-getta

Ad aggravare la situazione e ad allontanare ancora di più l’Europa dal traguardo è poi intervenuta la pandemia. Per via del Covid-19 e della rapidità e facilità di diffusione del virus, si è reso indispensabile ricorrere sempre più frequentemente a materiali e dispositivi monouso.

Non si tratta soltanto di dispositivi di protezione individuale, ma anche di camici, stoviglie, posate e imballaggi in plastica usa-e-getta.

Leggi anche: Plastica biodegradabile che si dissolve in acqua, la rivoluzione di Sharon Barak

La plastica in agricoltura, un problema addirittura sconosciuto

L’impiego della plastica in agricoltura ha persino una terminologia specifica, si parla di agro-plastica, ma le criticità che ne derivano sono in larga misura sconosciute. Il materiale plastico trova in agricoltura varie applicazioni, dall’uso per pellicole per insilato, serre e gallerie, film per pacciamatura, fino al più banale utilizzo per tubi per irrigazione, reti e corde.

Un impiego che nel 2017 ha superato 1,7 milioni di tonnellate. Il problema è che si tratta di plastica generalmente abbandonata nei campi o addirittura bruciata illegalmente. Un caso, quest’ultimo, che, come sottolinea proprio la Corte dei Conti, causa “il rilascio di grandi quantità di CO2, insieme a varie quantità di altre sostanze e agenti inquinanti come il protossido di azoto e il mercurio”.

Il problema della plastica e gli effetti su salute e ambiente

Il problema della plastica e gli effetti su salute e ambiente.

Secondo quanto riportato dalla Corte dei Conti, tra 4,8 e 12,7 milioni di tonnellate di rifiuti in plastica finirebbero nell’oceano.

Microplastiche e nanoplastiche sono praticamente ovunque, non solo nell’aria e nelle acque, ma anche sulle nostre spiagge dove l’85% dei rifiuti trovati sarebbe proprio in plastica, con un 43% di prodotti e imballaggi monouso.

E c’è di più. È comprensibile e non più sorprendente che, penetrando così agevolmente praticamente in ogni ambiente, i materiali plastici siano finiti e finiscano facilmente non solo in frutta e verdura, ma persino nella placenta umana.

Problema degli imballaggi in plastica? Il deposito con cauzione una soluzione

Ovviare il problema degli imballaggi è possibile?

Se da una parte si cerca di ridurre al minimo l’uso degli imballaggi, favorendo quando possibile la ricarica o il riutilizzo dei materiali, dall’altra si incentiva il ricorso a materie più ecologiche e meno nocive, sia per la salute delle persone che per l’ambiente. Si preferisce il vetro, ad esempio.

Esistono però anche altre tattiche. Tra le varie strategie adottate c’è quella del deposito con cauzione, che garantisce non solo il ritiro, ma anche il riutilizzo di certi imballaggi.

In molti paesi, tale soluzione, seppure con diverse modalità, è applicata con successo: i consumatori, che partecipano attivamente al riciclaggio, restituendo i contenitori per bevande in vetro e in plastica, riescono a raccogliere oltre l’80% delle bottiglie PET, un risultato notevole rispetto alla media complessiva UE del 58%.

Tuttavia, si tratta di sistema che, per quanto efficace, in Italia ancora manca e tarda ad essere implementato.

L’Unione Europea in azione per il problema dei rifiuti in plastica: gli obiettivi 2030

L'Unione Europea in azione per risolvere il problema dei rifiuti in plastica.

Nel 2018, l’Europa ha proposto importanti misure allo scopo di migliorare la riciclabilità, la raccolta, la cernita, il riciclaggio e il materiale riciclato dei prodotti di plastica. In particolare, sono stati fissati nuovi obiettivi da raggiungere gradualmente tra il 2025 e il 2030: la direttiva prevede per il 2025 il riciclaggio del 50% degli imballaggi in plastica, mentre nel 2030 si dovrebbe già arrivare al 55%.

Tuttavia, è d’obbligo mettere in luce che il divario tra il tasso di riciclaggio attuale e quello da raggiungere è ancora notevole e non fa ben sperare.

Leggi anche: Sulle montagne più alte d’Italia nevicano 25 chili di plastica l’anno

L’UE sulle esportazioni di rifiuti: la Convenzione di Basilea

Con la Convenzione di Basilea sul controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e del loro smaltimento, l’UE interviene a regolare i movimenti transfrontaliere di rifiuti pericolosi, richiedendo alle parti di gestire e smaltire suddetti rifiuti con modalità ecologiche.

In particolare, ci si impegna a:

  • ridurre al minimo le quantità trasportate;
  • trattare e smaltire i rifiuti possibilmente vicino al luogo in cui vengono generati;
  • prevenire o ridurre al minimo la generazione di rifiuti alla fonte;

A partire proprio da gennaio 2021, per via di alcune modifiche apportate alla Convenzione, le movimentazioni transfrontaliere di rifiuti di plastica sono soggette a notifica e necessitano di autorizzazioni preventive scritte.

L’obiettivo della Convenzione è la gestione ecologicamente corretta dei rifiuti e rappresenta un passo fondamentale verso la grande conquista di un’economia circolare mondiale.

Gli sforzi della ricerca UE: Horizon 2020

L’Unione Europea non dimentica l’importanza della ricerca e nel 2020, con il programma Horizon 2020, eroga circa 84,6 milioni di euro di contributi netti dell’UE per progetti di ricerca sulla plastica, il 17% dei fondi complessivamente erogati entro marzo 2020.

Mentre gli studi si muovono sviluppando materiali alternativi come le bioplastiche 100% biodegradabili, elaborate tenendo in considerazione anche quelle che sono esigenze di sostenibilità economica, il mirino è puntato sull’agro-plastica, che, per la diretta contaminazione di suolo e acque, rappresenta uno dei problemi più critici.

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