Coronavirus, la rivolta delle carceri

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L’emergenza da coronavirus ha richiesto un impegno straordinario da parte del Governo e di tutto il sistema politico amministrativo. Ciò che si è cercato di fare, così come è avvenuto in Cina e come suggeriscono virologi, epidemiologi ed esperti di statistica medica, è stato limitare il contagio mediante provvedimenti e atti che tendano a diminuire la possibilità di aggregazione tra i cittadini, essendo il mondo intero, in questo momento, sprovvisto di vaccini e farmaci antivirali pienamente efficaci.

Gli effetti del provvedimento “antivirale” sulle carceri

Con il DPCM del 4 marzo 2020 e successivamente con quello del giorno 8 marzo, l’esecutivo ha limitato le visite da parte dei familiari a coloro che sono detenuti nelle case circondariali. Lo scopo non è solo quello di evitare assembramenti ma anche di tutelare la salute dei detenuti e degli agenti della polizia penitenziaria. Qualche giorno prima dell’emanazione del decreto, il Partito Radicale, da sempre molto attento alla problematica dei detenuti, aveva chiesto al Governo di evitare la diffusione del virus nelle carceri suggerendo di concedere l’indulto a coloro che dovevano scontare meno di 2 anni di prigione. In questo caso si trattava di una opzione impraticabile dato che l’indulto richiede una maggioranza dei 2/3 delle camere così come previsto dall’articolo 79 della Costituzione, inoltre essendo una materia coperta da riserva d’assemblea non sarebbe stato possibile, neppure volendo, poter attuare questa misura per decreto.

La scintilla e le rivolte

Fatto sta che nel momento in cui, per la sicurezza degli stessi detenuti e delle loro famiglie, e perché la legge è uguale per tutti e per una generalità di casi, il Governo ha imposto una limitazione di poche settimane alle visite domiciliari che tra l’altro sono già consentite settimanalmente (basta consultare i siti del DAP per sapere questo). Si è preso questo provvedimento a pretesto per far scoppiare delle rivolte in 27 penitenziari italiani. Ci sono stati momenti di tensione nel carcere di Fuorni, a Salerno dove alcuni detenuti sono saliti sul tetto e hanno messo a ferro e fuoco uno dei piani della casa circondariale nella giornata del 7 marzo. Il giorno successivo la rivolta si è estesa prima a Napoli, al famoso carcere di Poggioreale e successivamente ad altri penitenziari della penisola. Si sono avuti momenti di tensione sia a San Vittore a Milano, al carcere di Modena e di Foggia. Proprio in queste ultime due città la situazione è risultata più grave. Leggi anche: L’Italia è zona rossa, vietati tutti gli spostamenti

Le conseguenze estreme di Modena

A Modena gli scontri sono stati sedati soltanto con l’arrivo di reparti della Polizia di Stato e dei Carabinieri e ci sarebbero, il condizionale è d’obbligo dato che l’evoluzione degli eventi è ancora in corso, almeno 6 morti per overdose. La situazione più grave per la sicurezza civica si è verificata però a Foggia dove c’è stata un’evasione di massa con 20 detenuti che sarebbero riusciti a eludere la sorveglianza. Il garante per i diritti dei detenuti della Campania, Samuele Ciambriello ha tenuto a precisare che la norma è nell’interesse stesso dei detenuti ma non ha mancato di dire che dal DAP (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) avrebbero dovuto far capire meglio il carattere transitorio e garantista del provvedimento.

Che fine ha fatto il senso di responsabilità popolare?

In un momento così difficile non serve mettere altra carne al fuoco. Ci sono stati molti esponenti delle forze dell’ordine che sono stati contagiati dal virus nei giorni scorsi, altri sono impegnati a controllare che non ci siano fughe di massa, altri ancora pattugliano le città per garantire la sicurezza ordinaria. I reparti ospedalieri sono sicuramente in condizioni di stress e tutto serve fuorché nuovi ricoveri a prescindere dal motivo. Probabilmente il DAP ha commesso degli errori spiegando male o non facendolo affatto, il provvedimento ai detenuti e alle loro famiglie. Leggi anche: Cosa vuol dire avere una partita Iva ai tempi del coronavirus

I diritti umani sono inalienabili nel rispetto della legge

È pur vero, d’altro canto, che appare scandaloso che in carcere un manipolo di criminali possa sopraffare la polizia penitenziaria, impadronirsi di oggetti contundenti o infiammabili, prendere in ostaggio degli agenti e salire sul tetto. Ancora più estremo in questo senso è il fatto che ci siano state delle evasioni. La nostra Costituzione, prodotto aulico della democrazia rappresentativa e di quel bene supremo che sono i diritti umani, riconosce che “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità”. Non serve in questo senso citare grandi di un passato più o meno recente come Aldo Moro. È quindi doveroso garantire anche a chi ha commesso uno sbaglio tutto quello di cui ha bisogno rispettandone la dignità. È altrettanto doveroso però vivere un equilibrio basato sul contratto di fatto tra governanti e governati in cui i governati si aspettano la risoluzione di problemi di tutta la comunità da parte della politica. Ci sono proteste anche fuori dalle prigioni dove i familiari sostengono “che i bambini non possono vedere i padri”. Ciò che suggerisce il buon senso sarebbe di spiegare da un lato e capire dall’altro senza strumentalizzare un provvedimento di tutela della salute pubblica per poter creare disordini e calpestare la dignità di chi fa rispettare la legge. Va infatti ricordato che si tratta di dover saltare solo uno o al massimo due turni di visita data la loro frequenza settimanale.

Cosa promette il futuro?

Di certo non possiamo saperlo ma l’auspicio sarebbe di spiegare meglio le regole a chi deve rispettarle, di provvedere a potenziare il DAP sia con nuove strutture sia con un organico maggiore e di incrementare anche l’organico delle forze dell’ordine e la spesa nella sanità. Una nazione più sicura e più attenta alla propria salute può lavorare con più tranquillità, per più tempo e con una maggiore produttività. Fino a quel momento la legge deve essere rispettata, discussa e prodotta nelle sedi e con i modi riconosciuti dalla Costituzione che pure consentono iniziative legislative popolari e petizioni ma non nelle carceri o nelle strade con modalità sovversive o anarchiche. Leggi anche: Coronavirus, siamo vicini al vaccino di Domenico Di Sarno

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