Rider italiano assunto a tempo indeterminato, un passo verso la civiltà

Se durante il Covid la ristorazione non è fallita è grazie ai rider, eppure vengono trattati come schiavi. La storia di Marco Tuttolomondo, il primo rider italiano assunto a tempo indeterminato, fa sperare.

Giommaria Monti
Giommaria Monti
Giornalista e autore TV (Annozero, Il raggio verde, Omnibus, Unomattina, Cartabianca), ha scritto di politica, cronaca, mafia e terrorismo. A tempo perso di cantautori italiani. Conosce a memoria i testi di Pasquale Panella per Battisti. E se ne vanta.
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La vita dei rider è dura ma questo è uno di quei casi in cui ti auguri davvero che il detto “nomen omen” sia vero. Marco Tuttolomondo è il primo rider italiano assunto a tempo indeterminato. Dopo una causa, grazie alla decisione di un giudice, è stato assunto. E l’auspicio che ‘tuttolomondo’ dei rider possa avere se non un contratto da dipendente quantomeno la protezione e le garanzie dovute a chi lavora. Marco a 49 anni e centinaia di chilometri in bicicletta passati a consegnare cibo da asporto ha avuto il coraggio di sfidare il gigante Glovo: il suo slot che da verde diventa giallo e poi rosso. Fine del lavoro. Così, senza un motivo, né una telefonata, un messaggio. Nulla. Numeri da scaricare.

Marco Tuttolomondo, il rider che porta Glovo al tribunale

Il rider si rivolge alla Cgil-Nidil e porta Glovo in tribunale. L’ avvocato del sindacato l’aveva incoraggiato: la geolocalizzazione del lavoratore autonomo è già una forma di lavoro subordinato. Il tribunale di Palermo lo ha confermato, intimando l’assunzione a tempo indeterminato, con inquadramento di sesto livello del contratto collettivo del Terziario. Il lavoro dei rider è la nuova forma di precarizzazione estrema e senza regole del lavoro autonomo. Mesi fa finalmente fu approvata una legge che imponeva una retribuzione lorda minima di dieci ore al giorno. Lorde, non nette. Ma era già una forma importante di contrattualizzazione.

I tempi morti dei rider non vengono pagati: ecco come si aggira una legge

Mesi fa finalmente fu approvata una legge che imponeva una retribuzione lorda minima di dieci euro l’ora. È bastato che le piattaforme della distribuzione del cibo che utilizzano i rider facessero un accordo con un sindacato (l’Ugl, la cui rappresentatività dei lavoratori del settore è minima) per raggirare la legge: i 10 euro lordi sono calcolati per ora lavorata ma solo se in quell’ora si fanno consegne. Tradotto: i tempi morti non vengono pagati. I rider parlano di intesa pirata: il nuovo accordo mantiene il cottimo e abbassa le tariffe di tutti, dicono. Così si arriva a 1,99€ a consegna con lavoratori in turno tutto il giorno che guadagnano poco o niente; altre società hanno portato la paga base da 2euro ad 1,30 con la parte variabile per km che è passata da 0,63 a 0,50. 

Leggi anche: Covid-19: come cambierà il lavoro?

Se durante il Covid la ristorazione non è fallita del tutto è solo grazie ai rider

Altre ancora hanno allungato le tratte di consegna e così diminuito la paga minima, portata sotto i 6euro. Insomma una jungla che il ministero del lavoro sta cercando di disboscare. Giorni fa c’è stato l’incontro dal Ministro Catalfo con Assodelivery per le piattaforme e i sindacati. Nulla di fatto, se ne riparlerà nei prossimi incontri. Nei mesi del lockdown sono stati proprio i rider con le loro biciclette a garantire che la ristorazione non si fermasse del tutto, sono stati loro a consentire che ristoranti, fast food e pizzerie non precipitassero nel buio di una chiusura totale che avrebbe provocato danni ancora maggiori di quelli subiti dagli esercenti.

Perché i rider non hanno ancora i diritti elementari del lavoratore?

Non chiedono di essere trattati da eroi (figurarsi) e nemmeno da paladini della resistenza al virus. Chiedono solo, da ben prima della pandemia che ha travolto il mondo, la tutela minima dei diritti elementari per chi lavora: una paga decente, assicurazioni conto gli infortuni (lo scorso anno 4 di loro sono morti consegnando il cibo e 6 sono finiti in coma. È nato un apposito osservatorio, Incidenti  Rider Food  Delivery, per monitorare cosa accade a questi lavoratori), turni decenti.

Dicono che il mondo del lavoro è cambiato, che il posti fisso non esiste più, che bisogna adeguarsi alla modernità. Benissimo. E se adeguassimo anche il mondo che ruota intorno al lavoro precario? Una società organizzata da decenni sul lavoro stabile non può pretendere che siano i precari ad adeguarsi al nuovo corso e fare i conti con la modernità. Perché per loro è sinonimo di nuove povertà.

Leggi anche: Come Covid ha cambiato il lavoro: più riunioni, mail e ore di straordinario

L’impegno di Just Eat per stabilizzare i rider

Adesso una delle piattaforme, Just Eat, ha garantito che tra gennaio e marzo stabilizzerà i suoi rider. Potrebbe essere una crepa nel muro. Sarebbe anche loro interesse, prima che i molti Marco Tuttolomomdo li portino in tribunale. Perché un secolo dopo il mugnaio di Bertol Brecht, c’è ancora un giudice a Palermo. 

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