Casa assegnata a famiglia Rom: stop a violenza e razzismo

Martina Mugnaini
Martina Mugnaini
Martina Mugnaini. Classe 1991. Nata e vissuta a Roma, ha un forte legame con le sue origini fiorentine. Laureata in Filologia Moderna alla Sapienza e giornalista, ama scrivere di tutto quello che riguarda l’arte, la letteratura, il teatro e la cultura digitale. Da anni lavora nel campo della comunicazione e del web writing interessandosi di tutto ciò che riguarda l'innovazione. Bibliofila e compratrice compulsiva di libri di qualunque genere, meglio se antichi: d'altronde “I libri sono riserve di grano da ammassare per l’inverno dello spirito” e se lo dice la Yourcenar sarà vero.
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Da qualche tempo ormai il nome di uno dei quartieri periferici di Roma è spesso sulle prime pagine dei giornali, social e cartacei: stiamo parlando di Casal Bruciato. Come molte zone simili, anche questa presenta le classiche problematiche sociali mai risolte delle periferie romane, case popolari, povertà, mancata integrazione e disagio. In questi giorni si è parlato molto della protesta dei residenti a seguito dell’assegnazione di una casa popolare in via Sebastiano Satta ad una famiglia di etnia Rom. La vicenda è abbastanza confusa anche a causa delle interferenze delle diverse parti politiche. Vediamo cosa è successo.

Il fatto che ha scatenato la protesta: l’assegnazione di un alloggio popolare a una famiglia di etnia Rom

La sindaca di Roma Virginia Raggi a Casal Bruciato.
La famiglia Omerovic – composta da un uomo bosniaco di 40 anni, da sua moglie e dai 12 figli, tutti nati in Italia – è arrivata nell’abitazione che le è stata assegnata regolarmente il 6 maggio. Fin qui tutto bene, se non fosse che ad accoglierla hanno trovato un gruppo di circa trenta persone, tra cui alcuni militanti del partito neofascista CasaPound, che hanno manifestato contro il loro arrivo anche ricorrendo alla violenza. A questa famiglia è stato assegnato l’appartamento secondo quanto previsto da leggi, regolamenti e graduatorie, quindi in completa legalità, ma le proteste non si sono fermate e il 7 maggio CasaPound ha organizzato un sit-in invitando i cittadini a manifestare contro i Rom. La manifestazione si è protratta per ore paralizzando il quartiere, non per il numero di partecipanti decisamente esiguo, ma per il dispiegamento di forze dell’ordine presenti in zona, che hanno chiuso e transennato diverse strade, mandando il traffico in tilt. In ogni caso la famiglia assegnataria è riuscita a raggiungere la propria abitazione. Sono state urlate diverse minacce nei confronti della famiglia Rom: nel tumulto qualcuno ha anche gridato “vi impicchiamo”, e un ragazzo ha minacciato di stupro la signora Omerovic che cercava di entrare in casa scortata dalla polizia. Le proteste sono continuate anche mercoledì 8 maggio quando la sindaca di Roma Virginia Raggi, in visita alla famiglia per esprimere la propria solidarietà, è stata accolta da insulti e fischi. La Raggi ha detto che la famiglia ha legittimamente diritto di ricevere l’alloggio, aggiungendo che “Chi insulta i bambini e minaccia di stuprare le donne forse dovrebbe farsi un esame di coscienza, perché non è questa una società in cui si può continuare a vivere”.

“Ci vogliono ammazzare, qui non possiamo restare”: la denuncia degli Omerovic

Durante i giorni di protesta la famiglia è rimasta chiusa in casa. Ha raccontato Imar, il padre:

Abbiamo paura, sono due notti che non dormiamo. Gli altri figli sono andati via, non sono voluti rimanere con noi. Non sappiamo cosa fare, stiamo decidendo, certo la situazione è davvero pesante. Siamo andati via dalla Bosnia quando abbiamo perso la casa durante la guerra. I miei nonni Becky e Aica sono morti durante i bombardamenti e con loro abbiamo perduto tutto, per questo siamo venuti in Italia. Tutti i miei figli sono nati qui, due hanno la cittadinanza.

Clinton, 20 anni, il figlio maggiore che fa il venditore di oggetti antichi, è rimasto con loro, non è andato via con gli altri fratelli e ha raccontato:

Non me la sono sentita di lasciare sole mia madre e la mia sorellina. Certo credo che sia meglio andare via da qui appena possibile, se passiamo nel cortile ci insultano, non possiamo davvero restare.

L’incontro con Papa Francesco: “Soffro per voi, questa non è civiltà”

Papa Francesco incontra la famiglia Omerovic.
La famiglia Omerovic ha incontrato Papa Francesco in privato nella sagrestia della Basilica di San Giovanni in Laterano, prima dell’incontro con il clero e i fedeli della diocesi. Resistere è l’invito fatto dal Papa alla famiglia Rom: il pontefice ha detto che conosceva la loro storia, avendola letta sui giornali. Li ha incoraggiati a “resistere” e a chiedere alla Chiesa per qualunque necessità. La famiglia ha raccontato la propria storia, spiegando di essere musulmana. Francesco ha poi scherzato con una bambina della famiglia. Poco dopo, durante l’incontro con la diocesi di Roma nella basilica di San Giovanni in Laterano il Papa ha detto:

Ci sono in tanti quartieri di Roma guerre tra poveri, discriminazioni, xenofobia, e anche razzismo. Oggi ho incontrato 500 Rom e ho sentito cose dolorose. Xenofobia: state attenti, perché il fenomeno culturale mondiale, diciamo almeno europeo, dei populismi cresce seminando paura.

E ha continuato:

Oggi ho letto una cosa brutta sul giornale: questa non è civiltà, l’amore è la civiltà. È vero, ci sono cittadini di seconda classe, ma i veri cittadini di seconda classe sono quelli che scartano la gente, perché non sanno abbracciare, sempre con gli aggettivi in bocca, e scartano, vivono scartando, con la scopa in mano buttano fuori gli altri. Invece la vera strada è quella della fratellanza con la porta aperta. E tutti dobbiamo collaborare.

Alle fine la famiglia Omerovic ha deciso di non lasciare la casa: “Abbiamo deciso di restare e vorremmo organizzare anche una festa nel cortile». La mamma ha detto: “Perdono tutti anche chi mi ha urlato contro “ti stupro“. Leggi anche: Il caso dei social dell’Inps, ecco cosa è successo

Casal Bruciato è solo una delle zone problematiche della periferia romana

Gli episodi di questi giorni a Casal Bruciato si aggiungono a quelli del 2 aprile a Torre Maura, sempre nella periferia di Roma, quando ci sono state violente proteste sostenute dall’estrema destra contro l’arrivo di alcune famiglie di etnia Rom in una struttura di accoglienza. Pochi giorni dopo, proprio a Casal Bruciato, alcuni residenti in via Facchinetti 90 avevano protestato contro l’assegnazione di un alloggio popolare a una famiglia Rom. In quel caso c’era stata anche tutta la vicenda di una giovane mamma che aveva occupato la casa in questione con il suo bambino di sei mesi. Comunque alla fine, la famiglia Rom decise di lasciare la casa.

Perché ci troviamo davanti ad una protesta strumentale

Purtroppo chi non conosce la vera situazione del quartiere può avere difficoltà a districarsi nel mare di notizie che circolano in questi giorni sui social. Ognuno dà la sua versione, a volte parziale e influenzata dalla visione politica dell’una o dell’altra parte. Una cosa cosa è certa: la presenza di CasaPound in un quartiere storicamente tendente a sinistra è una provocazione e un tentativo di strumentalizzare un disagio presente da anni in questa zona. Fomentare quella che è una guerra tra poveri non fa altro che accrescere i problemi senza mai risolverli. Bisogna anche ricordare che la sede di CasaPound è una palazzina romana occupata dal gruppo abusivamente, non serve aggiungere altro. Come ci si poteva aspettare poi la presenza dei militanti di estrema destra nel quartiere ha scatenato la contro manifestazione dei centri sociali radicati nella zona. Le case popolari in questione sono da anni al centro di problemi di ordine pubblico, anche perché a pochi metri da questi alloggi sorge un campo Rom con cui nascono spesso tensioni. Quello che molti abitanti di Casal Bruciato si chiedono – gli abitanti veri, non quelli fittizi messi li ad hoc per fomentare la protesta – è dove era questo spiegamento di forze e manifestazioni quando si sono verificate sparatorie alla fermata dell’autobus per una regolazione di conti tra due italianissimi spacciatori, o quando un uomo è finito all’ospedale in gravi condizioni accoltellato dal vicino o quando sono stati svegliati dallo scoppio di un autobus a cui è stato dato fuoco. I problemi, soprattutto quelli sociali, sono molto più complessi di come vengono rappresentati dai media e spesso anche delle autorità che dovrebbero occuparsene. Quello che è certo è che il clima attuale rischia di innestare una spirale di violenza e intolleranza da cui poi sarà difficile tornare indietro. Quindi quando leggiamo una notizia o un post social che parla di questi argomenti, ricordiamoci che la realtà è più sfaccettata e l’unico modo per migliorare davvero le cose è informarsi. Leggi anche: Beppe Grillo: “Vado al congresso dei terrapiattisti”   di Martina Mugnaini

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