Caporalato: incassava 6 milioni l’anno, ma pagava i braccianti 3,33 euro l’ora

I dipendenti lavoravano anche 9 ore al giorno senza diritti e senza tutele. Arrestato noto imprenditore del foggiano e il suo braccio destro.

Elza Coculo
Elza Coculo
Elza Coculo, 30 anni, di adozione romana. Lettrice appassionata con formazione in Studi italiani. Laureata in Editoria e Scrittura. Redattrice per Il Digitale. Amo scrivere di attualità e cultura eco-sostenibile.
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L’ennesima storia di sfruttamento e caporalato arriva dalla Puglia. Una nota azienda agricola del foggiano nel 2019 è arrivata a fatturare 5 milioni e 800 mila euro, ma retribuiva i braccianti, comunitari ed extracomunitari, spesso reclutati nei ghetti, solo 3,33 euro l’ora. A volte il compenso poteva arrivare a un massimo di 5,71 euro. I braccianti erano costretti a dure giornate di lavoro da 9 ore, con una pausa pranzo di mezz’ora non sempre garantita. Niente ferie, nessuna giornata di riposo e in condizioni igienico sanitarie inesistenti. A seguito delle indagini sono stati ordinati due arresti. Quello dell’imprenditore titolare dell’azienda, Settimio Passalacqua, ora agli arresti domiciliari, e quello del suo braccio destro Antonio Piancone.

“Approfittavano dello stato di bisogno dei braccianti”

Settimio Passalacqua, noto imprenditore agricolo di Apricena, in provincia di Foggia, e il suo braccio destro, Antonio Piancone, sono stati arrestati con l’accusa di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Nell’ordinanza firmata dal gip Manuela Castellabate, su richiesta delle pm Pirrelli e Pensa, si legge che i due:

utilizzavano-assumevano e/o impiegavano manodopera costituita da un numero rilevantissimo di lavoratori comunitari o extracomunitari di varie etnie, approfittando del loro stato di bisogno, riconducibile a precarie condizioni economiche, a livello di scolarizzazione e alla condizione di immigrato.

Sono state fatte verifiche su 5 aziende agricole, tutte riconducibili al signor Passalacqua, per un totale di 2.000 ettari di proprietà. Nelle aziende lavoravano 222 dipendenti, non tutti extracomunitari. Tra loro c’erano anche cittadini Ue, in prevalenza albanesi, e cittadini italiani.

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Il sistema fraudolento

Formalmente l’azienda emetteva regolari buste paga. Le retribuzioni sulla carta erano conformi a quelle previste dalla legge. Ma, secondo gli inquirenti, i braccianti dovevano poi restituire l’importo in ‘eccesso’ rispetto al compenso concordato sottobanco. Un sistema fraudolento che garantiva guadagni all’azienda attraverso lo sfruttamento dei lavoratori e il caporalato. Si legge nell’ordinanza del Gip:

la corresponsione reiterata ai lavoratori avveniva per lo più a mezzo di denaro contante, della somma oraria variante tra un minimo di euro 3,33 ed un massimo di euro 5,71 ovvero di una paga giornaliera variabile tra 30 e 45 euro, in violazione dei contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali.

Un ammontare ritenuto dal giudice “sproporzionato rispetto alla qualità e quantità del lavoro prestato” che dovrebbe invece equivalere a una paga oraria netta di 7,70 euro. Inoltre, secondo quanto ricostruito dall’accusa, l’azienda comunicava all’INPS molte giornate in meno rispetto alle effettive lavorate. Comunicava, cioè, non il numero di giornate di lavoro svolte, ma solamente quelle che andavano a far coincidere lo stipendio corrisposto con le giornate necessarie a raggiungere quella somma. Mentre i lavoratori erano costretti a lavorare 7 giorni la settimana senza alcun riposo.

False assunzioni

Un’ulteriore accusa riguarderebbe le false assunzioni. Le indagini hanno accertato l’esistenza di falsi rapporti lavorativi realizzati attraverso la compravendita di giornate di lavoro. Vale a dire, l’azienda assumeva persone che non andavano effettivamente a lavorare. Ciò garantiva a Passalacqua un doppio vantaggio: l’aumento della quota di sgravio contributivo a favore dell’impresa compiacente da una parte. E il riconoscimento delle indennità assistenziali a favore del finto lavoratore dall’altro.

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Elza Coculo, 30 anni, di adozione romana. Lettrice appassionata con formazione in Studi italiani. Laureata in Editoria e Scrittura. Redattrice per Il Digitale. Amo scrivere di attualità e cultura eco-sostenibile.
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