Boris Johnson si dimette ma rimarrà fino all’autunno. Labour: “Deve andar via immediatamente”

Boris Johnson ha lasciato il suo incarico da primo ministro. La sua decisione è stata la conseguenza del continuo dimettersi dei ministri di governo e del suo partito.

Michela Sacchetti
Michela Sacchetti
Intuitiva, con un occhio attento alla realtà e alla sua evoluzione, attraverso una lente di irrinunciabile positività. Vede sempre nella difficoltà un’occasione preziosa per migliorarsi da cogliere con entusiasmo.
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Boris Johnson si è dimesso da primo ministro britannico. “Devi andartene, per il bene di tutti”, gli suggeriva il ministro delle finanze Nadhim Zahawi in una recente lettera pubblica, e così è stato. Johnson non ha fatto altro che prendere atto di quello che stava accadendo, arrendendosi, dopo la fuga di 60 ministri e membri del governo.

Rimarrà però in carica fino all’autunno, con l’elezione del suo successore, anche se il leader del Labour, Sir Keir Starmer, chiede che vada via immediatamente, altrimenti, proporrà un voto di sfiducia in Parlamento. Della stessa opinione diversi parlamentari tory, i quali non vogliono affatto che Johnson rimanga al potere per altri mesi.

Ecco quali sono state le sue parole, davanti alla porta numero 10 di Downing Street:

Sono costretto a lasciare il lavoro più bello del mondo, dopo aver ottenuto la più grande maggioranza parlamentare dal 1987.

Mi spiace e sono triste. Ma nessuno è indispensabile, e dunque lascio, se questa è la volontà dell’istinto del gregge a Westminster, che mi ha frenato.

Boris Johnson e l’elenco dei suoi successi al governo

Boris Johnson non ha né osteggiato la volontà del gregge di dimettersi però non ha neanche chiesto scusa per i recenti scandali che lo hanno affossato. Ha così proseguito il suo discorso a Downing Street:

Abbiamo completato la Brexit, distribuito i vaccini anti Covid prima di tutti, abbiamo guidato l’Occidente nel sostegno all’Ucraina contro l’aggressione di Putin, avevamo in mente di redistribuire le ricchezze in tutto il Paese.

In questi giorni ho detto a tutti che sarebbe stato perlomeno eccentrico cambiare guida al governo, ma non mi hanno ascoltato. Ringrazio i cittadini britannici, mia moglie Carrie e i nostri bambini. La mia famiglia e tutto lo staff. Rimarrò in carica fino a quando non sarà eletto il mio successore, che avrà tutto il mio sostegno.

A meno di tre anni dal suo storico trionfo, il più grande dagli anni Ottanta, e dopo essersi asserragliato per giorni a Downing Street, resistendo a quasi tutto il partito conservatore contro, e alle continue dimissioni dal governo, ha deciso di arrendersi e dimettersi.

Boris Johnson: gli elementi che hanno aggravato la sua posizione

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Il primo aspetto che ha aggravato la posizione di Boris Johnson è stato indubbiamente lo scandalo Partygate, che lo ha visto protagonista di feste durante il lockdown, e per cui è stato multato e indagato dal Parlamento.

Poi vi è l’aver promosso nel governo il deputato Christopher Pincher, nonostante le sue serate alcoliche e le molestie sessuali ai danni di giovani uomini e attivisti tory. Anche se Johnson aveva dichiarato di non essere al corrente di queste cose a smentirlo sono stati vecchi documenti e la testimonianza di ex collaboratori che ricordavano le battute del primo ministro Boris sullo stile di vita di Pincher.

Ad aver creato numerose faide interne è stato l’addio di Dominic Cummings, consigliere del premier e massimo fautore della Brexit, mandato via dalla moglie di Boris Johnson, all’epoca fidanzata, che scatenò un vero polverone politico.

Poi lo scorso ottobre c’è stato il caso del deputato tory Owen Paterson, accusato di aver fatto lobby e ottenuto guadagni sfruttando il suo seggio. Il primo ministro lo aveva dapprima sostenuto chiedendo al partito di votare una legge in sua difesa per poi costringerlo alle dimissioni, di fronte alle polemiche che si erano generate.

Leggi anche: Boris Johnson: “La guerra durerà fino al 2023 e Putin vincerà”

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