Covid, cosa rischia chi rifiuta il vaccino a lavoro? Il caso degli operatori sanitari no vax di Belluno

A Belluno dieci operatori sanitari no vax di due Rsa sono stai messi in ferie forzate per non essersi sottoposti alla terapia vaccinale.

Tommaso Panza
Tommaso Panza
Salentino, classe 1993. Una laurea in mediazione linguistica. Fondazione Basso(Roma). Amante della lettura e del cinema, in particolare delle opere che raccontano spaccati di realtà. Deciso sin da piccolo a diventare un giornalista.
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Operatori sanitari no vax a Belluno. Sono dieci dipendenti della Sedico Servizi e della Sersa, due case di riposo della provincia di Belluno.

I dieci operatori sanitari no vax all’indomani del rifiuto erano stati messi in ferie forzate dalla direzione delle Rsa, successivamente sono stati sottoposti alla visita del medico del lavoro. Il medico dopo averli visitati aveva dichiarato i sanitari non idonei al servizio.

Il certificato compilato dal medico del lavoro ha lasciato presagire nei dipendenti coinvolti la paura di poter essere allontanati dalle loro attività senza stipendio. Gli operatori sono stati però in messi in ferie forzate, regolarmente retribuite.

Gli operatori no vax hanno comunque fatto ricorso in Tribunale, onde evitare problemi, sostenendo che la Costituzione dà libertà di scelta vaccinale. Il giudice ha ritenuto “insussistenti” le ragioni dei ricorrenti come pure la loro paura di essere licenziati o sospesi dal lavoro. 

Sanitari rifiutano il vaccino: la vicenda che ha coinvolto gli operatori no vax

La vicenda che ha coinvolto gli operatori no vax

Lo scorso febbraio otto operatori sanitari no vax, inclusi due infermieri, rifiutano di sottoporsi alla vaccinazione. Le due case di riposo nel bellunese presso cui lavoravano hanno quindi deciso di sottoporli a visita medica.

Il medico del lavoro li aveva dichiarati “inidonei al servizio” permettendo così che venissero allontanati con ferie “forzate”. Gli operatori, sostenendo che la Costituzione garantisce la libertà di scelta vaccinale, hanno così deciso di fare ricorso in Tribunale.

Lo scorso 19 marzo però il giudice del Tribunale di Belluno, Anna Travia, con un’ordinanza ha ritenuto “insussistenti” le ragioni degli operatori sanitari ufficializzando che “è ampiamente nota l’efficacia del vaccino nell’impedire l’evoluzione negativa della patologia causata dal virus come si evince dal drastico calo dei decessi fra le categorie che hanno potuto usufruire delle dosi, quali il personale sanitario, gli ospiti delle Rsa e i cittadini di Israele dove il vaccino è stato somministrato a milioni di individui“.

L’avvocato delle Rsa, Innocenzo Megali, ha inoltre chiarito come “nessuno mette in dubbio la libertà di scelta vaccinale, ma in questo caso prevale l’obbligo del datore di lavoro di mettere in sicurezza i suoi dipendenti e le parti terze, cioè gli ospiti delle case di riposo“.

Come già ribadito l’ordinanza del Tribunale di Belluno non ha affatto confermato una sospensione dal lavoro senza stipendio.

Sicuramente è concreta l’ansia negli operatori sanitari no vax di venire sospesi senza stipendio o addirittura licenziati, rifiutando la vaccinazione. Anche se non risultano prove di tale rischio imminente.

Al momento dunque i dieci risultano in ferie forzate, ma retribuite, tuttavia non è esclusa la possibilità futura per il datore di lavoro, a determinate condizioni, di procedere con altre forme di allontanamento quali l’aspettativa non retribuita del dipendente.

Leggi anche: Vaccino Covid, il sottosegretario Zampa: “Obbligatorio per dipendenti pubblici”

Se in Italia gli operatori sanitari rifiutano di vaccinarsi, ci sono gli estremi per il licenziamento?

Se in Italia gli operatori sanitari no vax rifiutano di vaccinarsi, ci sono gli estremi per il licenziamento?

 Il Testo unico della Sicurezza sul Lavoro obbliga il datore di lavoro a mettere a disposizione vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono già immuni al virus, da somministrare a cura ovviamente di un medico o infermiere competente.

L’articolo 42 dello stesso Testo Unico imporrebbe poi al datore di lavoro l’allontanamento temporaneo del lavoratore in caso di inidoneità alla mansione su indicazione del medico competente, ma solo dove questo sia possibile.

L’opzione con cui poi il datore di lavoro dovrebbe agire nei confronti del suo dipendente che ha rifiutato di sottoporsi al vaccino, in questo caso gli operatori sanitari no vax, sarebbe quella di ricollocarlo presso altra mansione, se possibile, oppure licenziarlo, quando la ricollocazione del lavoratore non risulta compatibile con l’assetto organizzativo stabilito dall’azienda.

C’è poi un problema di carattere generale più ampio: non è possibile considerare la vaccinazione come un obbligo previsto all’adempimento del contratto di lavoro, salvo che non si svolgano mansioni specifiche per le quali è richiesto uno specifico standard di sicurezza sanitaria.

Leggi anche: Omelia choc del parroco di Cesena: “Fanno abortire donne e usano feti vivi per sperimentare i vaccini”

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Tommaso Panza
Tommaso Panza
Salentino, classe 1993. Una laurea in mediazione linguistica. Fondazione Basso(Roma). Amante della lettura e del cinema, in particolare delle opere che raccontano spaccati di realtà. Deciso sin da piccolo a diventare un giornalista.
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