Ambiente, strage di attivisti nel 2020: uccisi quattro a settimana

Secondo il nuovo rapporto della Global Witness, l'anno scorso sono stati uccisi 227 attivisti impegnati nella difesa dell'ambiente e della terra. La metà degli omicidi è avvenuta nei paesi dell'America Latina: Colombia, Brasile e Messico.

Melissa Matiddi
Melissa Matiddi
Esperta in comunicazione e digital marketing, studia lo yoga e le discipline orientali. Ama creare, leggere e viaggiare. Silenziosa ma rumorosa, è sempre pronta a varcare nuovi orizzonti.
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Il 2020 è stato il peggior anno di sempre, non solo per i morti causati dalla pandemia da Covid ma anche per gli omicidi di persone a difesa dell’ambiente e della terra.

Una strage di attivisti silenziosa, lontana dai riflettori che conta la bellezza di quattro morti ammazzati ogni settimana per un anno intero.

L’Organizzazione non governativa internazionale, Global Witness che si occupa di raccogliere i dati relativi all’impatto ambientale, ha pubblicato un dossier che sancisce il 2020 come il peggior anno per le morti di attivisti ambientali: sono ben 227 le persone rimaste uccise.

Il rapporto della Global Witness sulla strage di attivisti

Dai dati raccolti, è emerso un notevole incremento rispetto al 2019, 15 persone in più sono state assassinate per essere impegnate nella difesa della nostra terra, quasi un terzo delle vittime contestava le attività minerarie, gli impianti idroelettrici, i progetti di agribusiness e il disboscamento. Dal momento che è molto difficile e rischioso reperire le informazioni rispetto a questo tema in ogni parte del mondo, si stima che le vittime coinvolte siano in realtà molto di più.

In media, i nostri dati mostrano che quattro difensori sono stati uccisi ogni settimana dalla firma dell’accordo sul clima di Parigi [nel 2016]. Mentre la crisi climatica si aggrava, gli incendi boschivi imperversano in aree del pianeta, la siccità distrugge i terreni agricoli e le inondazioni fanno migliaia di morti, la situazione per le comunità in prima linea e per i difensori della Terra sta peggiorando

La maggior parte degli omicidi, oltre cento, provengono dalla Colombia, dalle Filippine e dal Brasile.

Principalmente, la Colombia con 65 omicidi nel 2019, è il paese più insidioso per la difesa dell’ambiente. In Messico, invece, ne sono stati contati 30 con un aumento del 67% rispetto all’anno precedente, nelle Filippine le morti sono state 29 e in Brasile 20.

L’America Latina è il continente dove gli attivisti pagano il prezzo più alto. Il 75% degli omicidi avviene qui. La battaglia contro la deforestazione conta purtroppo il 70% delle morti.

Strage di attivisti: quali sono le popolazioni più colpite?

Quando si parla di difesa per l’ambiente, tra i soggetti più colpiti spuntano le popolazioni indigene che rappresentano un terzo delle vittime complessive del 2020. Gli attacchi vengono soprattutto nell’ambito della difesa contro le attività di deforestazione e i paesi maggiormente coinvolti sono quelli dell’America del sud.

In Messico, la metà dei morti erano di nazionalità indigena, in Brasile i leader locali hanno pagato con la vita la loro protezione a difesa dell’ambiente, solo nei primi mesi del 2020 ne sono morti sei. Tra questi figura Zezico Guajajara, personaggio molto attivo nella lotta alla disboscamento, conosciuto con il nome il “Guardiano dell’Amazzonia”. Il corpo dell’uomo è stato rinvenuto presso il suo villaggio, si ritiene che i colpevoli siano un gruppo di taglialegna che operano illegalmente nella zona, i quali l’avevano più volte minacciato di morte.

All’origine di questa strage di attivisti indigeni non c’è soltanto la difesa per il verde. Lo scorso novembre, infatti, nove indigeni Tumandok sono stati barbaramente assassinati dalla polizia nell’isola di Panay, nelle Filippine, a causa di un’attività di sabotaggio di una diga costruita proprio sopra i loro territori.

Anche l’attivista sud-africana, Fikile Ntshangase, è stata uccisa a 65 anni per essere coinvolta in una disputa legale sull’estensione di una miniera a cielo aperto.

Fino ad oggi non sono stati effettuati arresti nelle indagini sull’omicidio di mia madre. Non c’è stata alcuna responsabilità

La situazione in Colombia

Secondo uno studio delle Nazioni Unite all’origine di questi atti brutali in Colombia ci sarebbero diverse motivazioni, come ad esempio le sfide poste dall’attuazione dell’accordo di pace nato nel 2016 tra il governo colombiano e gli ex guerriglieri delle Farc (Fuerzas armadas revolucionarias de Colombia), tra le quali spicca la riforma del territorio e i programmi a sostegno degli agricoltori per incentivare lo scambio di colture illegali con quelle legali.

Tuttavia, il vuoto lasciato dalle forze armate ha portato a dei cambiamenti nelle dinamiche di controllo dei territori ed ha autorizzato i miliziani a rifiutare la pace. Una parte importante dell’accordo riguardava la concessione di alcuni incentivi per allontanare gli agricoltori dalla coltivazione della coca, tagliando così bruscamente la produzione di cocaina e interrompendo il flusso del commercio di droga. Non è un caso che nel 2019 siano morti i 14 attivisti impegnati proprio nella sostituzione delle colture.

In questa voragine è finita anche il premio Goldman 2018, Francia Marquez, ambientalista di fame internazionale per i diritti degli afrocolombiani. A maggio 2019 ha subito un attacco, contro di lei è stata lanciata una granata, è riuscita a sopravvivere perché si è stesa a terra in tempo. Precedentemente era stata molestata e minacciata ed infine costretta ad abbandonare definitivamente la sua casa.

La promessa della Cop26 contro la strage di attivisti

La Conferenza dell’Onu sul cambiamento climatico quest’anno si terrà il 31 ottobre nella cittadina di Glasgow, nota per essere la quarta città al mondo nel Global Destination Sustainability Index. Gli attivisti della GW stanno insistendo affinché si discuta dell’aumento di attacchi mortali a difesa dei soggetti che proteggono l’ambiente e la terra, garantendogli maggiori tutele per il futuro.

I governi troppo spesso sono attivamente complici della distruzione ambientale, sostenendo pratiche aziendali di greenwashinge finanziando nuovi progetti di combustibili fossili che il nostro pianeta non può permettersi

Questo è quanto sostiene l’Organizzazione GW che accusa i governi di non proteggere coloro che si battono, anche a costo di perdere la vita, contro le ingiustizie ambientali. Da tale motivazione nasce la richiesta che si prenda un impegno concreto e condiviso per porre fine agli omicidi degli attivisti ambientali.

Il Presidente della Conferenza dell’Onu, Alok Sharma, ha promesso che questo tema sarà al centro dell’agenda e che sarà creato un contatto diretto con le persone in prima linea nella lotta ambientale per dare sostegno alle loro azioni e per porre fine alla strage di attivisti ambientali.

Leggi anche: Il paradosso dei miliardari che parlano di ambiente e inquinano con i viaggi nello spazio

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